Da un anno, Katia e Marco (i nomi sono di fantasia) vengono a Prato tutti i giorni. Tutti i giorni si fanno 50 chilometri in treno e scendono a Prato al Serraglio per rincorrere la cosa di cui hanno più bisogno: la dose giornaliera. Sono tra i tanti pendolari dell’eroina che ogni giorno arrivano in via Pier Cironi. “Perché a Prato c’è la roba, non buona come una volta ma buona quanto basta per farci tornare – raccontano – e poi costa il giusto, 35/40 euro al grammo: con una pallina da 10 euro ti sistemi per un po’”.
Il mercato nero
Li incontriamo un pomeriggio d’aprile. Marco è in calo e ha bisogno alla svelta di una dose, Katia invece sta meglio, si è appena fumata un po’ di cocaina. Stanno insieme da qualche anno e da qualche anno, tutti i giorni, rubano nei supermercati per trovare i soldi con cui procurarsi le dosi. “Gli scippi sono pericolosi, ognuno fa le sue scelte, le tossiche italiane si prostituiscono tutte ma noi non siamo dei violenti e io non faccio la puttana, abbiamo la nostra dignità – dice Katia – allora meglio i furti. Se tutto il mondo si facesse d’eroina, si sarebbe tutti più buoni”.
Marco apre il suo zaino e mostra la refurtiva di giornata: qualche birra, un paio di confezioni di carne in scatola, tonno, caffè. “I soldi per l’eroina li facciamo vendendo questa roba – racconta – rivendiamo tutto a metà prezzo a sette o otto vecchi, pensionati”. “Se non ci credi, guarda – aggiunge Katia allungando un libro aperto sulla terza di copertina. Dove, scritta a matita, campeggia una breve lista di alimenti: 1 ventresca, 2 caffè, 1 carne in scatola, 2 birre. “Ci fanno anche le ordinazioni – ammette – e specialmente sotto Natale e Pasqua si fanno dei bei soldi. Con noi risparmiano sulla spesa, ma non tutti sono buoni, alcuni sono dei veri bastardi e tirano sul prezzo”. “E io che ho bisogno della roba, cedo” conclude Marco.
Quella che raccontano è la storia di una solidarietà distorta, alimentata dalla miseria, dal bisogno e da una certa varietà di dipendenze che ogni giorno trovano libero sfogo sulle strade pratesi. “L’altro giorno, per esempio, uno di questi vecchi mi ha chiesto perché non smettevo con il mio vizietto – racconta Katia – io mi sono arrabbiata, gli risposto per le rime: se io smetto con l’eroina te come fai a comprare la carne a metà prezzo? e poi come fai a tenerti da parte i soldi per le marchette che ti fai fare? Questo gli ho detto”. E’ un cerchio che si chiude. Marco si sente male e corre in bagno.
La giornata di due eroinomani
Tutte le mattina, Katia e Marco si alzano presto come milioni di altre persone nel mondo.
“Il primo buco me lo sono fatto a 16 anni – dice lui – adesso ne ho 35 e l’eroina è la droga migliore che esista anche se non è più buona come quella che si trovava una volta”. Una volta, faceva il muratore. “Io invece mi faccio da quando stiamo insieme – racconta Katia – la roba l’avevo provata negli anni ’90 ma poi ho messo su un bar e ho lavorato 12 ore al giorno per anni. Ad un certo punto non ce la facevo a pagare l’affitto: ho mandato tutto a quel paese. Ma una cosa deve essere chiara: la mia tossicodipendenza riguarda solo me. E’ stata una scelta consapevole”.
Tutti giorni, Katia e Marco si muovono a tappe forzate. “Noi abitiamo a cinquanta chilometri da Prato e tutte le mattine ci svegliamo alle sette” comincia Marco. “Non ci sono sabati e non ci sono domeniche – aggiunge la compagna – prendiamo il bus alle 7,40, passiamo dal Sert per il metadone entro le 9 e poi andiamo in stazione”. Alla stazione, ogni giorno viene scelto un itinerario diverso, “e non paghiamo certo il biglietto” ride Katia. Un giorno è la Versilia, un altro l’entroterra. “Il giro lo dobbiamo cambiare perché sennò nei supermercati ci riconoscerebbero – spiega Katia – ma non va sempre bene, a volte ci beccano”. E piovono denunce.
