Flashback. C’era un tempo in cui il mondo era bello e privo di dubbi. Era il mondo in cui suonavano i Duran Duran. Dico i Duran Duran ma potrei dire gli Spandau Ballet, gli Wham… Poi sono arrivati i dubbi, e a portarceli sono stati gli U2 e i Simple Minds. Un po’ anche Springsteen, ma lui portava anche il coraggio per affrontarli. Il dubbio per il dubbio, e la ricerca della forza interiore arrivava dal nord, dall’Irlanda e dalla Scozia. Poi si è mischiato tutto e il mondo ha iniziato a complicarsi. Ma in principio erano gli U2 e i Simple Minds. I primi sono andati avanti, hanno incontrato l’America, Berlino, la tecnologia. Dei secondi si sono perse le tracce nel loro nuovo sogno dorato.
Flash forward. Il 15 luglio i Simple Minds suonano al Pistoia Blues. Dovevano farlo due anni fa, poi è successo quello che è successo, e il pubblico si è presentato in massa coi biglietti ormai sbiaditi (due anni dopo l’inchiostro su plastificato svanisce, è un dato di fatto). Poi, sarà stato l’inchiostro del biglietto, sarà stato l’incenso dei banchini dei fricchettoni, sarà stata la birra che scorreva, ma quello che è successo in piazza ha a che fare con i varchi spazio-temporali. L’intera piazza è stata risucchiata in un loop stile Stranger Things. Un mondo dove i capelli sono lunghi dietro e corti davanti – e non sono ridicoli. Dove i giri di basso sono circolari e sono contrappuntati da frasi di chitarra mai solista e da suoni di tastiera modernissimi, per l’epoca. Un mondo, per dirne una, dove Nelson Mandela è vivo ma ancora in prigione.
Il tour si chiama “40 years of hits tour”. In realtà gli anni di hits sono solo sette, dall’82 all’89. New Gold Dream, Sparkle In The Rain, Once Upon a Time, Street Fighting Years. È tutto concentrato in quegli anni e in quei quattro album. Nessun pezzo dagli oltre 10 album successivi, un solo pezzo (la meravigliosa Love Song) dai cinque album precedenti. Come se gli U2 si fossero fermati a The Unforgettable Fire. Però in quel loop temporale i Simple Minds si muovono benissimo e non sbagliano un colpo. Ancora Alive and kicking nella loro epica di la la la la. E trascinano la piazza con loro, ripescando, uno per uno, i dubbi, le ansie e le speranze di quarant’anni fa.
Poi, dopo Don’t You, New Gold Dream e Sanctify Yourself il loop si scioglie. Quello che ci appare è una piazza piena di padri e madri di famiglia che ricominciamo a pensare a quello che fa adesso il loro figlio adolescente, con le mani protese verso un signore con un’incipiente calvizie alla Mel Brooks e con un po’ di pancetta, che insieme ad un chitarrista spreciso ma originale li saluta. Non è quello che hanno visto e hanno pensato per tutta la sera. Ed è bello che sia stato così.