Valeria Caliandro, in arte Vilrouge, è uno dei nomi che per primi vengono in mente quando si pensa alla produzione musicale pratese. Nasce nel 2008, e nel 2011 pubblica Immacolato Caos, il primo disco. Dal 2014 è al lavoro sulla seconda creatura, ma nel frattempo ha collaborato con De Gregori e proprio nei giorni scorsi si è esibita ancora una volta con Carmen Consoli .
Ti sei esibita con Carmen Consoli più di una volta, puoi farci un riassunto dell’ultimo periodo?
Ho aperto due suoi concerti in teatro: mi ha richiamata dopo il Settembre Pratese, fedele a quello che aveva provato sentendomi. Dopo qualche mese mi ha chiamata e mi ha chiesto di aprire per lei e mi sono trovata in teatro, in un luogo maestoso come La Pergola a Firenze e il Teatro Pacini di Pescia, solo con la mia violoncellista: è stato come prendere la macchina del tempo e andare indietro, quelli sono teatri antichissimi, di fine ‘600, un po’ come la nostra musica. E’ stato molto azzeccato ed emozionante: la nostra musica si sposa molto bene, la poetica in fondo è simile, a volte sembriamo due sorelle separate alla nascita. Suonare in teatro è ciò che auguro a ogni musicista di poter provare: il pubblico è numeroso e silenzio, ed è una cosa maestosa da sentire davanti. Se sei abituato ad avere davanti molte persone è dura che stiano zitte, invece il teatro le ammutolisce.
E’ una cosa che intimorisce un po’?
“A Pescia ero molto più rilassata, non conoscevo il luogo, non conoscevo le persone, quindi mi sentivo più tranquilla. A Firenze mi ero dimenticata di richiedere il permesso per scaricare il pianoforte, hanno dovuto farmi entrare di sgamo nella ztl e registrare dopo la targa; sapevo anche che conoscevo parecchie persone nel pubblico, e la cosa mi ha messo un po’ timore. C’è silenzio. Sembra un po’ un matrimonio, dovevo pensare a tante cose, ed ero molto meno tranquilla… ecco perché non mi sposo! E’ andata molto bene in entrambe le date in ogni caso.
Quali sono i progetti futuri?
Il nuovo album esce a breve, verso settembre: spero di portarlo in giro quanto basta: fra l’altro si è creato un rapporto con Carmen Consoli, che vorrebbe farmi aprire altre date in futuro. Sono quattro anni che ci lavoro, e sono quattro anni che ne annuncio l’uscita, ma per motivi diversi non era mai uscito: da un lato questo è stato lungimirante perché mi ha portato a fare esperienze come questa e come quella con De Gregori, e tutto questo è un po’ antitetico rispetto al presente, con tutti questi artisti che escono con un disco ogni due anni. Il fatto però è che sto già scrivendo altre cose, ed è un po’ faticoso portare in giro brani di 4 anni fa.
Quindi i prossimi lavori saranno differenti?
Il secondo disco ha pochissimo pianoforte rispetto al primo, pianoforte che in realtà è il mio strumento principale; entrambi però hanno sonorità malinconiche che li accomunano. Ora invece mi sento in uno stadio differente, ho maturato più semplicità, magari perché ho fatto molti laboratori con i bambini: faccio uscire le canzoni in modo più spensierato e diretto, senza pensare per forza all’eleganza della forma, in un modo un po’ meno barocco.
Puoi parlarci del titolo?
