Dall’8 marzo, in occasione dell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti che devastarono Prato, il Museo dell’Opera del Duomo ospita la mostra “Arte ferita, arte salvata”, il racconto della distruzione e della messa in sicurezza delle chiese e del patrimonio artistico pratese durante la seconda guerra mondiale.
L’esposizione, frutto della ricerca iconografica e archivistica delle curatrici Veronica Bartoletti – direttrice dei Musei Diocesani – e di Alessia Cecconi – direttrice del CDSE – è un percorso storico “composto da fotografie, documenti, filmati dell’istituto Luce, oggetti d’arte sacra salvati dalle macerie a dialogo con le opere d’arte del Museo dell’Opera del Duomo di Prato”, si legge nella presentazione.
«In questa mostra, inserita all’interno di un ciclo dedicato al tema della pace, per la prima volta sono esposti documenti inediti riguardanti la nostra storia – dice Veronica Bartoletti, direttrice dei Musei Diocesani di Prato – come la cassa blindata costruita per custodire e proteggere la Sacra Cintola della Madonna. Questa decisione testimonia la volontà di una protezione reale della reliquia simbolo della città». «Il progetto di ricerca e di allestimento è stato pensato per far parlare le preziose opere del Museo dell’Opera del Duomo con i documenti, le fotografie e gli oggetti d’arte sacra ritrovati – spiega Alessia Cecconi, direttrice della Fondazione CDSE – il percorso espositivo vuol essere dunque un dialogo costante tra la città, le sue opere e le vicende che hanno contraddistinto la seconda guerra mondiale».
La mostra «Arte Ferita, Arte Salvata», visitabile fino al 28 luglio, sarà aperta negli orari del Museo dell’Opera del Duomo: dal martedì al sabato dalle 10 alle 17, la domenica dalle 13 alle 17 (lunedì chiuso). Ingresso incluso nel biglietto per il museo. Info e prenotazioni 0574 29339 oppure [email protected].
“L’esposizione racconta la corsa contro il tempo per salvare le opere simbolo della città, primo fra tutti il pulpito di Donatello sulla facciata della Duomo, che fu schermato con delle strutture protettive per poi essere smontato, formella per formella, nell’estate del 1943, e in seguito collocato nelle volte della Cattedrale. Ma già nell’agosto 1940 – spiega la nota della mostra – mentre i musei e le chiese italiane si svuotavano dei loro capolavori, le opere più importanti del territorio pratese trovarono rifugio nella villa di Poggio a Caiano e nel convento di San Francesco a Prato, luoghi ritenuti sicuri contro eventuali bombardamenti. Anche, e soprattutto, la Sacra Cintola della Madonna, custodita da secoli in città, fu messa in salvo all’interno del «Tesoro» della Cassa di Risparmio e Depositi di Prato. La reliquia fu posizionata in una cassa di metallo rivestita di legno e protetta con il sistema di apertura delle tre chiavi. Quest’ultima è esposta per la prima volta all’interno della mostra insieme alla documentazione inedita ritrovata”.
“Le bombe alleate iniziarono a cadere dal cielo, colpendo il centro storico di Prato, soprattutto tra il 16 febbraio e il 7 marzo 1944, e distrussero le chiese di San Bartolomeo in piazza Mercatale, di Sant’Agostino e di Santa Maria del Giglio. Di questi episodi possiamo vedere le terribili foto delle devastazioni e ammirare gli oggetti miracolosamente ritrovati sotto le macerie di San Bartolomeo, come l’argenteria sacra, che ancora oggi, dopo 80 anni, rimane volutamente ammaccata per portare la testimonianza della distruzione. Dalla stessa chiesa proviene la testa, unica parte superstite di un’intera figura femminile, probabilmente un’Allegoria o una Virtù, opera di Tommaso Pini del 1764”.
La mostra è promossa dai Musei Diocesani di Prato e dalla Fondazione CDSE, istituzione che da dieci anni lavora sulla ricostruzione delle vicende del patrimonio artistico toscano durante la Seconda Guerra Mondiale, e riapre le ferite di un periodo di distruzioni e crolli, ma racconta anche la straordinaria epopea vissuta da chiese e capolavori d’arte tra il 1940 e il 1945.
Il vicario generale della Diocesi di Prato, monsignor Daniele Scaccini, sottolinea l’importanza dell’iniziativa nei confronti delle giovani generazioni, «perché devono sapere cosa è accaduto in tempo di guerra e di come la Chiesa e la città hanno lavorato assieme per salvare il proprio patrimonio artistico». «Come Fondazione CDSE abbiamo sempre lavorato su queste tematiche – afferma la vice presidente Maria Lucarini – e lo riteniamo utile per chi oggi può dare per scontata la presenza delle opere d’arte, che invece hanno dovuto attraversare guerre e difficoltà. La preziosa collaborazione con i Musei Diocesani ci ha permesso di realizzare la mostra e siamo sicuri che questa sinergia potrà continuare anche in futuro».