Al Fabbricone le ultime repliche della nuova produzione del Metastasio con la sua regia, “Quai Ouest” di Koltès (in scena fino al 2 dicembre). Che lavoro ha fatto su questo spettacolo?
Quai Ouest è un testo graffiante, crudele che annuncia la fine della nostra cultura e della nostra civiltà. Un grido che ci ha lasciato Koltès, persona straordinaria che ho avuto la fortuna di conoscere. E’ un testo crudele perché accentua, non imita. Il teatro non è imitazione della vita. Infatti, la vita è molto più forte del teatro. Questo spettacolo è un grido meravigliosamente ottimista, perché attende una risposta: la risposta la devono dare gli spettatori. Come tutte le grandi opere di critica questo testo fa violenza ai valori morali e politici sui quali è basata la nostra società, mettendo in discussione non solo la sopravvivenza della nostra cultura, ma quella dei nostri popoli. E lo fa in modo tragicomico, analizzandoci con la curiosità che ha il bambino quando scopre per la prima volta il formicaio
Lo scorso mese ha ricevuto un premio alla carriera a Sarajevo e assieme alla compagnia del Metastasio ha portato proprio lì “Giochi di famiglia”. Cosa ha rappresentato per lei tutto questo?
Nel 1991 fui mandato via da lì, mi fu proibito per quattro anni di lavorare in Croazia, andai a vivere a Vienna. Sarajevo è stata la città della mia giovinezza dove finiva una festa e ne iniziava un’altra. Sarajevo è una città che stava attenta alle avanguardie. Sarajevo è stata distrutta con la complicità dell’Europa, perché simbolo di una tolleranza culturale che per alcuni non era concepibile. Le religioni erano solo un’identificazione culturale, non erano un credo, né fondamentalismi.
Per me questo premio ha significato tantissimo: in più mi è stato consegnato al museo di arte moderna Ars Aevi, un luogo fortemente voluto dal Centro Pecci di Prato, che durante i bombardamenti a Sarajevo si mosse per realizzare questo progetto. Grazie a un’iniziativa di Prato insomma, una doppia commozione.
Durante le repliche dello spettacolo, invece, mi sono successe cose che hanno dell’incredibile: persone che non avevo mai visto mi abbracciavano piangendo, ringraziandomi del lavoro fatto con “Giochi di famiglia”, dove il teatro diventa fantasia su una realtà e una storia terribile senza imitarla, ma raccontandola in maniera onesta, una storia che quelle popolazioni hanno vissuto sulla loro pelle.
Un suo commento sulla stagione appena iniziata, prima con Ronconi e ora con la nuova produzione e che continuerà per tutto l’anno.
Non ci sono stagioni senza errori. Però a volte, due o tre piccoli errori ti fanno apprezzare al meglio la bellezza. Quando si guarda la “Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello, si nota un piccolo cane in basso e ci si domanda cosa ci stia a fare in mezzo a quella maestosità e caos di cavalli, lance e cavalieri. Quel cane è il piccolo errore attraverso cui si riconosce la bellezza. E’ comunque una stagione che vuole guardare al futuro.
Il futuro del Metastasio come lo vede?
Il futuro del Metastasio è in mano a un decreto, deciso da burocrati. In Italia la continua instabilità è dovuta a loro, che poi si ritrovano i padroni di questo Paese, soprattutto a livelli ministeriali. Il Metastasio ha fatto un grande lavoro nella direzione di quel decreto, prima che questo esistesse. Un lavoro che è stato anche imitato a giro per l’Italia in altri teatri. Queste sono riforme che aumentano le contraddizioni e le criticità del sistema teatrale. In questo Paese non si è capito questa cosa: ammazzare cultura, scuola e sanità vuol dire ammazzare il popolo.
In questi mesi di discussioni su questo decreto ci sono e ci sono stati tanti “giocatori di poker” che faranno il gioco delle tre carte fino all’ultimo: il Metastasio ha investito negli ultimi 50 anni nella città di Prato 100 milioni di euro. Ha investito mezzo secolo di creatività, ha restituito alla città molto di più. Se a Prato venisse tolta la specificità del teatro, l’importanza culturale di questo teatro, questa diventerebbe la città ideale per suicidarsi. E quindi propongo all’amministrazione, semmai succedesse, di investire in cliniche per il suicidio assistito. Ma io confido nel lavoro e nella serietà della nuova presidenza del Metastasio e spero che questo investimento venga risparmiato.