Domenico Modugno è come la Gioconda o come la Torre di Pisa: un monumento che ormai appartiene all’umanità intera, un brivido di bellezza senza più nazionalità
Lino Patruno
Iniziamo dalla fine: Domenico Modugno è stato il primo grande rivoluzionario della canzone italiana, leggera e d’autore (il secondo è stato Lucio Dalla, ma questa è un’altra storia). E’ un personaggio chiave: negli anni 50/60 ha contribuito più di altri a cambiare i moduli di scrittura e di interpretazione, spezzando il cinquantennale immobilismo della canzone italiana, da inizio secolo al dopoguerra. In perfetto equilibrio tra tradizione ed innovazione, ha saputo indicare e la strada da percorrere alla generazione di autori-cantanti che verranno dopo di lui, i vari Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Gino Paoli e Giorgio Gaber.
Prima di “Nel Blu dipinto di blu”. Modugno nasce come attore: inizialmente Mimmo canta solo con la chitarra nelle osterie di Torino e poi Roma, dove si trasferisce in cerca di successo, per raccattare qualche spicciolo.
Nel 1953 iniziano ad uscire le sue prime canzoni La sveglietta, La cicoria, La donna riccia, Lu pisci spada e sviluppa la capacità a scrivere tranquillamente canzoni in dialetto napoletano. Nel 1955 esce Vecchio Frack, una canzone elegante, semplice e altamente poetica, chitarra e voce: un mambo moderato, amaro e struggente. Il primo vero successo di Modugno è Musetto proposta a Sanremo da Gianni Mazzocchi e poi cantata dal Quartetto Cedra; l’anno dopo arriva Resta cu’mme, O caffè, Lazzarella e Strada nfosa, tutte con discreto successo.
Modugno diventa “Mr. Volare”. Quando arriva a Sanremo il 30 gennaio 1958 con “Nel blu dipinto di blu”, quindi, è un cantante “emergente”, di cui i critici parlano, ma che ancora non è stato consacrato. Dopo la sua interpretazione al Festival di Sanremo, la canzone italiana non fu più la stessa. “Sentivo il bisogno, un bisogno naturale – ammette Modugno nelle interviste dell’epoca – di rompere con tutto quel mondo di canzoni sdolcinate, piene di sentimenti provincialmente patetici, espresse da voci tutte uguali: sentivo il bisogno di trovare un modo diverso di cantare, di urlare i sentimenti, incavolarsi mentre le dicevo”. Nel Blu dipinto di blu divenne la canzone italiana più famosa (come tante altre di Modugno a seguire, basti pensare che Dio come ti amo rimase in classifica in Brasile per 12 anni), una delle canzoni più vendute al mondo, con oltre 22 milioni di copie acquistate. La canzone non determina una rivoluzione solo a livello interpretativo, ma anche a livello di testo: qualcuno vide in questa un esempio di “ermetismo” in canzone, stabilendo paralleli con Montale, Quasimodo e Ungaretti o anche la fantasia simbolica di Chagall. Le braccia spalancate di Mimmo sono diventate simbolo di un’Italia in pieno boom economico che sognava di spiccare il volo assieme al suo nuovo eroe nazionale.
Da quel momento, più di prima, Modugno è libero di fare quello che vuole e di sperimentarsi in più vesti: dal teatro al varietà, dalla canzone impegnata alla canzonetta, da scrivere canzoni con Pasolini (Che cosa sono le nuvole?) a fare spettacoli con Garinei & Giovannini.
L’ignorante passa e non si accorge delle cose, la cultura ti fa vedere e notare quello che ti circonda: la mucca, la donna che allatta il bambino, i campi, il carrettiere. Li noto e li traduco in canzone
Domenico Modugno
Nel 1964 trionfa al Festival della canzone napoletana con Tu si na cosa grande, anche criticata dal pubblico partenopeo, presto spiegato il motivo: si rimproverava a Modugno di aver inserito all’interno di una canzone in dialetto la parola “grande”, che in napoletano non esiste, ma sarebbe stato “grossa”. E Mimmo rispondeva: “questa è una donna che amo, mica una donna incinta, immaginatemi a cantare ‘Tu si na cosa grossa’! E’ licenza poetica”.
Domenico Modugno partecipa nella sua carriera a 11 festival di Sanremo, come autore o come interprete, vincendone quattro in totale. Nella sua carriera tanti i flop, molte critiche ma è sempre stato sulla cresta dell’onda fino a quando il 12 giugno 1984 durante la registrazione della trasmissione di Canale 5 La Luna del Pozzo, negli studi televisivi di Cologno Monzese, fu colpito da un ictus, che decretò il suo ritiro definitivo dalle scene e l’inizio del suo impegno politico per poi morire a 66 anni il 6 agosto del 1994, per infarto.
Nella mia carriera artistica ho sempre cercato qualcosa di nuovo, a costo di andare controcorrente o di sbagliare clamorosamente, contro al conformismo del nuovo a tutti i costi: oggi tutti vogliono fare il nuovo, essere nuovi, vestire in maniera nuovo. E tutto questo nuovo rende tutto uguale
Domenico Modugno