Il disco si chiama La seducente assenza: è un pezzo di un bridge di una canzone che si chiama La sirena e il pirata. La frase completa è “la seducente assenza dell’altrove”: volevo chiamarlo così ma mi hanno fatto notare che era troppo lungo. Già da questo titolo si capisce la malinconia di fondo: è un disco che ha come filo comune il mondo del mare. C’è una canzone che si chiama Amors, “senza morte”, che è l’etimologia della parola amore: è la canzone più vecchia del disco. Via via che scrivevo apparivano sempre più metafore del mondo marino, e cos’è che unisce amore e morte? La sirena. Questo concetto si esprime nella canzone “La sirena e il pirata”, in cui la sirena chiede al pirata di andarsene, tornare sulla terra e salvarsi: dimentica che ci sia nel mare questa eco infinita delle cose che ritornano e non hai mai concluso che vengono dall’altrove. Tutti siamo sedotti dall’altrove, la possibilità di vivere una vita diversa, e lei gli dice di salvarsi dalla seduzione dell’altrove, che in realtà non esiste. E’ una situazione che ci riguarda tutti, è una condizione comune, soprattutto a livello sentimentale. Ho l’impressione che si sia persa la semplicità dei sentimenti in cambio di voler stare bene a tutti i costi e vivere in modo adrenalinico.
Non sono molti gli artisti che danno così tanto significato alle parole che usano.
A me serve profondità: spesso la musica di oggi resta in superficie, io invece finisco sempre per scavare.
Com’è andata la registrazione?
Molto bene: ho realizzato il disco al Macinarino Recording ad Arezzo dal produttore Lorenzo Tommasini, incontrato 4 anni fa dal mio vecchio produttore che era Marzio Benelli. C’è praticamente stato un cambio di consegne, in cui uno era felice di consegnarmi e l’altro dopo un po’ deve aver pensato “Cazzo! ecco perché me l’ha consegnata così facilmente!”. A parte gli scherzi, Benelli ha registrato Ginevra Di Marco e Carmen Consoli: è il produttore delle voci femminili, e per fortuna si è innamorato della mia voce. In questo disco è stata tolta la dimensione della registrazione live, che mi è un po’ mancata, ma ci sono state più collaborazioni esterne anche con grandi nomi: è stato un disco cucito piano piano, come una coperta che alla fine si è spiegata ed è uscita fuori. Non è stata la classica cosa energetica registrata in un mese e già finita: c’è stato un gran lavoro di sottrazione rispetto al mio modo di suonare. Io suono il piano in modo vulcanico, evidente, e per mettere altri strumenti ho dovuto diminuire: è stato anche un lavoro sull’ego e ci sono stati anche discreti litigi, è finita come una specie di terapia psicologica. Chi l’ha sentito mi ha fatto notare che alcuni pezzi hanno tracce di abbandono, come se dovessi spurgarmi da qualcosa, e in effetti è quello che è successo.
Hai parlato di grandi nomi, puoi farcene qualcuno?
C’è Andreino Salvatori, il chitarrista di Ginevra Di Marco. Il batterista è Cristiano Della Monica, di CSI e PGR. Il resto sono Luca Cantasano, mio bassista storico e dei Diaframma, Lorenzo Tommasini, la violoncellista è Sara Soderi, Jacopo Ciani. Io suono pianoforte, percussioni, chitarra e synth.
Quando potremo vederti dal vivo?
Al momento non c’è niente di fissato: a breve spero ci saranno un gruppetto di date, in attesa di una data di presentazione dell’intero disco. A breve comunque uscirà un video live dell’ultimo concerto alla Pergola realizzato da Elena Mannocci, e al FAB probabilmente registreremo il video live del disco usando pianoforte, viola e violoncello: svelerò il disco piano piano prima dell’uscita.
Dovre potremo trovare il disco?
Spero in qualsiasi negozio, alla Feltrinelli e nei soliti canali, Spotify, Youtube, on line e ai concerti. Fa differenza a aprire per un grande nome della musica: puoi raggiungere un numero di persone che altrimenti è dura raggiungere, ed è un meccanismo lontano dalla qualità effettiva di ciò che stai facendo, me ne rendo conto: ci sono tanti artisti di alta qualità che non riescono a farsi ascoltare, molti che invece sfondano perché sono supportati in un certo modo. Ma il fatto è che le cose buone arrivano quando stai bene, devi essere rilassato e prendere quello che viene.
E pare che Vilrouge non stia bene: stia benissimo.
Fotografie tratte dalla pagina Facebook di Vilrouge.