Le dieci “regole” che ci ha lasciato Raffaella Carrà per imparare a dare valore alla propria persona, mettersi in gioco senza avere rimpianti e amare la propria unicità. Sono questi gli insegnamenti che ripercorrendo la straordinaria carriera del caschetto d’oro più amato della televisione italiana, sono raccolti all’interno del libro “L’arte di essere Raffaella Carrà”. Perché la Carrà è una filosofia di vita, e ancora oggi ha tanto da insegnare per essere “liberi, felici e rumorosi. E far l’amore con chi hai voglia tu”.
Scritto da Paolo Armelli edito da Blackie Edizioni il libro sarà protagonista domani, giovedì 6 ottobre alle ore 20,00, del programma del Centro Pecci Book Festival. L’intervista all’autore in vista di questo appuntamento.
Qual è l’insegnamento più importante della rivoluzione che Raffaella Carrà ha portato nel mondo dello spettacolo?
«In una parola credo sia “libertà“. È sempre stata una donna che ha rivendicato la centralità del suo lavoro, muovendosi in un mondo dominato da uomini. Ha sempre rivendicato la sua autonomia, la sua forza di volontà, con un tipo di spettacolo che in qualche modo sfidasse le convenzioni sia artistiche, portando sempre qualcosa di nuovo, andando fuori dai canoni, ma anche a livello di tematiche e messaggi, perché è sempre stata molto schietta e diretta con il suo pubblico, trattando anche temi che gli altri preferivano evitare. Una donna molto all’avanguardia, quindi, sempre contemporanea, allineata con i tempi che viveva e che ancora oggi appare modernissima».
Un personaggio transgenerazionale che è riuscito ad arrivare a tutti e tutte.
«L’obiettivo del libro è proprio quello di mostrare come nel corso di questa carriera lunghissima sia riuscita a parlare a chiunque, al di là della dell’età, dell’estrazione sociale, delle convinzioni. Era una donna di spettacolo che riusciva a unire il pubblico: grandi, piccoli, uomini, donne, il pubblico più conservatore e quello più moderno. E credo la sua efficacia sia qui: il riuscire a giocare su queste opposizioni, su queste contraddizioni. Per questo motivo continua a parlare anche a chi non è stato esposto direttamente al suo personaggio, ma ne ha soltanto sentito parlare».
Questo libro raccoglie anche tanti contributi di persone che sono stati travolti dalla carriera di questo personaggio, sia direttamente che indirettamente (Laila Al Habash, Giovanni Benincasa, Daniela Collu, Vanessa Incontrada, Vladimir Luxuria, per citarne alcuni): come sono stati selezionati e selezionate?
«È stata una scelta che ricalca proprio quest’ultimo aspetto. Volevamo avere persone che fossero state molto vicine a lei, come per esempio autori televisivi o che avessero lavorato nei suoi programmi, ma anche molto lontane, anche per ragioni anagrafiche. C’è per esempio la testimonianza di Laila Al Habash, una giovanissima cantante indie che, seppur non avendo modo di essere stata esposta ai suoi più grandi lavori, possiede una specie di altarino della Carrà in camera. Il libro vuole mostrare come persone diversissime tra loro raccontano comunque Raffaella come una di famiglia».
Come Raffaella Carrà è stata insignita del titolo di “icona gay”?
«È ovvio che lei avesse uno stile molto appariscente, colorato, luminoso, che ovviamente si riconduce ad un tipo di estetica apprezzata dalla comunità LGBTQ+. In più ha rappresentato una persona che lottava contro gli schemi, le condizioni sociali, contro ciò che la società pretendeva da noi, attraverso una liberazione dei costumi, delle movenze, delle canzoni. E quindi ovvio che per osmosi anche la comunità LGBTQ+ si rispecchiasse e si rispecchia in un personaggio come il suo. E poi da sempre lei è stata molto vicina alla comunità, anche dichiarandolo senza tanti fronzoli, dichiarando con grande sincerità la sua adesione a certe battaglie. Aveva tutti i crismi, insomma, per essere l’icona gay per eccellenza».
Cosa può insegnare a un ragazzo o una ragazza che oggi ha 16/18 anni?
«Può insegnare che la libertà di esprimersi, di sfidare lo status quo ce la si deve guadagnare impegnandosi molto, lavorando avendo grande rispetto delle persone che ci circondano imparando da loro. Ma anche che tutto questo va portato avanti con un pizzico di ironia e anche una gioiosità, la sua grande formula segreta».