Neppure dovevano esserci. I Butcher erano arrivati terzi nella propria eliminatoria, fuori per mezzo punto. In semifinale ci erano andati i bolognesi Palco Numero Cinque, poi problemi personali della band hanno portato all’abbandono e da lì i Butcher si sono ripresi quello che spettava forse loro di diritto: hanno iniziato a convincere tutti, giuria e pubblico, nonostante un genere certo non adatto ai timpani delicati, un crossover potente, ma ben equilibrato da una capacità tecnica non comune, ricercata e studiata suono su suono, nota su nota, battito su battito. Oleksandr Derenevs’kyi ha una voce growl, che certo deve molto a chi su quel timbro ci ha costruito una carriera e quelle dei suoi successori ed il riferimento a Jonathan Davis è tutt’altro casuale, ma il cantante dei Butcher non sfigura, ha tecnica da vendere, la sua voce squarcia il buio più delle luci di palco, lo tiene in mano il palco e non è ma da solo in questo, perché il basso di Edoardo Gaeta e la chitarra di Bruno Malevoli duettano perfettamente graffiando l’aria con la potenza dei loro suoni, mentre Andrea Vannini picchia su quella batteria come se gli servisse per sopravvivere. Questa è la musica dei Butcher. E ora, a tre anni dalla loro formazione, si preparano ad entrare in studio, ma soprattutto a registrare il loro primo videoclip grazie al primo premio dell’Urban BlackOut Contest sotto la supervisione di Giacomo Calistri e Laura Innocenti, meglio conosciuti come Alkemia Film.
Seconda piazza per i Kelevra. Gruppo fatto e formato, professionisti ormai collaudati da un’esperienza live di lunga data e sicuramente i più adatti a rappresentare l’Urban BlackOut al Mengo Music Fest di Arezzo con il loro rock italiano e la loro ricerca sperimentale e quasi maniacale di sonorità nuove. La voce perfettamente equilibrata di Matteo Ravazzi è alla guida di questa folle nave, che vede in Francesco Ravazzi (chitarra, cori), Marco Emanuele (basso), Giacomo Rapisardi (tastiere, synth,cori), Giovanni Sarti (batteria) nella veste di navigatori di bordo del suono Kelevra e c’è veramente di tutto, ma niente è superfluo. Per i Kelevra il secondo posto è tutt’altro che una sconfitta, ma semplicemente il giusto premio, perché arrivati a questo punto (e questa è stata l’idea fondante della giuria tecnica nell’assegnazione dei premi) non esistono vincitori o perdenti, ma solo premi adatti alla crescita di queste band emergenti.
Per questo motivo, Mattia Brienza, Camilla Freda, Michele Nuti e Filippo Maranghi, ovvero i Macelli Pubblici, arrivano terzi, perché hanno vitalità, sanno cosa vuol dire suonare, trasmettere carica e passione al pubblico. Forse, sono un po’ acerbi, ma del resto sono giovanissimi (18 anni di media) e avranno tempo per diventare degli abili mestieranti della musica: quale occasione migliore se non registrare i loro primi tape al Koan Studio, pronti ad essere seguiti da un pool di professionisti? Sicuramente, un passo importante per il loro futuro musicale.
Menzione di merito per i quarti classificati, i Minore Uguale, ovvero Manuel Costa e Irene Volpi. Rimangono a mani vuote, ma ricevono tanto dal punto di vista dell’esperienza visto che il loro progetto acustico nasce all’inizio di questo anno. L’Urban BalckOut è servito anche a loro per capire la propria strada e, in fondo, pagano solo il fatto di essere bravi tecnicamente sì, ma un po’ fuori da canoni musicali di un rock contest. Comunque, ricevono applausi e soprattutto dal pubblico, perché le loro canzoni, che lo si voglia o no, entrano in testa.
Questo è stato l’Urban BlackOut Contest, una nuova esperienza per il Capanno BlackOut e per le band emergenti, che hanno trovato una volta di più un palco dove esibirsi, dove capire, dove farsi ascoltare. L’appuntamento è tra un anno, perché dopo il dovuto riposo, la macchina dell’Urban BlackOut si rimette in moto con nuovi progetti e soprattutto la seconda edizione del contest.