Lo scorso 2 novembre, la furia del torrente a monte della villa del Mulinaccio ha investito, con centinaia di metri cubi di fango e detriti, il percorso d’accesso, il prato del Ninfeo, il piano terra della tinaia, le antiche cantine (dove l’acqua ha raggiunto i due metri), lo stesso giardino e il parco della villa.
“In queste ore un’impresa specializzata si sta occupando di rimuovere i detriti anche per garantire l’accesso agli spazi, ma non basta – si legge nella nota inviata dal Comune – Per questo il sindaco Primo Bosi con la giunta lancia un appello ai volontari. “La Villa del Mulinaccio è un bene davvero prezioso che appartiene a tutta la comunità – annuncia Bosi – Domenica mattina, a partire dalle 9 e fino alle 16, ritroviamoci insieme per proseguire l’intervento di pulitura degli spazi della villa, adesso serve l’aiuto di tutti”.
“Nelle cantine, pesantemente danneggiate, si è lavorato con le idrovore per rimuovere acqua e fango – si legge nella nota – Intanto grazie ai volontari del Centro di scienze naturali e dell’associazione Aiuti dalla Vallata si è proceduto a ripulire dal fango gli oggetti in legno, risalenti all’Ottocento e al primo Novecento, che fanno parte della collezione etnografica della vita contadina”.
Il Mulinaccio costituisce un’emergenza architettonica di grande valore a cui i vaianesi sono profondamente legati. Il Comune di Vaiano l’aveva acquistata nel 2003 per circa 2 milioni e 700 mila euro con il contributo della Provincia che aveva messo a disposizione il 30% della spesa. La villa, oltre che dal pregio architettonico, è caratterizzata dal Parco degli alberi rari e delle essenze, creato da Giuseppe Vai, membro dell’Accademia dei Georgofili, a partire dal 1845.
Il nucleo originario del Mulinaccio fu edificato tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento da Cosimo Sassetti (filomediceo, conte palatino di Leone X de’ Medici) su una precedente “casa da signore”. Il nome deriva alla località da un antico mulino, non più esistente. Passata agli Strozzi nel 1609, venne venduta nel 1661 ai Vai di Prato che ne fecero il centro di una vasta tenuta (con ben 36 poderi nelle parrocchie di Caiano, Casi, Popigliano, Schignano e Cerreto). I Vai ne conservarono la proprietà fino all’estinzione della famiglia, nel 1941, quando la villa passò ai Franchi, e più tardi ai Bruschi da cui il Comune l’ha acquisita.