Dalla mia vallata natìa, ecco arrivare Maurizio “Karioki” Bianchini con il suo “Danny Ocean”. Un racconto del tutto particolare, che mischia atmosfere di paese con lustrini hollywodiani, narrato con una prosa singolare dal taglio un po’ freak. Tanti di noi paesani non faranno fatica a riconoscere in Bianchetto, Certini, e soprattutto in Giammarco detto Danny, Danny Ocean, altrettanti corrispettivi locali con i loro tratti caratteristici. E le scorribande dei tre, degne di “Una notte da leoni”, sono aneddoti che girano in tutti i bar e i circoli d’Italia. Quindi coraggio, riempitevi il bicchiere di Lagavulin (o di un più prosaico prosecchino) e immergetevi nella lettura. Alla settimana prossima.
Danny Ocean
Lo chiamavano tutti Danny Ocean perché le donne quando parlavano di lui lo sospiravan più bello del Clooney. Il fatto poi che giocasse e scommettesse praticamente su tutto gli incollò quel nome direttamente sul set di documenti. Lo chiamavano così gli amici del bar ed i nemici del poker. Tutti i parenti ed il nonno finanche il sindaco. L’appuntato mamma e papà. Persino lo psicologo e all’anagrafe lo chiamavano Danny.
Solo la Mariella si ostinava con quel pomposo Giammarco che appena la sentivano scattavan tutti sugl’attenti. Anche se quello era il suo vero nome e lei la fidanzata sto(r)ica. Quindici anni a patire e piangere per questo fannullone bell’imbusto che di metter su famiglia non ne voleva proprio sapere. Che la Mariellina era una trentacinquenne da sposare altrochè. Brava disponibile e gentile sempre con tutti. Bella e con un fisico ben tenuto ad illudere la palestra mentre si sfogava di steep. Seria e tutte le domeniche alla funzione a impressionar del Vangelo. E poi il padre e la madre. Gente tanto per bene.
Se le malelingue avevan da ridir qualcosa su di lui era solo sul fatto che era ricco di famiglia. Ma si trattava di piccole gelosie e niente di più. Anche se di questa fortuna non se n’era mai fatta una colpa intendiamoci. Come della vita non ne aveva mai fatto questioni di classe sociale o concetti filosofici e men che meno meritocratici. Che a lui del ceto e della politica fregava come una tris che va di fantini sleali buttati in contumacia dietro sbarre cassate. Ed il mondo lo divideva con semplicità in due categorie. I giocatori e tutti gli altri. Anche se sui giocatori aveva poi una serie infinita di profili e teorie che esponeva incessante. Ma riconosceva convinto che alzarsi tardi e giusto per lo spuntino delle15dici era un bel privilegio. Soprattutto se hai finito quella dannata Teresina alle sei del mattino a casa del Certini lasciando sul tavolo (verde) della cucina tre bei pezzi da cento mentre la moglie si alzava ad inveire contro tutti incazzata nera.
Che al Danny se lo guardavi bene era bello per davvero. Alto sull’ottanta e pettorali da tre volte a settimana. Che anche se era diventato un vizioso del gioco di tener tonico l’aspetto non s’era mai dimenticato. Dentatura vip e i capelli scuri da copertina che andava ogni quindici giorni in città in quel famoso salone a farsi fare i ritocchini. Due pacchetti di Marlboro rosse Mercedes cabrio e via andare. La mascella da telenovella ma senza tirarsela fino ad usar persino creme antirughe. Che a 40anni scalpitano. Ma questa non si doveva sapere in giro e quindi non ve l’ho detta. Mi raccomando.
Sul Danny e la sua cricca giravano delle leggende da far impallidire il Batman.
Come quella volta che partiron per Venezia perché aveva sognato chiaro il suo preferito Lucio Battisti che gli ordinava (Sì sì ordinava. Mi ha detto proprio così) di andar subito a puntar deciso tremila robusti euri sul ventidue al tavolo 4 del casinò su in laguna.
