Doppio concerto anche per la serata del 2 settembre, quella dedicata al Rock Italiano. Anzi triplo, considerando lo straordinario concerto pomeridiano. Si parte in Via Garibaldi, si arriva in Piazza del Duomo, che in fatto di presenze contemplava un bel colpo d’occhio anche stasera.
Piazza del Duomo. Alle 20,50 in punto iniziano gli …A Toys Orchestra, band italiana dal respiro e dall’atteggiamento internazionale. “Lub dub”, l’ultimo album, è ben rappresentato in scaletta, con pezzi come ‘Take It Easy’, ‘Dance Lady Dance‘, ‘More than I need’, ed appunto ‘Lub Dub‘ oltre a qualche “vecchia chicca” come ‘Celentano’ (la mia preferita) e l’immancabile ‘Powder on the words‘, un pezzo di più di dieci anni fa e già considerato il classicone della band. I pezzi entrano subito in testa. La band passa amabilmente e sapientemente da uno strumento all’altro in continuazione. Non stanno mai fermi. Fin troppo versatili. Sulla carta, una band perfetta. Però c’è sempre qualcosa che rimane lì a metà. Forse la poca comunicatività col pubblico. Forse il cantato in inglese. C’è sempre qualcosa che ti fa dire “Bravi, sì, però…”. Indubbiamente si meriterebbero più attenzione. Non fosse altro per questo ultimo disco, suonato dal vivo meno di quanto meriti. Non fosse altro per la scrittura dei pezzi, che indubbiamente sono dei piccoli gioiellini pop.
Poco prima delle dieci è la volta di Appino e soci. Un boato li saluta. Cosa gli vuoi dire? Gli Zen Circus, all’opposto, hanno suonato tanto dal vivo quest’anno. Hanno suonato ovunque, con riscontri sempre entusiastici di pubblico. Sono un’autentica macchina da guerra, dal vivo. Danno peso alle parole e non disdegnano di chiamare i cori del pubblico. Sterzano sulla cazzata quando il gioco si fa pesante, sanno essere rock’n’roll e cantautorali allo stesso tempo. I tre componenti storici dialogano e scherzano tra di loro con ironia tutta pisana. Urlano e fanno urlare “non voglio ballare” ma si balla, eccome. E quando sei lì in mezzo non è una contraddizione. Gli Zen Circus attraversano un momento molto fortunato (interamente meritato) e Appino canta del suo privato in rima baciata, rendendolo così il privato di tutti, con passione e consapevolezza. Con profondità e orgoglio. Sul palco sono una band, non è un cantautore con una band: forse questa è la loro forza. “L’anima non conta” la cantano tutti, un momento da brividi. Peccato solo per l’esclusione di “Caro Luca” dai bis. Ma non si può avere tutto.