Quarta ed ultima serata dell’Off-Tune Festival. Quattro serate di un vero festival, musica dalle quattro del pomeriggio fino a tarda notte.
Secondo anno, ma prima edizione di una certa rilevanza, con nomi importanti come Dinosaur Jr. e Thurston Moore. Officina Giovani completamente trasformata in una cittadella della musica, con due palchi, street food, mercatino, area kids e mostre. Questa, forse, la vera rivoluzione. Un festival realmente internazionale, la dimostrazione che, anche qui, si può fare. Qui le foto del pomeriggio, con le esibizioni di Morgana, Stoner Kebab, Alfatec e Grinta.

La quarta serata, sul main stage dalle 21 poco più si sono avvicendati i Bob Vylan (da Londra) e i Black Lips (da Atlanta, Georgia, USA). Due anni scarsi di vita per i primi, più di venti per i secondi. Ma andiamo per ordine.

Dei Bob Vylan (fantastici già dal nome: una formazione a due, voce e batteria con electronics e campionamenti. E si chiamano entrambi Bob.) non sapevo niente. Prima volta che suonano in Italia, un solo album all’attivo, non mi aspetto niente. Mi trovo davanti un cantante che ha un flow strepitoso e un batterista che è una vera macchina da guerra. Due ragazzoni di colore coi drealocks che si muovono tra rap e punk, tra noise e beats con divertita disinvoltura. Due i punti di riferimento che mi sento di accostare loro: Beastie Boys e Rage Against The Machine. I Bob Vylan, incazzati come non mai col sistema e le discriminazioni, hanno realmente infiammato il pubblico pratese e l’hanno davvero fatto divertire. Se ne sentirà parlare. Una fantastica scoperta. Lunga vita a loro e complimenti agli organizzatori che hanno puntato su di loro.

Dei Black Lips sapevo già qualcosa. Che sono in piedi da vent’anni e una decina di dischi. Che sono praticamente una leggenda del garage e che dal vivo erano famosi per essere una band estrema, che gioca con fuoco e fiamme, vomita sul pubblico e varie amenità. A Prato non è successo nulla di tutto questo. Quello che è salito sul palco, dopo il set di pura energia dei Bob Vylan, è un gruppo di amabili scazzoni psycho garage, con suggestioni che vanno dai Byrds ai Clash e ritorno, con chitarre che s’incastrano poco tra di loro e un’avventente sassofonista dalle lunghe note parzialmente stonate. Un senso di confusione alcolica aleggia sul palco per tutto il set, e il continuo alternarsi alla voce tra i componenti del gruppo non aiuta a chiarirne le intenzioni. Il pubblico davanti però sembra apprezzare molto, segno che forse c’è qualcosa che mi sfugge. Segno che anche una nota parzialmente stonata contribuisce al colore del festival, per niente sbiadito nemmeno da questo tuffo in una cantina americana degli anni ’90. E qui verso la fine la gente comincia lentamente a defluire.



E così si è concluso l’Off-Tune Festival, quattro serate in cui Prato, per citare una grande hit del passato, è realmente diventata Berlino.
Ha tutto il tempo, da domani, di tornare Sasseta, ma per il momento fateci celebrare questo momento importante, per la musica e per la
cultura. Grazie, A-Live. Grazie, Santa Valvola. Non sparite.