E’ uno di quei giorni, e Marco si lamenta perché per colpa dei carabinieri gli mancano dieci euro a tirar su la giornata per l’eroina. “Fermano noi – dice – mica quelli che spacciano”. Così a concludere il racconto ci pensa Katia. “Comunque, diciamo verso l’una, per pranzo insomma, siamo sempre a Prato a vendere le nostre cose – comincia – e bisogna riuscire a venderle prima delle tre, perché poi arrivano altri vecchi e con quelli si guadagna poco o nulla. Una volta venduta roba andiamo in centro, in via Cironi, a comprare la roba e ci facciamo”. “Giusto uno schizzo, poi riprendiamo il nostro giro” precisa Marco. “Sì – riprende Katia – nel pomeriggio giriamo nei supermercati di Prato e dintorni per raccogliere un po’ di roba. Poi torniamo a venderla e compriamo quello che ci serve per la sera e la mattina dopo”. “Verso le sette e mezza riprendiamo il treno e cominciamo a tornare verso casa – aggiunge Marco – fino alla mattina successiva”. “Diciamo che se i tossici mettessero in qualcos’altro l’impegno e l’ingegno che mettono per procurarsi i soldi per la roba, sarebbero degli imprenditori coi fiocchi” conclude Katia, sorridendo. Marco si piega sul tavolo, poi si alza e torna in bagno.
Prato e l’eroina
Ogni giorno le strade del centro storico di Prato si riempiono di tossici. Via Pier Cironi, via Magnolfi, Canto alle tre gore e via Santa Margherita, per non parlare della passerella e degli argini del Bisenzio. Le cronache dei giornali riportano una lunga sequenza di overdosi, di proteste tra i residenti, di un diffuso scalpore tra chi qui viene anche solo per un giorno e si ritrova proiettato indietro di trent’anni, agli anni ottanta dell’invasione dell’eroina.
Tra gli arrivi giornalieri, anche tanti giovani. Katia e Marco, da veterani quali sono, hanno le idee precise sulle nuove leve che bazzicano le strade pratesi in cerca di droga. “Di giovani ce ne sono tanti sulla via ma a quindici o sedici anni sono in pochi a bucarsi – racconta Katia – la maggior parte l’eroina la fumano, magari ci aggiungono anche un po’ di coca e sono a posto. In questo modo non si sentono tossici, ma poi lo diventano lo stesso. E’ una tragedia. Non c’è alcuna consapevolezza”.
Sul perché invece sia stato scelto proprio il centro storico, la risposta poi è semplice. “Capisco la rabbia degli abitanti, ma è in centro storico che si trova l’eroina e la cocaina: in via Cironi e in via Santa Margherita, son queste le strade – ammette Katia – per non parlare poi del giardino della passerella, un luogo perfetto per il tossico: è appartato e c’è anche l’acqua con cui sciacquare le siringhe”.
Marco si agita sulla sedia. E poi s’arrabbia. “Perché l’eroinomane s’ammala? – sbotta – perché l’eroina è sporca di suo e se poi ci metti anche che nessuno ti vende o ti regala una siringa o un ago nuovo, allora le possibilità di ammalarti raddoppiano”. Tira fuori una astuccio di colore sgargiante come quelli che si usano a scuola. Solo che invece delle matite colorate contiene una siringa, due aghi e un cucchiaio. “Ecco vedi – fa allungando la siringa – siamo costretti ad usare una siringa finché non si cancellano i numerini. A Prato, solo una farmacia ci dà aghi nuovi. In alcune non possiamo nemmeno entrare che ci cacciano come bestie, eppure sei una farmacia dico, non un negozio chic! In altre invece vendono solo pacchi da dieci o da venti siringhe. Ma cosa se ne fa un tossico di venti siringhe? Dove li trova i soldi per comprarle?”.
“La cosa migliore sarebbe avere uno scambiatore di siringhe anche a Prato, come ci sono a Sesto Fiorentino e a Firenze – spiega Katia – noi due cerchiamo di stare attenti con le siringhe: stiamo attenti a dove le lasciamo, qualche volta raccogliamo pure quelle degli altri. Ma non tutti sono come noi, fondamentalmente se ne fregano”.
Il futuro
S’avvicina la bella stagione, l’estate. Anche se non fanno programmi, Katia e Marco riescono a prevedere qualcosa per i prossimi mesi. “L’anno scorso non siamo tornati a casa per due mesi – dice lei – siamo rimasti qui a Prato, c’era caldo, e di notte dormivano sotto i ponti insieme ad altri tossici: un cartone come materasso e via”.
“Intanto contiamo di fare parecchi soldi con la carne per Pasqua, poi stiamo a vedere – aggiunge Marco – Magari ci sposteremo per un po’ in cerca di roba migliore come abbiamo fatto lo scorso inverno. Anche se ultimamente siamo diventati più bravi: ci facciamo meno, forse è il metadone (anche se fa effetto solo sul fisico e non sulla testa) o forse, semplicemente, siamo un po’ più stanchi”.