L’imperdibile serata dai tre headliner al “Settembre” è iniziata con una lunga fila per Via Garibaldi della migliore fauna da concerto che si potesse immaginare. Ieri sera nessuno era lì per caso. Tutti quelli che erano in Piazza Duomo sapevano esattamente cosa li avrebbe aspettati. Cinque ore e tre gruppi per una serata non facile, sotto diversi punti di vista, ma difficile da dimenticare.
Intanto, l’annuncio. Per problemi relativi agli strumenti della band belga c’è un’inversione nella scaletta della serata. Iniziano il concerto i Blonde Redhead, per secondi gli Einstürzende Neubauten, per ultimi i dEUS. (Quanto alla motivazione di tale inconveniente, le notizie si susseguivano rapidissime: li hanno persi all’aeroporto. Il camion è rimasto bloccato in Austria. Glieli hanno rubati. Hanno subito una rapina. I dEUS non suoneranno. Suoneranno su altri strumenti col giramento di scatole. Il telegrafo senza fili della piazza a volte ha del sublime).
Col rintocco delle campane del Duomo delle 20 iniziano i Blonde Redhead. Il flanger fatta sensualità. Negli anni la band ha perso ogni componente ruvida e ci regala un set in cui è un soft-pop raffinato a farla da padrone, più mainstream che indie, con le vecchie tentazioni d’avanguardia parzialmente accantonate. Tutti gli innamorati (e i nostalgici) del suono della 4AD escono soddisfatti. Kazu Makino sa sedurre il pubblico ancora e come non mai. Rimane un po’ la sensazione del “bellino”, ma di classe. Tanta classe.
Il gruppo di Blixa Bargeld che Pratosfera ci ha insegnato a pronunciare [ˈaɪnˌʃtʏɐʦəndə ˈnɔʏˌbaʊtən] sale sul palco intorno alle 22. E qui la situazione cambia di netto. Il carisma del front-man è gigantesco, granitico. Il set è imponente e ricercatissimo allo stesso tempo. La dimostrazione che si può essere avanguardia sonora anche verso i sessant’anni – anche se in una recente intervista ha detto che la definizione di avanguardia, con la sua connotazione militare, non gli è mai piaciuta. Gli Einstürzende Neubauten non sono avanguardia, se mai sono dei disertori, ha detto. E la strada della diserzione da tutto quello che è rock inquadrato e configurato l’hanno seguita anche ieri sera in un set che ha letteralmente rapito la piazza, facendola restare in silenzio e in adorazione davanti a tanta genialità. Gli Einstürzende Neubauten del 2018 sono più silenzio che rumore, pur non rinunciando a mole, tubi, elementi metallici e radio analogiche in cerca di sintonia. I nuovi edifici oramai sono già crollati, c’è solo da cantarne sommessamente il requiem. Un concerto bellissimo, senza mezzi termini. Per niente facile, ma bellissimo.
Dopo la mezzanotte, per quei problemi tecnici di cui sopra che li hanno costretti a un lungo cambio-palco, arrivano i dEUS. E qui si cambia di nuovo registro. L’iniziale “The Architect” scalda immediatamente la piazza facendola ballare, nonostante l’ora e il clima ai limiti dell’estate. Nervosi, liberatori, divertenti. Una band che negli anni non ha perso un grammo del loro gusto di pop intelligente. Forse troppo intelligenti, per quello da sempre confinati in quella nicchia che continua a chiedersi come mai tutto il mondo non impazzisca per un pezzo come “Sister Dew”, che ha trovato posto anche nella breve scaletta di ieri sera. Breve, purtroppo, troppo breve, perché per problemi di quiete pubblica a mezzanotte e cinquanta si deve chiudere, non importa a che punto della scaletta siamo e se il pubblico, nonostante le cinque ore di musica sulle spalle non avesse ancora lasciato la piazza e ne volesse ancora. Un coito interrotto, che ha lasciato un po’ di amaro in bocca e tanta voglia.
Comunque, una serata assolutamente da ricordare. ben vengano serate come questa. Fanno bene su più livelli: al corpo, allo spirito, alla cultura, alla città.
P.S. Unica critica organizzativa: visto l’impossibilità del pubblico a uscire per poi rientrare dalla piazza durante i concerti e la lunga durata della serata sarebbe stato meglio allestire più stand legati al food per poter offrire più scelta e non “intasare” gli unici due truck presenti in piazza.