Gian Piero Alloisio è sempre stato un cantautore all’ombra. La sua sfortuna – o piuttosto la sua fortuna – è stata quella di essere stimato e amato, più che dal grande pubblico, da personaggi di calibro nettamente più alto del suo: Giorgio Gaber e Francesco Guccini, su tutti. Il secondo l’ha aiutato a trovare un contratto discografico negli anni ‘70 quando con il suo ensemble di fricchettoni genovesi, L’Assemblea Musicale Teatrale, suonava in tutti i palchi occupati dell’epoca (e ancora okkupati si scriveva senza la k) e, in seguito, gli ha letteralmente saccheggiato il repertorio per colmare spesso i vuoti d’ispirazione degli ultimi dischi (sue sono Venezia, Milano, Gulliver, Dovevo fare del cinema e molte altre seminascoste perle gucciniane).
Giorgio Gaber invece prima gli regala una canzone per il suo primo disco solista (la bellissima “Il dilemma”, ripresa anche da Gaber in Anni Affollati e in diversi spettacoli degli anni 80-90), poi lo chiama a collaborare con lui per diecimila progetti collaterali al suo teatro-canzone. Di fatto nulla di quello che ha cantato Gaber – eccezion fatta per “La strana famiglia” – è firmata Gaber/Alloisio, ma insieme hanno firmato qualcosa come dieci spettacoli teatrali per altri – Ombretta Colli in testa – e un mucchio di canzoni, forse una ventina, difficile stabilirne l’esatto numero non facendo parte della discografia ufficiale/teatrale di Gaber.
A dieci anni dalla scomparsa di Gaber, Alloisio decide di rimetterlo in scena, e “Il mio amico Giorgio Gaber” di fatto è la storia di un’amicizia, non priva di momenti di ilarità e di commozione. Gli aneddoti che Alloisio ha raccontato nel cortile della Biblioteca Lazzerini ieri sera di sicuro non si trovano in nessuna delle biografie ufficiali e non che Gaber ha dovuto subire dopo la sua morte. Il racconto, più che sui fatti, è giocato sulle emozioni, sulle modalità di lavoro, su quando e quanto si sono confrontati, incazzati, abbracciati.
E questi racconti probabilmente sono la cosa più intensa e centrata dello spettacolo di Alloisio. Racconti a cui collabora anche Gianni Martini, chitarrista di Gaber per quasi vent’anni (e prima ancora chitarrista dell’Assemblea Musicale Teatrale) che condivide con Alloisio il palco, e che ci regala un ricordo degli ultimi momenti in studio di Gaber, una delle cose più emozionanti che sono state raccontate durante la serata. Quanto alla scelta delle canzoni, accanto a pezzi come L’Illogica Allegria o Far Finta Di Essere Sani, di indiscutibile bellezza e valore, Alloisio ha indugiato forse un po’ troppo sul Gaber più leggero, acerbo o godi-popolo, con Barbera e Champagne, Lo Shampoo, Torpedo Blu e via andare.
Probabilmente si poteva osare di più, magari con qualche battito di mani a tempo in meno. Però la sua versione, autenticamente drammatica, di un pezzo quasi dimenticato come Ora Che Non Sono Più Innamorato riconcilia anche con le piccole furbate di cui sopra. E comunque, citando parzialmente Jannacci, sarà ancora bello quando si canta e si parla di Gaber, in ogni caso, in ogni modo.
(Foto: Matteo Tofani)