“È un malessere sociale fortemente diffuso, sinonimo di un disagio relazionale che si manifesta soprattutto tra adolescenti e giovani, ma sicuramente non circoscritto a nessuna categoria né sociale né tanto meno anagrafica. Si evolve con l’età. Cambia forma. E in età adulta lo ritroviamo nelle tante prevaricazioni sociali, lavorative e familiari”. Di cosa stiamo parlando? Del bullismo, quel fenomeno che si palesa quando “uno studente è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive di uno o più compagni”.
Da una recente indagine sul bullismo nelle scuole superiori italiane emerge che un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica, e che il 33 percento è vittima di abusi ricorrenti. Fra queste, a dominare sono gli abusi verbali e psicologici: il 42 percento dichiara di essere stato preso in giro, il 30 di aver subito offese e il 23,4 di aver subito calunnie. Fra chi è stato vittima di violenza piscologica, il 3,4 ha denunciato di essersi sentito solo e l’11 di aver subito minacce al fine di insabbiare la faccenda. Questi dati, rintracciati su Informagiovani, danno un quadro devastante che va a peggiorare considerando che negli ultimi anni è sopraggiunto un fenomeno nuovo, specchio dei tempi: il cyberbullismo o bullismo elettronico, per dirla all’italiana. Questa relativamente nuova forma di persecuzione, utile anche a chi non vuol metterci la faccia, usa vari mezzi hi-tech per perseguire le proprie vittime. Dunque sms, e-mail, chat, e poi blog e social network diventano i canali di trasmissione della violenza. Una violenza che dilaga a macchia d’olio via web. Rispetto al bullo classico, il cyberbullo è più difficilmente rintracciabile – grazie alla maschera virtuale che può crearsi – e ha il potere di non lasciare mai in pace chi è preso di mira. Nemmeno a casa. Può dunque penetrare nella sicurezza delle mura domestiche e sgretolare la personalità della sua vittima. E questo anonimato – secondo gli esperti – dà la possibilità anche a chi di persona non sarebbe capace di togliere un capello a chicchessia di farsi persecutore per un giorno o per anni. Un fenomeno molto serio e in via d’espansione che sta preoccupando famiglie, scuole, amministrazioni comunali e forze dell’ordine.
Anche Prato, naturalmente, non ne è immune e anche se mancano dati certi specialmente sul fenomeno elettronico, le prese di posizione di scuole e istituzioni sono chiare e inequivocabili: tolleranza zero. Il problema è poi trovare la forza e i fondi per concretizzare le buone intenzioni. E navigando sul web per le varie pagine locali, è facile incontrare siti di gruppi, associazioni e istituzioni che si occupano del fenomeno a 360 gradi, ma è evidente come non siano ancora riusciti a creare un fronte comune veramente operativo. Le iniziative sono tante e variegate, la voglia di costituire un fronte comune per combatterlo è grande, ma la concretezza dei risultati lascia ancora a desiderare.
Chiara Buti, psicologa pratese esperta del fenomeno, ci ha spiegato come molto spesso le azioni più serie in tal senso dipendino totalmente dalla sensibilità dei presidi degli istituti. Pare che non ci sia un vademecum comune, una regola guida che imponga progetti comuni e capillari: tutto è in mano alle singole scuole. E, vista la nota scarsità di fondi di cui le scuole dispongono, tutto dipende dal grado di priorità che ogni singolo docente o dirigente dà al bullismo e alla sua forma virtuale. Eppure sono fenomeni in crescita.
“Il fatto che scuole da sempre meno propense a trattare tematiche di devianza giovanile come il Buzzi e il Copernico abbiano iniziato a organizzare iniziative del genere dimostra che anche qui questa forma di violenza sia in piena ascesa – ci spiega -. E la cosa più allarmante è che l’età dei bulli si abbassa sempre di più. Si contano numerosi casi persino alle Primarie. E un altro dato inquietante è che è in crescita il bullismo femminile, specchio dell’evoluzione della donna e della sua immagine. Prato ha bisogno di ricevere più attenzione su questa tematica tanto importante, capace di forgiare i cittadini del futuro. Le intenzioni di chi se ne occupa sono sempre nobili, ma poi c’è difficoltà nel sostenerle. Non è così semplice. Sarebbe importante che l’amministrazione comunale stanziasse fondi ad hoc per martellare i nostri giovani ed evitare una degenerazione. Ci sono posti, come Lucca, per esempio, dove il Comune sta mettendo su da tempo campagne meravigliosamente utili e molto concrete perché costruttive e capillari. Potremmo fare come loro anche qui a Prato e nei comuni della provincia. Basta volerlo”.