Quando squilla il telefono sulla linea rossa non c’è tempo da perdere, devi mollare tutto quello che stai facendo e rispondere celermente. Mi sento teso come Morgan Freeman quando interpreta il presidente degli Stati Uniti; dall’altra parte del telefono una voce mi dà brevi e precise istruzioni: “Anna Tatangelo, stasera, Piazza del Duomo, Pistoia”. Non c’è bisogno di conferma, sento l’adrenalina di Kurt Russel scorrermi nelle vene e la missione è accettata a priori.
Alle 20 esatte sono già in Piazza del Duomo.
La piazza è la solita di sempre, quella che qualche sera prima ha visto suonare Zakk Wylde e John Petrucci, la storica piazza del “Blues” e di B.B. King e che tra poco vedrà succedersi artisti del panorama pop italiano selezionati accuratamente da Radio Bruno.
Ad aspettarmi c’è Jack Sparrow che per l’occasione ha mollato la Perla Nera per darsi alla birra e alle percussioni di strada, se ne sta sdraiato sui pietroni della piazza come se fosse il bagnasciuga di qualche isola dei Caraibi. Mi dice che nonostante le apparenze è un grande fan dei Dogo e non vede l’ora di perdersi dentro i flow di Guè Pequeno. Attorno a lui c’è il vuoto, chissà come mai.
Gli spalti sono già gremiti, qualche biker, arrivato in ritardo per i Black Label Society, sta provando le medesime sensazioni di Ethan Burke in cerca di risposte e di una via di fuga. Il flusso di persone non cessa e la piazza si riempirà completamente nel clou della serata.
Non sono avvezzo a questo tipo di spettacoli, ma ho come l’impressione che il revival di quello che fu il Festivalbar potrebbe essere molto prossimo. Dal palco piovono dei gadget gonfiabili, gialli, riportanti il logotipo Radio Bruno. Una volta gonfiati ed alzati al cielo saranno i testimoni indiscussi dell’entusiasmo collettivo.
“Radiotalent”, presentato dalla Pinotti, apre l’evento proponendo una selezione di artisti emergenti: si spazia tra una conterranea Amy Winehouse (Tina Quaranta) e Nearco: un sosia di Enrico Montesano in “Piedipiatti”, il quale senza essere minimamente rock ci ricorda che lui vota rock’n roll. Questo è ciò che accade tra l’esibizione di Fornasari e le pazzissime “Donatella from Isola dei Famosi” che pazzamente ci sbattono in faccia la loro pazza cover di Donatella Rettore. A questo punto manca solamente Donatella Versace per giocarci questo full d’assi e vincere tutta la partita.
In mancanza di altre Donatelle “Le Donatella” ovviano con un pazzissimo gesto riparatore lanciandosi in un azzardato selfie, moda dell’estate 2013. Il selfie, legato indissolubilmente al volere degli sponsor, sarà il fil rouge di questo evento, un po’ come se vivessimo un’esperienza direttamente nei panni di Federico Clapis; una rivisitazione popolare di Essere John Malkovich.
Lo spirito del Festivalbar permea nostri animi a piccoli passi, fino a spalancare la porta con l’entrata sul palco di Alessia Ventura assieme ad Enzo Ferrari, ovvero due presenze che vanno a colmare quel vuoto mediatico lasciato da una delle poche certezze delle nostri estati. Lo schema sembra rodato e funzionante, uno show formale, per famiglie, la nemesi di un concerto blues o rock.
Il pubblico apprezza e lo si nota dall’enfasi con cui sventolano incessantemente i gonfiabili gialli, qualcuno si sbottona la camicia cercando comodità, ma viene prontamente ripreso dalla moglie. Con grinta tutta rock salgono sul palco i Rio. Ok, non ho la benché minima idea di chi siano, chiedo venia, però di loro apprezzo tantissimo la presenza di Larry Bird al basso.
Da quel che intuisco devono essere un cavallo su cui Radio Bruno punta parecchio. Il loro è un rock sentito e risentito e nelle mie orecchie svanisce dopo le loro battute scambiate con Alessia Ventura. I punti interrogativi si fanno ancor più pressanti sull’entrata in scena di Becucci il quale usa la musica e le figure retoriche per raccontarci una sbronza colossale a base di tequila. Potrebbe diventare il mio nuovo cantante sconosciuto preferito, se non fosse che si è sbronzato con solo 6 shot di Messico liquido. Qui capisci cos’è che fa veramente la differenza tra una persona normale e Lemmy Kilmister, e non è certamente la musica.
