Partiamo parlando del concerto: perché avete scelto di fare questo tour con un quartetto d’archi, e che cosa ci possiamo aspettare dallo spettacolo?
“Fantasma” è un disco kolossal, con tanta musica dentro, tanti arrangiamenti, tante sfumature e tante possibili letture diverse. Quest’ultimo tour mette in luce una di queste letture. In fondo le canzoni del disco erano nate così, molto “spoglie”, perché sapevamo che gran parte dello spazio sarebbe stato occupato dall’orchestra sinfonica. Quindi nei concerti del Minimal Fantasma è come se le riportassimo alla loro condizione embrionale.
Nei tuoi testi, da I Mistici dell’Occidente a Fantasma, è fortemente presente l’idea di qualche forma di ascesi come salvezza dal dolore dell’esistenza, con tanto di riferimenti a Jacopone e a Schopenhauer. Nonostante questo, ogni tanto balena l’esatto opposto: il riaffermarsi del corpo, del desiderio (dal sesso orale ai delitti passionali), della procreazione. Dietro la volontà di estinzione resiste un forte attaccamento alla vita. E’ una speranza o una maledizione?
Non vuole essere né speranza né maledizione. La ricerca di una qualche forma di spiritualità è il modo che il mio corpo ha di reagire alla materia, che di per sé non ha niente di male, ma spesso, quando gli uomini la trasformano in idea, vale a dire materialismo, diventa opprimente e volgare. E poi ci sono, maledetti e inevitabili, i momenti in cui il corpo si ricorda di essere un corpo: per questo, credo, i testi dei Baustelle hanno anche un loro lato violento e carnale.
Mi è molto piaciuto l’uso del romanesco in “Contà l’inverni”. Mi è venuta in mente la tradizione della canzone popolare romanesca, con le sue storie di morti violente e carcerati, da qualche anno rinverdita dagli Ardecore. D’altra parte, il dialetto e il vernacolo offrono delle coloriture che nella lingua standard mancano. Nello scegliere il dialetto cercavi solo un realismo più crudo, o pensavi a qualche modello in particolare?
Sono d’accordo con te sul fatto che il dialetto offra colori nuovi. Mi piacciono le canzoni in dialetto, in qualsiasi dialetto. Mi piacciono le canzoni della tradizione folk italiana. La prima vera musica pop. Anche se devo ammettere che la scelta del romanesco per Contà l’inverni è stata abbastanza casuale: non sapevo cosa scrivere, in italiano, e per gioco mi sono messo a cantare frasi in romanesco sulla melodia della canzone. Il testo è nato così, per scherzo. Poi mi sono accorto che in effetti funzionava.
Voi venite dalla provincia, un ambiente che spesso si respira in maniera più o meno esplicita nei vostri lavori, anche se tu ora a quel che so vivi a Milano. Spesso crescendo in luoghi più o meno lontani dalla città se ne soffrono gli orizzonti ristretti e il clima soffocante, ma talvolta se ne scoprono anche dei pregi insospettati. Tu cosa trovi di positivo nella provincia?
Ti tempra. Ti rende molto motivato. Noi vivevamo in un posto dove non c’erano negozi di dischi e concerti. Questo ci ha resi dei lupi affamati di musica, e ci ha dato una sorta di fede in quello che facevamo.
Ti è capitato spesso di scrivere pezzi per altri artisti. Se non sbaglio, finora hai scritto praticamente sempre per cantanti donne. Si tratta di una casualità o c’è un motivo particolare?
Casualità. Ma non nego che mi piace molto scrivere per le femmine. Infatti dico sempre che il lavoro dell’autore è per me un po’ un vestirsi da donna.
I vostri lavori trasudano evidentemente un grande amore per il cinema. La felice esperienza della colonna sonora per Giulia non esce la sera è parsa una tappa quasi naturale per voi. Se tu potessi scegliere liberamente, per quale regista sogneresti di comporre, e perché?
Anche questo lo dico spesso: Dario Argento. Mi piacerebbe lavorare coi Baustelle alla colonna sonora di un thriller o di un horror visionario e violento. E vorrei che la musica fosse molto elettrica, tesa e distorta.
In chiusura, una domanda secca: consigliami un disco e un film che probabilmente non conosco ma di cui non posso fare a meno.
“Valerie and her week of wonders”, un film cecoslovacco degli anni settanta che ha molto ispirato la lavorazione di Fantasma. Disco? Quello della sua colonna sonora, ad opera del compositore Luboš Fišer.