“Prato e i suoi volti” è il corso di giornalismo fatto da Officina Giovani e tenuto dalla nostra Stella Spinelli. Queste sono storie di persone speciali, che hanno fatto dello sport una ragione di vita in nome dell’inclusione e della solidarietà
di Arianna Di Rubba
“A diciannove anni mi è crollato il mondo addosso, mi sono ritrovata su una carrozzina. Da quel momento la mia vita è totalmente cambiata. Trovarmi all’improvviso su una sedia a rotelle per un errore medico è stato un duro colpo da digerire. Col passare del tempo sentivo che avevo bisogno di fare qualcosa di diverso dalla classica fisioterapia, il nuoto o la palestra. Con i “Maratonabili” sono rinata, è come se le mie gambe fossero tornate di nuovo a correre da sole. Tutte le volte che arrivo al traguardo mi scende qualche lacrima, correre mi fa sentire un gran senso di libertà e soprattutto mi sento uguale agli altri”. Margherita ha 35 anni, dal 2001 è costretta a vivere su una carrozzina, ma non ha mai perso la forza e la voglia di vivere. Nel 2009, dopo aver visto il video di un genitore americano che spingeva la carrozzina del figlio durante la maratona, le è venuta in mente l’idea di provare a fare una cosa simile anche a Prato. I “Maratonabili” sono nati così, tra amici, tutti amanti della corsa e dell’impegno, che hanno deciso di iscriversi alla maratona di Firenze, ottenendo grandi successi. E nel 2010 si sono costituiti associazione. Correre, sognare, vincere. È questa la missione dei Maratonabili ed è con questo spirito che trasformano l’impossibile in possibile, la disabilità in abilità. “Adesso abbiamo anche le carrozzine nuove, apposta per correre. Sono comodissime, fatte su misura, è impossibile cadere, e questo rende più sicuri sia noi sia i ragazzi che ci spingono. Unica pecca, costano 3100 euro ciascuna e riuscire a raccogliere fondi per realizzarle è sempre più complicato – aggiunge Margherita, facendo quindi un appello a chiunque voglia fare una donazione – Essere semplicemente spinti, sentire freddo sulle gambe, è un’emozione bellissima. Se piove mi diverto ancora di più, mi bagno, ma le sensazioni che si provano sono uniche e indescrivibili”. Quando parla dei Maratonabili, gli occhi di Margherita brillano, sono pieni di gioia, di allegria. Fare attività motoria vuol dire non solo stare meglio fisicamente, ma anche mentalmente.
E come lei tanti altri ragazzi hanno trovato benefici facendo sport o aiutando gli altri a praticarlo. Marco ha 28 anni, è un appassionato di basket e da un anno e mezzo segue i ragazzi dello Special Team Prato Onlus, una Onlus nata nel dicembre del 1995 dall’iniziativa di un gruppo di genitori e sotto la spinta di dirigenti e tecnici provenienti da varie esperienze di volontariato e di impegno professionale nel settore socio sanitario e sportivo, e che da allora organizza corsi di nuoto, ginnastica ritmica, danza, basket, bowling, sci e atletica leggera. Il tutto con l’obiettivo di dare un’immagine più completa del mondo della disabilità e soprattutto per favorire l’inclusione e abbattere le barriere culturali, che spesso sono ostacolo più di quelle fisiche. Sono una decina i ragazzi che seguono il corso di basket, sono tutti autistici, una patologia difficile, con mille sfaccettature.
“Vivevo un momento difficile – racconta Marco – poi sono arrivato qui, ho visto che questi ragazzi hanno delle difficoltà reali e oggettive e mi sono detto: io sono fortunato, molto. Posso pensare, sognare, desiderare quello che voglio e posso ottenerlo. Loro non lo so, il loro futuro non è sempre così roseo e sicuro”, racconta mentre guarda emozionato i suoi ragazzi. Marco, con Giulia e altri volontari, aiuta i ragazzi autistici che seguono il corso di basket: “Giovanni ad esempio non riusciva a palleggiare e a muovere per bene le braccia, perché stando quasi sempre fermo non aveva muscolatura. Ora palleggia con una sola mano, riesce a cambiarsi da solo – continua Marco – Ogni ragazzo ha la sua personalità, il gioco sta nel trovare la chiave giusta per aiutarlo, riuscire a instaurare quel feeling, a fargli capire che non deve aver paura, che può fidarsi e può anche divertirsi. Fondamentale è quindi il linguaggio del corpo, i gesti e gli atteggiamenti con i quali ci si pone verso questi ragazzi che sono semplicemente speciali e unici”.
