Il Centro Pecci ha ospitato la presentazione del nuovo romanzo di Vincenzo Latronico, “Le perfezioni”, in dialogo con il direttore Stefano Collicelli Cagol per il Books Festival. Questa nuova storia, dopo 9 anni di inattività dello scrittore, nasce da una sua frustrazione: a oggi nei romanzi si tende a “omettere” una parte fondamentale della nostra quotidianità, rappresentata dalla dimensione digitale.
L’obiettivo non è quello di aprire un dibattito sui vantaggi e gli svantaggi di questa attuale realtà, intesa come unione tra il digitale e il non digitale, ma di comprenderne l’ormai inevitabile esistenza. È una storia che non ha paura di essere ambientata nel ventunesimo secolo.
Il libro inizia subito con immagini dell’appartamento che prefigurano le (im)personalità dei due protagonisti. Ci sono colori vividi, luci naturali e un arredamento che si sposa perfettamente con i gusti estetici di chi passa le ore su Instagram. I due sono una coppia di italiani che abita a Berlino, lavorano entrambi come graphic designers e in continuo contatto con i social sono definiti come un’unica cellula, ma come scrive Latronico: L’ambiente che avevano intorno, che avevano scelto e creato, in cui dormivano e lavoravano era l’unica manifestazione tangibile di ciò che erano.
Sono quarantenni che vivono una realtà che non gestiscono e che, anzi, subiscono ma che ricercano con accanita superficialità. L’idea nasce in relazione al romanzo di Georges Perec “Le cose”, dove i protagonisti si ritrovano a rapportarsi con gli oggetti durante l’esplosione del consumismo, allo stesso modo Anna e Tom vivono le immagini nell’era della digitalizzazione.
Per sottolineare le sue riflessioni in merito Latronico divide i capitoli secondo le temporalità che delineano la storia. Il presente è usato soltanto all’inizio per descrivere l’appartamento. Il corpo del romanzo vive in un eterno presente scandito dalla scelta dell’imperfetto, un tempo ciclico che lascia spazio alla ripetitività dei giorni e rispecchia la sensazione della nostra attualità. Noi quando apriamo il telefono e scorriamo sui social siamo soggetti a immagini che si susseguono secondo un ordine dettato da un algoritmo che non ci riguarda e non si crea una narrativa, potrebbero passare tre minuti come cinque ore.
Sullo sfondo vediamo coinvolta Berlino come un centro culturale e artistico europeo che vive della reputazione guadagnata negli anni ‘90 ma che ormai si è venduta per finanziare un meccanismo di gentrificazione che adesso sta espellendo le persone che lo hanno reso possibile.
Mentre il mondo si evolve Anna e Tom sono incastrati, statici, in ritardo sulle consegne, svantaggiati in una terra straniera e fermi a scorrere nostalgicamente tutte le immagini da loro prodotte. Ma quando accadono davvero le cose: nel passato più remoto o nel presente?