Chiaramente la proposta passò all’unanimità in due minuti secchi perché con i sogni non ci si scherza mica. L’unico problema casomai era trovare una scusa per la moglie del Certini che passavano un momentaccio. I funerali credibili oramai se li eran giocati tutti e far morire la gente due volte pare brutto. Ed il Bianchetto si era stancato di dover passar sempre per quello che si sentiva male e lo dovevan portar d’urgenza che alla fine mi succede qualcosa sul serio diceva. Poi con la promessa che avrebbe viaggiato seduto davanti andata e ritorno cedette e si optò per una colica di reni che anche se gli veniva davvero di solito non son pericolose. Lo tranquillizzò il Danny. Ed i preparativi diventarono operativi.
Tutti sanno che quella mattina quando si fermarono a fare il pieno nel distributore e a al bancomat del paese erano lui il Certini il Bianchetto e basta. Ma acquattato dietro c’era pure il mitico dott. Gattai. Anche se questa ce la teniamo per noi dato che la moglie è sempre stata convinta che fosse andato a Benevento per un simposio sulla prostata.
Di quella serata lì esistono almeno quattro versioni di cui due poco attendibili. Di sicuro fu il Certini che nell’atto dell’entrata trionfale ricambiato come un modello e con i mocassini neri Paciotti che li aveva pagati una fortuna scivolò sui marmi crollando a terra indecoroso. E gìà da qui le versioni cambiano. Sì perché c’è chi sostiene che mentre cadeva si aggrappò stappandolo al tailleur di una signora austera lasciandola scandalizzata in biancheria ma rialzandosi tirò via due pezzi da 500ento e glieli mise tra le mani persuadendola con un bondiano e seducente mi scusi e se ne compri un altro cara.
Ma questa era una mossa che non rientrava nel suo budget né nel suo stile e dunque non solo bollata come un’esagerazione emozional/narrativa. Ma con grande disappunto del Certini medesimo che la vedeva invece bene raccontata così. Tracimata senza appello tra le versioni poco attendibili.
L’entrata del Danny invece ce l’hanno ancora tutti davanti agli occhi. Con le mani in tasca fasciato in quell’Armani fumo di Londra e la marlboro piegata tra le labbra che infilava un cinquanta nel taschino di un security chiedendo distante ed ispirato mi può indicare dov’è locato il tavolo numero 4? Che il Bianchetto sostiene che si precipitò addirittura il direttore ad accompagnarlo.
Tutte e quattro le versioni concordano che si sedette alla desta del croupè sistemando giocoliere le fishes e le sigarette mentre ordinava un Lagavulin. Doppio. Fece poi passare un giro osservando competente gli altri giocatori ed al successivo fate il vostro gioco posò tre fiches sul nero ventidue. Quelle da mille euro cadauna per intenderci. In due versioni si sostiene che il croupier prima di lanciare la pallina lo radiografò e stupì dell’indifferenza e della classe. Quando la sfera destina iniziò a girare il Certini e Bianchetto erano appoggiati ad una slot con visuale ottimale che il Certini. Anche se adesso non lo dice. Non ci credeva che.
Il Danny era solo ed instillato perché al tavolo della roulette non voleva gente dietro mentre il Gattai senza perder d’occhio gli eventi si stava scaldando al Black Jack con poca fortuna. Ma il dott era un diesel. Lo dicevano tutti.
Furono momenti interminabili che si stamparono nell’espressioni dei compari. Danny invece in quel momento era da un’altra parte. Con ogni probabilità nel nirvana dei giocatori a cerimoniar quei due secondi che per qualcuno voglion dire una vita. O forse catapultato in quel cono d’intensità che si sintetizzava tra semi numeri combinazioni e impossibili possibilità. Di sicuro però era lì quando la pallina si fermò incasellata nella ghiera della roulette. E vide ben bene dove si era fermata. Dove aveva deciso di dare una spallata alle norme e alle regole. Che sberleffo stava dispensando alla vita ordinaria ed ai suoi patetici numeri.
Proprio sul ventidue. Proprio lì.
108.000 euro si ritrovò appoggiati di fianco al baloon svuotato e al mezzo pacchetto di Marlboro.
Centoooottomila.