Sono 56 i ragazzi che si allenano faticosamente tutta la settimana nelle varie discipline, pronti per affrontare le gare più prestigiose, ma è il loro sorriso e la grande voglia di vivere la vera lezione di vita di questa squadra speciale tutta made in Prato. Molti fanno anche più discipline e poco importa se spesso le lezioni di nuoto, ginnastica ritmica e basket si susseguono. “La disciplina sportiva è regola di vita, sono anni che partecipiamo a molti dei campionati sparsi per la penisola e in estate vanno tutti alle Special Olympics, dove riescono sempre a piazzarsi fra i migliori. Qualcuno, come Eleonora, ha partecipato alle Olimpiadi, altri sono andati agli Europei e ai nazionali – spiega la coach di nuoto Olivia, che da 13 anni segue i ragazzi e che con loro dice di aver imparato le regole di un mondo altro, un universo senza filtri e pregiudizi – Ci danno enormi soddisfazioni e non parlo solo di medaglie. Stare con loro è un’esperienza di vita singolare. Partire tutti insieme senza genitori, stare lontani da casa, dover arrangiarsi nel quotidiano e saper controllare l’ansia e le emozioni prima, dopo e durante ogni gara. Questa è la lezione maggiore che ogni giorno ognuno di loro mi impartisce”.
Grandi soddisfazioni e ottimi risultati li hanno raggiunti anche le ragazze della ritmica, grazie all’aiuto delle allenatrici Diletta e Giulia. Le ultime medaglie le hanno vinte agli Special Olympics di Barcellona (30 ottobre – 2 novembre): le sette atlete della ginnastica ritmica sono riuscite a portare a casa ben sette medaglie. L’impegno di tutti, la loro serietà nell’allenarsi e la concentrazione è tangibile. Questa squadra speciale è energia pura.
Lo Special Team nel 2013 è stato riconosciuto dalla Regione Toscana come centro SportHabile, volto quindi a facilitare l’avvio o il proseguimento della pratica sportiva a persone con disabilità. Lo stesso riconoscimento è stato assegnato anche all’Associazione sportiva dilettantistica Cavalli e Carrozze, che dal 2006 promuove corsi di ippoterapia e lezioni specifiche di equitazione per non vedenti. “Sono 22 i ragazzi che vengono da noi, molti di loro sono autistici. Qui seguono dei percorsi di riabilitazione, ma anche sportivi, che vanno quindi dalla pulizia del cavallo alla monta in sella. Abbiamo appositi ausili per facilitare la salita in sella e la guida autonoma con selle e redini attaccate”, spiega Stefania Innocenti, presidente dell’Associazione. “Lo sport è un mezzo per includere e il cavallo fa da mediatore con il mondo esterno. Qualsiasi persona con disabilità può venire, non abbiamo barriere architettoniche, e soprattutto cerchiamo di fare attività integrata, con ragazzi disabili e normodotati insieme”, racconta Stefania Vannucchi, coordinatrice del settore riabilitazione. “I ragazzi riescono così a ritrovare un contatto con la natura, a vedere il mondo in maniera diversa, perché cambiano anche le prospettive. Allo stesso tempo cresce la loro autostima: per esempio i ragazzi in sedia a rotelle, una volta sul cavallo, vedono per una volta tutto ciò che li circonda dall’alto verso il basso, riescono a muoversi da soli, è come se tornassero a camminare” aggiunge l’allenatrice Federica. Unico rammarico in tutto ciò sono i costi troppo elevati e le poche risorse che arrivano dagli enti locali. “L’affitto è caro, i cavalli e la struttura vanno mantenuti. Noi siamo tutti volontari, veniamo qui perché è la nostra passione, ma spesso rischiamo di non farcela”. Lo stesso appello lo lancia il Gruppo Sportivo Sinergy Anffas Prato, nato nel 1984 all’interno dell’associazione Anffas. “Portare i ragazzi fuori è costoso, spesso non riusciamo a farlo. I fondi sono sempre più ridotti”, precisa la vice presidente del gruppo Gigliola Cioni.