A grandi balzi passano sul palco Paola Turci, che ci racconta di aver prodotto un greatest-hits elettro-acustico assieme a Dragona dei Ministri, e Anna Atzei, ma non chiedetemi di più. Tengo a precisare, fugando ogni dubbio, che sono qua per la Tatangelo e non per gli altri.
I Nomadi cercano di distrarmi proponendo qualcosa di nuovo nel loro repertorio e un grande classico, che non è “Io vagabondo”. Le note di “Io voglio vivere” vengono accolte dal pubblico un po’ come quando per Natale apri un regalo che è sì carino, ma ce l’hai già e probabilmente ti è stato regalato dalla tua ex. La Iurato cerca un approccio più sanguigno, invitando il pubblico ad alzare le mani al cielo. Loro alzano i gonfiabili gialli.
Non per spirito di ribellione, ma resto a braccia conserte chiedendomi chi diamine sia la Iurato. Storia diversa per Ron, che ci rapisce le emozioni con “Una Citta per cantare” di cui involontariamente conosco il testo per intero. Un artista magico tant’è che qualcuno urla “Quello di Harry Potter” seguito da “Vogliamo Hermione”, ma le battute su Harry Potter non hanno mai fatto ridere nessuno. Anche se la somiglianza con i Weasley c’è. Con le solite frasi di rito si dilegua, lasciandoci alla vera magia della serata, la regina incantatrice dei sogni degli italiani.
Anna viene accolta da un’ovazione, non tanto perché è in grado di far breccia nel più algido dei cuori, ma perché tutti aspettano il buon GG D’Alessio o in alternativa il sempre ben accetto Gigione. Purtroppo c’è solamente lei, ma ci incanta ugualmente con un suo classico “Libera” abbinato all’ultimo singolo, pronunciando, tra un brano e l’altro, la formula magica messa a punto dal marito: “Le domeniche di agosto quanta neve che cadrà”. Qua accade la magia. Per la prima volta il pubblico risponde, per la prima volta intona a squarciagola le parole della canzone di GG. Con tutto quel trasporto lei coglie l’occasione per l’ennesimo selfie della serata. Ci racconta che una volta non era brava a cucinare, ma adesso è diventata bravissima, anche se vorrei che lo dicesse in presenza della nostra vera cuoca di casa, Benedetta Parodi. Ad ognuno i suoi meriti, cara Anna.
Una sempre presente battuta alla Joe Bastianich da parte di Ferrari spezza l’incantesimo e la piazza torna nel mondo reale, in mano ai Dear Jack che cercano di cavalcare l’onda emo con 10 anni di ritardo dal suo completo declino. Hanno un seguito prettamente da età media in fascia Disney, che corrisponde in egual misura a quello dei poveri genitori annoiati che accompagnano i figli al concerto.
Anche per loro c’è un selfie di gruppo, poi il batterista lancia le bacchette facendolo sembrare un gesto unico, speciale, quando poi tutti i batteristi lanciano le bacchette.
Comunque se la regina ha già incantato questo palco, il King sta per arrivare adesso.
Guè cerca di stendere tutti perché “Oh zio, sei troppo un pazzo”, ma sicuramente non è più quello di “Mi fist”; sono lontani i tempi della Luna del presidente della Dogo Gang. Un rap edulcorato che piace ai ragazzini appena usciti dalla fascia Disney.
I soliti che vedi defilarsi dopo la sua uscita dal palco, che assieme ai piccoli fan dei Dear Jack lasciano un vuoto nella piazza, noncuranti di Chiara: una Hayley Williams legata per sempre ad uno spot di scarpe.
Vado via prima che tutto finisca, voglio portarmi a casa una reliquia di un Festivalbar che ci manca. Probabilmente tutto questo non c’entra niente con il Blues e tanto meno con me, ma il pubblico ha risposto bene riempiendo la piazza di una città che vive, come tante di esse, in perenne polemica con se stessa. E comunque l’anno prossimo o portate Max Pezzali o niente.