Conosco gente per bene che c’ha impiegato due generazioni per metter su una cifra così.
E secondo voi cosa fece a questo punto Danny? Tirò su il malloppo e se ne andò? Si mise a saltare dalla felicità? Fece stappare lo champagne migliore? Si mise a messaggiare la vincita a tutti?
Niente di tutto questo. Lanciò una fiche nera al croupier che annuì e con freddezza calcolata radunò gli amici che complimentavano mentre si viveva quel momento di trance che riassumeva il compendio del giocatore. Tirò via ottomila euro per le spese e smazzò in quattro parti la vincita pronunciando una di quelle frasi che ti fanno entrare direttamente nella leggenda senza neanche passar dal via.
Prego ragazzi servitevi e divertitevi.
E si divertirono eccome. Si sguinzagliarono per le sale del casinò a dispensare fiches sfidando con ardore la dea
bendata che però quel giorno il suo obolo l’aveva pagato e quindi poi fu picche per tutti. Così al mattino non solo avevano perso tutto ma Danny e il Gattai ci misero sopra altri tremila. Quasi con soddisfazione verrebbe da dire. Senza contare poi i mille a testa che spesero nel selezionare dal catalogo deluxe dell’agenzia di modelle più cool della città le quattro ragazze che omaggiarono il loro riposo in laguna.
Perché come sentenziò un Certini particolarmente ispirato lungo la strada del ritorno mentre il Gattai confidava un po’ arrossito le acrobazie della signorina avendo però da dir la sua sull’obolo.
Quando si va in trasferta non ci si deve far mancar niente!
Carlino! Racconta un po’ ai pivelli qua del video poker perché ti chiamano tutti Bianchetto! Al Certini piaceva sfottere quei cupi giocatori imbambolati da quelle macchinette che lui e pure il Danny disprezzavano. Per loro il gioco era movimento e fantasia. Una sfida alle regole e alla logica. Cervello ed imprevedibilità. Esperienza e un po’ di culo. E non capivano quei quattro bischeri che dilapidavano i salari a spingere bottoni lampeggianti.
Non erano giocatori veri per loro.
Lascia perdere che oramai la sanno tutti. Replicò il Bianchetto falso modesto.
Ma se lui si crede di star lì a far la star infierendo su quei poveri spingibottoni per sviare gli indizi allora ve la racconto io.
Tutto iniziò quando il Danny si mise a teorizzare un’uscita di classe al casinò di Montecarlo. Con un puntiglio di dettagli e cifre che impressionò tutti. Secondo i suoi calcoli per un week end senza rischiare figuracce tra tavoli verdi e vizietti vari ci volevano un 70mila a testa. Se poi si vinceva era un’altra storia. Per lui non c’erano problemi a rimediare il budget ed il Certini se riusciva a far passare sotto il naso della moglie quel monolocale che aveva appena ereditato dalla ricca zia fiorentina era coperto. Il problema rimaneva Carlino che era impiegato nell’azienda dello zio e c’aveva il salario che era quel che era e diversi debitucci in giro ma senza strafare. Un bell’ostacolo. Anche se aveva già deciso che se non ce la faceva una mano gliela avrebbe data lui. In trasferta senza il Carlino no davvero. Concluse in privato il Danny che. A modo suo. C’aveva un cuore grande così.
Si scervellò il mitico Carlino in quei giorni. Dalla razionalità alla fantasia provò e riprovò ma non trovava la soluzione. Poi quando ricevette l’acconto che aveva chiesto allo zio che c’ho la macchina da riparare gli si accese la lampadina. In fondo cosa ci voleva pensò. Bastava con un po’ di bianchetto cancellare dall’assegno quella quasi offensiva cifra di 7cento euro e cambiarla con un bel 70mila. Che tra l’altro pensò convinto che per un uomo con uno scopo come il suo eran più che meritati.
