Le date dei Perturbazione per questa estate sono state solo quattro, e questa è la cattiva notizia. Quella buona è che una di queste è stata a Prato, nell’ambito del Settembre Prato è spettacolo-limited edition, nello spazio all’aperto di Officina Giovani. L’altra cattiva è che, complice il tempo non caldissimo, complici tutti i problemi relativi agli spettacoli dal vivo e al distanziamento, a vederli non c’era un pubblico numerosissimo. Ed è un vero peccato, perché – e qui siamo alla seconda buona notizia – il concerto/concept dei Perturbazione del 2020 è stato molto emozionante.
Il gruppo di Rivoli ha fatto uscire, in pieno lockdown, forse il suo lavoro più ambizioso in trent’anni di carriera (e più di venti di carriera discografica): un concept album sulle dinamiche dell’innamoramento e del dis-innamoramento, analizzando l’amore anche attraverso il suo contrario. Titolo: “(Dis)amore”. Ventitre canzoni a comporre una storia di un rapporto che inizia e finisce, quasi dei frammenti di un discorso amoroso di coppia che si attrae e si respinge (“Se l’amore è un gioco, quali regole ti dai?”, già lo cantavano nel 2007), in una parabola che è quasi un film che procede per quadretti legati tra loro a livello emotivo. Un lavoro ambizioso e complesso, ma non difficile: estremamente “leggero”, per quanto leggere possano essere le parole, sempre emotivamente densissime, di Tommaso Cerasuolo.
Il concerto segue l’andamento del disco (che non eseguono per intero) facendo interagire i pezzi nuovi con quelli vecchi che si vanno a incastrare sulle stesse tematiche. E allora al desiderio che si muove inopportuno de “Le sigarette dopo il sesso” segue la constatazione del fatto che “noi non siamo diversi dal resto” di quel piccolo capolavoro che è “L’amore ai tempi dell’Ikea”, così come il conflitto interiore di “Temporaneamente” va ad accavallarsi con la constatazione che “Agosto è il mese più freddo dell’anno”, cantata sottovoce dall’intera platea.
I Perturbazione, oramai da qualche anno rimasti in quattro dopo la defezione di un chitarrista e della violinista, sono tuttora il gruppo più britannico di casa nostra, e trovano anche il modo di giocare con quello che è il loro pezzo più famoso, “L’Unica”, trasformandolo in un pezzo dei primi Cure con tanto di riff iniziale di “A forest”. E a conclusione, dopo i bis scelti tra i pezzi più famosi del gruppo (Del nostro tempo rubato, Baci violati, Buongiorno buonafortuna) ti buttano lì un’inaspettata “Incontro” di Francesco Guccini – pezzo che parla anche di un rapporto di coppia con non pochi problemi – in un’autentica e sentita versione. Un’ultima considerazione: è strano che nessun regista italiano si sia accorto di un altro piccolo capolavoro contenuto nell’ultimo disco, che risponde al nome di “Io mi domando se eravamo noi”. Ecco, quella canzone potrebbe tranquillamente suggellare una qualsiasi scena finale di un film su un rapporto di coppia in crisi. Spero che qualcuno se ne accorga, prima o poi.