Rientrato appena in tempo da Atene, dai festeggiamenti di Piazza Syntagma a base di acqua gassata e gingerini, eccomi di nuovo catapultato nell’opulenza della dilagante movida pratese, che anche di lunedì offre qualcosa di imperdibile.
Qualche buon mio concittadino, a forza di sentir “Aiutiamoli a casa loro”, ha deciso di risolvermi la serata proprio vicino casa, organizzando il concerto di Pop X all’Ex Fabrica, salvandomi di fatto dall’afa delle quattro mura.
Stasera chiedo volentieri lo status di rifugiato a questo nuovo locale estivo, che offre un manto erboso e dei plaid sui quali accovacciarsi: un ambiente intimo in cui anche una ciminiera diventa un suggestivo elemento d’arredo. Easy e chic allo stesso tempo, questo mix di architettura industriale e scorci bucolici sarà la cornice della performance di Davide Panizza, in arte Pop X, un artista trentino che cavalca da anni la linea che divide la follia dalla genialità, rifiutando i canoni e le pretese modaiole della scena indie con un’ironia lontana anni luce da ogni hypsteria.
La sua musica minimale elettronica è fatta di led e pixel, più che di note ben educate e formalismi estetici, e, come tutti i rivoluzionari seri, vi associa outfit inguardabili, come nel caso di stasera. Il locale è pieno zeppo, sul prato magliette dei Cripple Bastards si mischiano a quelle di Doraemon, a riprova della portata di Pop X, delle sue ciabatte e del cappello da Coppa Cobram che sfoggia all’inizio dello show. “Ma che è, un alpino?”, travisa qualcuno, “Sembrano i Gem Boy!”, dice qualche sciagurato.
La tastiera ed i supporti elettronici sono sistemati proprio sul prato, non sul palco, contornati da scatole di cartone, un barile di metallo ed altre primitive percussioni sulle quali si accaniscono gli altri due membri della band, creando un contrasto notevolissimo fra digitale ed analogico quasi arcaico.
La prima parte dello show è la più intima, il lato cantautorale di Pop X esce fuori in tutta la sua bizzarria e nonsense. Voci così distorte e stropicciate, che il lo-fi è roba da principianti. Un inizio necessario per non scioccare eccessivamente il pubblico o il mio postumo da abuso di chinotti, quelli del discount di Atene, non quelli milanesi.
La seconda parte viene introdotta dal cambio del cappello Coppa Cobram a favore di un casco pieno di led lampeggianti, che annunciano l’arrivo di pezzi più ritmati e coinvolgenti.
Lo show decolla insieme alle facce divertite: sembra di star celebrando tutti insieme una gran presa per il culo ai danni degli Eiffel 65, per esempio. I tre continuano a buttar giù cocktail e tra le percussioni succede di tutto: fanno ciò che vogliono, compreso rollarsi sigarette e picchiettare con le bacchette qua e là a casaccio.
Tutto è naif, ma mai demenziale o trash; Pop X svariona al microfono senza sorridere mai, ed è intelligente nel condurre lo show, sempre più improntato sul valore del non prendersi sul serio, tipo i bancomat del Peloponneso.
La terza parte è quella caratterizzata dagli occhiali con i led, coi quali Pop X diventa quasi inquietante, ma sempre più divertente. Il set diventa ancor più un playground lisergico e impazzito: i percussionisti si rotolano, poi si allontanano di punto in bianco, tanto che lo stesso Pop X li avverte nel bel mezzo della canzone: “Dove andate, bastardi!?”, finché tornano muniti di birre. Eppure non si scade mai nella caciara, questo è il miracolo di questa incredile, improbabile, genuina band. Dopo un’ora di concerto sto esaurendo le posizioni da sperimentare sul plaid per evitare crampi, ma lo show è ancora lungo, per fortuna. Il pubblico è sempre più rapito e partecipe, curioso di fronte ad una performance sicuramente originale.
“Altro che Jovanotti!”, grida qualcuno. Persino Frau Merkel è meglio di Jovanotti, però rende l’idea dell’atmosfera. Ormai la situazione è fuori controllo, le percussioni rotolano ovunque, e dopo ‘Il Silenzio Degli Innocenti’, struggente, folle e divertente allo stesso tempo, (e che probabilmente canticchierò per giorni) e ‘Io Centro Con I Missili’, il concerto termina.
Pop X non si è quasi mai rivolto al pubblico, lo fa adesso dicendo: “Ora ho finito, vi metto un po’ di musica di sottofondo, sennò il passaggio è traumatizzante.”
Ed ha ragione, ma non ragione tipo Varoufakis, ragione tipo Pop X.