Bulli di sapone è uno spot contro il bullismo, realizzato da Roberto Gandini e Gian Luca Rame all’interno delle attività del Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli (attività promossa e organizzata da Teatro di Roma, Roma Capitale, Assessorato Sostegno Sociale e Sussidiarietà, Ufficio Scolastico Regionale del Lazio) e in collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down di Roma (Aipd). A metterlo in scena, 20 ragazzi: attori, allievi del laboratorio e giovani disabili, tutti tra i 20 e i 30 anni. Il risultato: un suggestivo spot impregnato sulla frase “Il bullo non è un clown, è un pagliaccio”, che è stato proiettato per la prima volta l’11 novembre scorso in Campidoglio, davanti a una platea di studenti romani, e che dovrebbe essere imposto in ogni scuola d’Italia, a cominciare da Prato.
Il fenomeno del bullismo, infatti, resta imperante e a stupire è che lo si ritrovi sempre più spesso fra i bambini delle primarie. Chiara Buti, psicologa pratese esperta del settore, ha raccontato esattamente due mesi fa a Pratosfera quanto sia allarmante che l’età dei bulli si sia abbassata tanto: “Si contano numerosi casi persino alle Primarie, e anche nelle Primarie pratesi sia chiaro”, ha precisato, aggiungendo quanto stia dilagando il bullismo femminile, specchio dell’evoluzione della donna e della sua immagine. “Prato – ha sottolineato – ha bisogno di ricevere più attenzione su questa tematica, perché non solo incide sull’infanzia, ma andrà a forgiare i cittadini del futuro. Le intenzioni di chi se ne occupa sono sempre nobili, ma poi c’è difficoltà nel sostenerle. Non è così semplice. Sarebbe importante che l’amministrazione comunale stanziasse fondi ad hoc per martellare i nostri giovani ed evitare una degenerazione. Ci sono posti, come Lucca, per esempio, dove il Comune sta mettendo su da tempo campagne meravigliosamente utili e molto concrete perché costruttive e capillari. Potremmo fare come loro anche qui a Prato e nei comuni della provincia. Basta volerlo”.
Ed è per esempio di dieci giorni fa la notizia del bambino pratese che “voleva buttarsi dalla finestra della classe perché non ce la faceva più, perché i compagni, soprattutto durante le lezioni di un’insegnante, lo spintonano e lo prendono in giro, quando non gli rubano l’astuccio…. Abbiamo avuto la conferma del suo gesto direttamente da lui. Nostro figlio in lacrime ci ha detto che non ce la faceva più” (Fonte: La Nazione).
E resta solo da immaginare quanti casi di bullismo sommerso ci siano, quanti casi di genitori disperati che preferiscono togliere il figlio dalla scuola per evitare che soffra ancora, o che magari una denuncia possa condannarlo a ulteriori violenze e sopraffazioni. È questo il caso di un ragazzino di 8 anni, di Prato, che dopo aver subito vari episodi di violenza nei bagni o nelle ore di ricreazione ha implorato la madre di cambiargli scuola senza “fare confusione”.
“Tornava a casa con i lividi, con dolori alla pancia. Con estrema delicatezza sono riuscita a farmi raccontare dei calci e dei cazzotti e in lacrime mi ha detto delle testate contro il muro che il solito gruppetto di bulli si divertiva a fargli battere – ha raccontato una madre a Pratosfera -. Ne ho parlato con la preside, con le maestre,volevo rivoltare il mondo, poi quando ho visto che non se ne usciva ho ascoltato le preghiere di mio figlio e l’ho portato in un’altra scuola senza sporgere denuncia. Certo non prima, però, di aver segnalato tutto all’Ufficio scolastico provinciale. Adesso? È finalmente sereno e non c’è mattina che non mi ringrazi per avergli cambiato scuola. Di una cosa però mi rammarico: il bullismo resta e ignorarlo non lo risolve”.