La rissa scoppiata fuori dal Loft 01 di via Genova sabato 5 febbraio è solo uno degli episodi di violenza e di intimidazione che animano la notte pratese. Lo scalpore suscitato dalla rissa non coglie quindi di sorpresa i titolari dei locali dentro le mura e nemmeno le associazioni di categoria. Se però Confcommercio e Confesercenti chiedono e ottengono maggiori controlli sostenendo che il disagio espresso in questi atti di violenza “Niente ha a che fare con le attività e con lo sforzo che stanno facendo per portare avanti una buona economia e rendere Prato viva e accogliente”, nelle parole di alcuni ristoratori del centro la questione è un po’ più sfumata. Servono controlli precisi, certo, ma bisognerebbe cominciare rispettando tutti le regole, locali in primis. Perché l’alcol – insieme alle sostanze stupefacenti – è il veicolo principale della violenza.
Lo dice senza girarci intorno Gionni Bonistalli, titolare di “In Piazzetta”. «Il controllo e la presenza delle forze dell’ordine è necessaria ma non basta. C’è chi in questa situazione ci sguazza e il rischio è che alla fine ci rimetta tutto il centro storico». Dopo aver subito un’aggressione nel novembre scorso, Bonistalli il 5 febbraio si è sfogato con un lungo post. “Non è più un fatto isolato, non è più una bravata di ragazzini – ha scritto – Pochi mesi fa ci hanno aggredito, stasera ci hanno minacciato con un tirapugni, forse domani qualcuno tirerà fuori un coltello… Cosa deve succedere prima che provvediate a porre fine a questa situazione? Deve andare qualcuno in ospedale oppure peggio? Sono mesi che denunciamo a tutte le autorità competenti questa situazione in ogni modo e in ogni sede. Ancora non è stato fatto niente”. Un vero e proprio appello, in cui chiede “un intervento immediato e drastico per porre fine a questa situazione”, “il divieto di vendere alcolici in bottiglie di vetro da asporto che diventano armi in stato di alterazione”, “controlli severi sulla vendita di alcolici ai minorenni da parte di alcuni locali” e “attenzione sul consumo e sulla vendita a cielo aperto di stupefacenti”.
Negli ultimi mesi “In piazzetta” apre solo nel fine settimana e ogni volta si trova a gestire le stesse tensioni. «Io sollevo il problema ma non ho soluzioni – dice ancora a Pratosfera – non si tratta di clienti nostri perché abbiamo un’altra clientela, non vendo shottini a 2 euro e nemmeno cocktail a 4, ma il risultato è che la mia clientela, le famiglie che venivano a cena lo scorso anno per esempio, non si vedono più. Credo sia necessario darsi delle regole precise e soprattutto fare in modo che tutti le rispettino. Siamo stanchi e cerchiamo tutela, in questo modo è difficile andare avanti».
«Le regole ci sono e sono precise, sono i controlli che non sono efficaci – rincara Renzo Bellandi del Megabono, presidente Fiepet Confesercenti – servono controlli mirati e a regola d’arte per evitare queste situazioni». «Non servono nuove regole – conferma a anche Simona Marinai, vicepresidente Fipe Confcommercio e titolare di Le Barrique – esistono già e bisogna rispettarle così come farle rispettare perché non giova a nessuno quando il centro storico viene rappresentato come un luogo insicuro. Non è un luogo insicuro, lo dico dopo diciott’anni di permanenza in Corso Mazzoni, forse avremmo bisogno di conoscere altre realtà per rendercene conto davvero. Semmai in centro storico siamo una comunità complessa le cui criticità sono cicliche – aggiunge – Negli ultimi anni, insieme all’amministrazione, abbiamo però aperto un tavolo per trovare un equilibrio tra esercizi pubblici, tra locali e residenti, abbiamo instaurato un dialogo costruttivo e predisposto delle linee guida di comportamento comuni. Addirittura sono stati organizzati incontri di formazione per permettere ai locali di gestire situazioni delicate come quelle che possono verificarsi quando in centro ci sono migliaia di persone che vogliono bere. Incontri andati quasi deserti. Se in alcuni casi si badasse meno a fare cassa e più a fare il proprio lavoro per bene – conclude – queste situazioni sarebbero meno frequenti».
Convinta a proseguire il lavoro di concertazione portato avanti in centro storico negli ultimi anni, l’assessora alle attività produttive Benedetta Squittieri. «Continueremo nel nostro lavoro di coinvolgimento di tutti gli attori del centro storico – dice a Pratosfera – e anzi rinnovo l’invito a farsi avanti e a condividere il proprio punto di vista e le proprie idee. Ci sono molte idee sul piatto e ritengo il coinvolgimento dei locali fondamentale, anche per la capacità di educazione che possono avere sui clienti».
Di educazione, equilibrio e responsabilità parla infine anche Andrea Romito, titolare della Piccola Birreria di via Verdi. «La situazione mi sembra rischi di sfuggire di mano – dice a Pratosfera – La rissa di sabato notte non è un fatto isolato, tanto che sabato sera ho assistito personalmente a un’altra rissa in viale Piave, dove ci saranno state settanta, ottanta persone, tutte molto giovani, e alcuni di loro che se le davano di santa ragione. Penso ci debbano essere più controlli mirati e una politica che educhi anche i locali con regole più precise, e lo dico a discapito della mia categoria. Orari di chiusura, divieto di vendita di alcol dopo una certa ora e mi sembrerebbe sensato provare a fare come fanno in altre città, dove è la pulizia delle strade che sancisce la fine della serata. L’apertura di così tanti locali in centro storico è inevitabile abbia creato uno squilibrio – continua – ma nei centri storici i locali ci sono sempre stati ed è necessario riuscire a trovare un punto di incontro. Per raggiungere questo equilibrio, che mi sembra necessario in vista della bella stagione, serve l’impegno di tutti, dalle forze dell’ordine alla politica fino ai gestori dei locali stessi. In centro storico convivono residenti e locali e avventori di locali. Gira anche tanta droga. Il gestore di un locale può e deve essere il primo educatore della propria clientela. Non è per niente facile, è ovvio, e soprattutto non lo è quando tua clientela è giovane, ma oltre a rispettare le regole può intervenire in tanti modi per disincentivare certe frequentazioni e soprattutto certi comportamenti tra i propri avventori. O quantomeno può provarci. Sono convinto che nella maggior parte dei casi se un gestore si dimostra responsabile, alla lunga lo farà anche la clientela che si è creato».