Si chiama “/ri.tràt.ti/ /ˈpôrˌtrāts/”, a cura di Chiara Spangaro, la mostra che per la prima volta presentà al pubblico la selezione di ritratti eseguiti da Pietro Costa tra il 2018 e il 2022. Saranno in mostra a Palazzo Pretorio dal 23 aprile al prossimo 31 luglio.
La seleziona fa parte della serie “Blookworks”, che l’artista “ha intrapreso dalla fine degli anni ottanta e che indaga la ricerca dell’identità tra arte e scienza – si legge nella presentazione – il concetto di ritratto fisico e biologico e la rappresentazione dell’io tra unicità e comunità. Le opere sono eseguite con il sangue del soggetto ritratto che viene utilizzato come pigmento tra due fogli di mylar”.
Le opere in mostra
La mostra valorizza il legame dell’artista con la città di Prato, dove ha lavorato alla prima serie dei Family Portraits, gli otto ritratti realizzati nel 2019 che attraversano tre generazioni a partire dal patriarca Giuliano Gori, storico collezionista e mecenate pratese o come quelli di Sandro e Giovanni Veronesi, che raffigurano singoli e nuclei familiari.
“Le altre opere esposte sono selezionate perché esplicitano il senso di inclusione che sottende al concetto di comunità – partendo dalla famiglia dell’artista, la madre Antonia e la nipote Ilaria (ritratta durante la gravidanza), ai Brothers 1, i giovani del Ghana che condividono l’esperienza della difficile fuga dal loro paese e rievocano il crearsi di una famiglia allargata, che si attua nella vicinanza di vita e di esperienze condivise, o Garnette e Inge, 2018 e Arturo e Riccardo, 2022. L’impegno sociale è una necessità ricorrente nella vita e nel lavoro di Costa – continua la presentazione – e molti dei legami che ha creato fra l’Italia e New York partono proprio dalla progettazione e realizzazione di lavori che aspirano non solo all’estetica quanto alla valorizzazione del patrimonio umano, ambientale e sociale”.
“Se il punto di partenza del lavoro sui ritratti è l’osservazione dell’io -spiega ancora la nota di presentazione – questo si allarga alla rappresentazione di un universo composito che corrisponde all’ideazione di opere site-specific dove il legame con il territorio è presente e variegato, aperto all’incursione di famiglie di fatto e simboliche, che corrispondono alla rappresentazione di una comunità in cui il singolo dialoga con la pluralità del mondo, andando la sua pratica artistica, oltre lo spazio dello studio, nella comunità. Realizzate su commissione, queste opere concettuali trattengono il carattere biologico del committente insieme ai dati ambientali degli spazi in cui il lavoro è realizzato.
“Dentro a quel ritratto c’è proprio tutto, il dentro, la condizione fisica, psicologica fisiologica di quel preciso istante ed il fuori, il luogo dove il ritratto viene realizzato, le particelle di polline, le polveri, i profumi ed i batteri che volano nell’aria in quel preciso istante in quell’esatto luogo”, conclude la presentazione.
Chi è Pietro Costa
Pietro Costa (1960) risiede a New York dove è emigrato con la famiglia nel 1972. Attualmente divide il suo tempo tra gli Stati Uniti e l’Italia.
A New York, ha conseguito un Bachelor of Fine Arts presso The School of Visual Arts, un Master of Fine Arts presso Hunter College e ha insegnato alla Parsons School of Design.
Dalla prima mostra studentesca nel 1979, Costa ha sempre continuato la sua pratica artistica, anche se ha vissuto una vita poliedrica che gli ha permesso esperienze di lavoro in più discipline: dagli allestimenti di mostre nelle sedi del Guggenheim Museum alla produzione delle grandi opere scultoree di Richard Serra, i suoi progetti imprenditoriali e quelli di impatto sociale.
Ha esposto negli Stati Uniti e in Italia – in sedi istituzionali e private, in mostre collettive e personali – ed ha realizzato commissioni site-specific per musei e centri d’arte fra i quali — il New House Center for Contemporary Art, il Hudson River Museum, il Katonah Museum, La Certosa di San Lorenzo e il Castello Macchiaroli. Il suo lavoro è stato esposto in gallerie negli Stati Uniti e in Italia fra le quali la Penine Hart Gallery, la Stark Gallery, la Galleria Piano Nobile, Il Ponte Contemporanea di Roma.
La sua pratica attraversa disegno, pittura, scultura, e installazioni site-specific, impiegando un ampio vocabolario che comprende la natura, la luce, i metalli, il fuoco, le plastiche, le cere, il vetro, le parole ed il sangue suo e di donatori.
Ha fondato due organizzazioni no-profit per coltivare collaborazioni interdisciplinari: nel 2001 la Luquer Street Projects, che promuove collaborazioni tra artisti visivi, poeti e scrittori e pubblica le loro opere. Nel 2017 ha fondato BACAS — Borghi Antichi Cultura Arti e Scienze, un centro con due identità nazionali per la cultura, le arti e la scienza. BACAS è stata lanciata nel 2018 con una programmazione che si è svolta nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, patrimonio mondiale dell’UNESCO.
“Dal 2006, su sei ettari di terreno che circondano il suo studio nella Hudson Valley, ha interagito con l’ambiente naturale in un’azione ambientale, sociale e site-specific e a lungo termine, portando al ripristino dell’habitat naturale, costruendo un lago e un orto biologico e ha lanciato il 1000 trees project, piantando finora diverse centinaia di alberi. Nel 2020, ha iniziato a supportare la BPI-Bard Prison Initiative del Bard College, che offre un’istruzione di livello universitario in carcere in modo che gli ex detenuti possano rientrare nella società con una laurea. L’orto biologico che ha costruito durante il lockdown offre accesso agli ex alunni della PBI e ai bambini dei centri urbani dei dintorni, in modo che possano imparare la coltivazione sostenibile del proprio cibo. In questo universo dove l’umano si mescola alla natura, Costa sviluppa la sua ricerca artistica sul fronte dell’identità spaziale, materica e biologica”.