E lo fece. Spalmò il bianchetto e con la penna dello stesso colore scrisse la cifra e si presentò in banca tranquillo per riscuotere l’assegno. Il cassiere quando lesse l’importo alzò gli occhi e su un gioco di luce scoprì chiaramente la correzione chiamando immediatamente il direttore mentre il Carlino un po’ in flagrante protestava con un lei comunque me lo cambi. Poi casomai passa mio zio. Gli andò di lusso che un impiegato che lo conosceva lo chiamò e arrivò appena in tempo che il direttore stava già telefonando ai carabinieri. E tutta la faccenda fu archiviata con una pedata nel culo e un quanto sarai coglione eh?
Che il Ghianda gli voleva bene a suo nipote. Anche se lui giocatore non lo era ma puttaniere sì.
Per i night della zona ci aveva lasciato orgogliosamente due agriturismi e non so quanti ettari di castagno.
Per la cronaca. Quella trasferta purtroppo rimase solo una chimera ma da quel giorno il Carlino cambiò pelle e nome e diventò per tutti Bianchetto.
Giammarco scusami ma oggi dobbiamo parlare seriamente. Eccoci. Era passato un altro mese. Infatti il Danny aveva notato che da tempo la Mariella. Precisa come un ciclo mestruale. Gli attaccava il bottone che più odiava. Questa volta però aveva tirato fuori la salute del padre e quando iniziava da lì bisognava portar pazienza. Giammarco hai quarant’anni. Lo capisci? Non sei più un ragazzino. Quando comprenderai che la vita non è solo gioco e divertimento? Quando inizierai ad assumerti delle responsabilità?
Piccola Mariella. Aveva ragione e in fondo la capiva se era delusa dal suo comportamento. Vedeva la vita come un gioco. Era proprio così. Era più forte di lui. Aveva preferito e deciso di usare la fortuna di esser ricco per divertirsi e godersela con gli amici. Era vero. A differenza di tanti ricchi di sua conoscenza che nell’arroganza e nella saccenza propiziavano l’agio sociale e sul peso del loro conto corrente la giustificazione per porcate di inutile ingordigia e guardando senza mai fissar codardi gli sguardi di nessuno.
E a lui quel genere di gente lì stava proprio pesa.
Perché ci son mille modi per esser ricchi ma solo uno per esser signori.
Si ripeteva insospettabile e samurai quando li sentiva parlare sempre a voce troppo alta.
Più di uno l’aveva persino criticato ad una noiosa cena dei Lions che suo padre pover’uomo ci teneva tanto per l’amicizia “con quel morto di fame” del Carlino. Pensa un po’ che classe e che finezza. Raccontò poi sprezzante ad un Certini che si aggiunse intonato al coro di infamie perché guai a toccargli il Bianchetto.
Però sulla storia della responsabilità la Mariella si sbagliava dai. Concludeva tra sé. Andare a vedere il Gattai servito di mano con un tris di re gli era sembrata invece una bella responsabilità presa giusta tre ore prima. Anche se aveva capito da subito che bluffava. Ma non era questo il momento di dirle certe cose. Anzi. Le prese tra le mani quel dolce viso candido impreziosito da un trucco leggero e dopo un bel bacio le sussurrò. Amore hai ragione. Ma le cose stanno per cambiare te lo prometto. Intanto ho una sorpresa per te. Andiamo a fare un bel viaggio. Ti porto in America. La Mariella lo acquerellò di paesaggio con moglie sognante e si mise a piangere dolcemente petali di rose mentre sospirava un bel ti amo a colori.
E che cavolo ci vai a fare in America? La porti a vedere l’orso Yoghi? Lo canzonavano al bar gli amici e le comparse che il Danny lo ammiravano come ad un divo. Girandosi con il prosecchino a mezz’asta fissò tutti con quell’occhiata canaglia che gl’intimi conoscevano bene e li stupì ancora una volta con un branco di bifolchi. Mai sentito parlare di Las Vegas?
E fu proprio dopo una settimana passata ad aspettarlo tra i casinò di Las Vegas che la dolce Mariella dissanguò le ultime speranze di vedere il suo Giammarco cambiato e maritato e si immolò rassegnata definitivamente senza giocarsela. Guadagnando però del calendario una posizione di tutto rispetto con tanto di nominativo in rosso. A viver nell’ombra della leggenda del grande Danny Ocean.