A queste richieste risponde il consigliere delegato per lo sport Luca Vannucci: “Ci vogliono sempre più soldi, ma ne abbiamo sempre meno. Il Comune sta facendo e continuerà a fare il possibile per alzare l’attenzione su questo mondo e per far intervenire magari anche sponsor esterni o privati, in grado quindi di promuovere anche tutte le manifestazioni. Siamo disponibili e vicini a tutte queste società che stanno facendo molto per chi è meno fortunato di noi. Molte società hanno una grande attenzione e professionalità e stanno facendo crescere i ragazzi anche a livello sportivo, facendoli arrivare ad alti livelli. Cosa che ci riempie di orgoglio. Per questo ci stiamo anche impegnando per migliorare le infrastrutture presenti sul territorio e per renderle più accessibili e fruibili da chiunque”. E una buona notizia è arrivata anche nei mesi scorsi: accanto alla piscina comunale di via Roma sorgerà la cittadella della riabilitazione, un complesso che comprenderà piscina, palestra e ambulatori.
E che praticare sport faccia bene a tutti sotto più punti di vista lo sottolinea anche il dottor Marco Armellini, direttore del reparto Salute Mentale Infanzia e Adolescenza della Asl 4 di Prato: “Gli studi effettuati negli ultimi anni dimostrano che la pratica sportiva promuove un senso di autosufficienza, ossia il riuscire a farcela da soli e con gli altri. Allo stesso tempo ha anche risvolti sullo sviluppo cognitivo. L’attività motoria è poi fondamentale per lo sviluppo dell’attenzione e il miglioramento dell’autoregolazione. E poi sicuramente aiuta a combattere una problematica sempre più in aumento, ossia l’obesità”. E a Prato s’investe molto sull’attività motoria per disabili. “Siamo nati per giocare, lo sport è un mezzo semplice, ma ha un’efficacia straordinaria. È il mezzo per riuscire a raggiungere altri obiettivi ed è un elemento di collante anche per le categorie più svantaggiate”, spiega Luciano Giusti, consigliere e fondatore della Polisportiva Aurora, nata nel 1994 con l’obiettivo di promuovere, attraverso lo sport, processi di integrazione sociale fra persone con problemi di salute mentale, riducendo così i processi di marginalizzazione. Tra le discipline che la Polisportiva propone, ci sono infatti il calcio, la pallavolo, ginnastica dolce, trekking e da tre anni il rugby. “Uno sport aggregante e possibile per le persone con disabilità mentale. Tutti hanno valore nel rugby, perché è una disciplina che promuove il vero gioco di squadra. Prato è la prima città in Italia dove è nata una squadra di rugby sociale, gli Invictus. È stata una grande scoperta per tutti.
La cosa bella dello sport è anche lo spogliatoio, il dopo partita, le amicizie che si creano. Se trovano la passione e la motivazione giusta questi ragazzi possono fare tutto, perché niente è impossibile”, aggiunge Giusti, mostrando tutta la sua soddisfazione nel vedere i progressi di ognuno di questi ragazzi, sottolineando però sempre la necessità di dover superare ogni stigmatizzazione e pregiudizio. E’ necessario dunque costruire nuovi spazi e situazioni in cui sia possibile stabilire relazioni e scambi tra “sani” e “malati”. Dare alle persone uno stimolo per sviluppare le proprie risorse e poi riuscire a dare continuità a questo stimolo. Ed è questo che la Polisportiva Aurora sta cercando di fare con tutte le sue forze da oltre vent’anni. Di fondamentale importanza è, però, l’inclusione e l’integrazione, ed è proprio per favorire questi processi che in primavera sarà organizzata a Prato la giornata paraolimpica. “Prato deve lavorare molto sull’inclusione e l’integrazione, deve mettere in luce quella che è la vera cultura dello sport. Per questo durante questa giornata, che poi avrà cadenza annuale, vorremmo mettere insieme tutte le discipline”, sottolinea Salvatore Conte, delegato provinciale del Comitato Paralimpico Italiano (Cip). Compito del Cip è proprio quello di favorire processi di sensibilizzazione, volti a coinvolgere tutti, a partire dalle scuole e realizzare interventi e percorsi motori per bambini normodotati, fattibili anche dai disabili. “Lo sport si fa insieme a tutti. Credo che tutte le federazioni debbano organizzare attività sportiva anche per disabili, perché tutti hanno diritto di giocare insieme. Come Cip a tal proposito stiamo anche cercando di far conoscere le discipline paraolimpiche nelle scuole, perché vogliamo guadagnare ogni giorno una persona in più allo sport”. E’ necessario quindi continuare con forza ed energia ad abbattere ogni tipo di barriera, architettonica e non, e promuovere a 360 gradi la pratica dello sport come strumento d’integrazione e inclusione sociale. Non importa solo vincere ma, come affermano gli atleti dello Special Olympics nel loro giuramento “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”.