Nel 2014, 2827 adulti e 441 minori si sono trovati costretti a rivolgersi ai pronto soccorso delle aziende sanitarie toscane. Le ragioni? Maltrattamenti, abusi e stalking. E si tratta comunque di dati sottostimati.
A denunciarlo è Codice Rosa, il progetto della Regione sviluppato nel 2012 a seguito dell’esperienza positiva realizzata dal 2010 dalla Asl 9 di Grosseto, che monitora uomini e donne, adulti e minori, vittime di maltrattamenti, abusi e discriminazioni sessuali. Un monitoraggio che mette insieme le varie forze interistituzionali e delle associazioni e che è ormai diffuso in tutte le aziende sanitarie toscane.
Questi i numeri specifici. Dei 441 minori registrati, 355 hanno sofferto maltrattamenti e 86 abusi. Degli adulti, 2.629 sono stati maltrattati, 127 abusati, 71 hanno subito stalking.
Numeri che sono frutto di un lavoro specifico e quotidiano messo in piedi da una squadra molto eterogenea: medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, delle associazioni e dei centri antiviolenza, uniti per far emergere i casi di violenza e abuso, dare sostegno alle vittime e perseguire i responsabili.
Ogni volta che una vittima si presenta in pronto soccorso, le viene affidato il codice rosa che non va a interferire nel triage usato al pronto soccorso, ma viene aggiunto ai vari codici di gravità in modo da evidenziare segnali spesso taciuti di violenze. Quindi viene ospitato in una stanza speciale, dove viene garantita una particolare accoglienza, fatta di sostegno psicologico e cure ad hoc, e dove vengono avviate procedure d’indagine in collaborazione con le forze dell’ordine e, se necessario, allertate le strutture territoriali per la tutela di situazioni che presentano livelli di rischio elevati.
Minori. Secondo quanto riferiscono i responsabili del progetto: “Per quanto riguarda i minori, non è facile riconoscere i segni nascosti di maltrattamenti o abusi: per farlo è necessario l’occhio attento di personale preparato. Grazie ad un’azione formativa strutturata sia a livello regionale che aziendale, e a percorsi di formazione specifici svolti in collaborazione con il Meyer, il personale dei pronto soccorso è in grado di contribuire al riconoscimento dei casi e raccordarsi con le forze dell’ordine e le Procure, per interrompere storie di violenze che troppo spesso si nascondono all’interno di mura familiari”.
E, nonostante il Codice Rosa sia un gran passo, la difficoltà di inquadrare il fenomeno resta, nonostante sia indispensabile per munirsi degli strumenti per contrastarlo in modo efficace l’emergenza. “E’ indispensabile proseguire nel miglioramento continuo del percorso di accoglienza, elevando la capacità di raccordo e integrazione tra le istituzioni, perchè i “bisogni” delle vittime sono importanti e molteplici: vanno dal riconoscimento della propria sofferenza, alla cura, alla tutela dell’incolumità propria e dei figli, all’esigenza di assicurare, nei casi più gravi, l’allontamento da contesti violenti verso luoghi sicuri, con l’avvio di percorsi di autonomia e sostentamento attraverso il lavoro”.
I responsabili del progetto hanno quindi riservato un commento speciale sul caso di Irene Focardi, la giovane donna di Sesto fiorentino uccisa dal fidanzato che poi nascose il cadavere in un sacco nero a pochi metri da casa: “E’ un caso di particolare gravità che ha avuto un esito drammatico, caratterizzato da precedenti ripetuti maltrattamenti che hanno comportato numerosi accessi al pronto soccorso per lesioni di varia entità. Le strutture sanitarie presso le quali la vittima si è recata per farsi curare hanno messo in atto un audit per verificare che il percorso si sia svolto nel modo corretto, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure definite dal progetto Codice Rosa. I riscontri effettuati hanno dimostrato che il caso è stato trattato nel rispetto delle esigenze dell’utente, delle procedure definite dal progetto e nell’assolvimento degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge”.