All’inizio del mese di agosto, due uomini si presentano di fronte al Centro Pecci, ammainano la grande bandiera che fino a quel momento sventolava nel piazzale e ne issano un’altra. Poi se ne vanno, non prima di aver lasciato al ristorante del museo il drappo ammainato, un grande pezzo di stoffa bianca con la scritta nera “Is it my world?”, realizzato dai Kinkaleri, la più recente delle bandiere issate sul pennone di fronte al centro per l’arte contemporanea Pecci.
La nuova bandiera che sventola su viale della Repubblica recita “La paura mangia l’anima” e ha un aspetto molto particolare: c’è un tramonto come sfondo, c’è la scritta “Buongiorno” in verde, un’ emoticon triste, un orso bianco seduto sulla n di anima e tra le altre cose pure un alce. Si riferisce, contesta e vuole ribaltare il concetto di un’altra bandiera, che nel 2020 ha sventolato non solo a Prato ma anche in altre città italiane. Si tratta dell’omonima opera dell’artista di origini thailandesi Rirkrit Tiravanija, ispirata al titolo di un film di Fassbinder, che nella nuova versione comparsa al Pecci appare stravolta.
Un’azione provocatoria il cui spunto nasce quando «Tiravanija decide di usare questa frase come didascalia del periodo pandemico vissuto», spiegano gli autori, che vogliono rimanere anonimi, perché «è una frase che lascia perplessi in qualsiasi periodo, ma ancora di più in quello che stiamo vivendo, sia nel messaggio che nella forma. Lo stesso meccanismo usato da Tiravanja in precedenza (una semplice scritta nera su sfondo bianco ndr) viene così riapplicato contro di lui – aggiungono – viene riproposta la stessa frase, ma smascherata dalla facile retorica che la avvolge attraverso il linguaggio del meme e di quella tipologia usata principalmente da 50-60enni, messaggi privi di una qualunque estetica e densi di banalità e retorica inviati spesso a familiari e conoscenti per augurare una buona giornata. Togliendone l’aura artistica, assistiamo all’emergere di una frase fatta priva di una reale visione critica sul tema che affronta. Tutto questo per far notare che la paura non è una sola e tremenda – concludono gli autori della nuova bandiera – ma che anzi può essere un utile strumento di analisi e comprensione di ciò che stiamo affrontando e che permette di immaginare e trovare nuove risoluzioni al problema».
Qualche giorno dopo l’installazione della nuova bandiera, i due tornano al Centro Pecci credendo di trovare l’opera dei Kinkaleri di nuovo al suo posto. Invece no. E così succede quando tornano al Pecci ai primi di settembre. La bandiera sventola sul pennone del Pecci per un paio di mesi, senza alcuna apparente reazione da parte del museo o di chi la incrocia passando da viale della Repubblica.
Contattata nei giorni scorsi via mail, la direttrice del Centro Pecci Cristiana Perrella ci risponde tramite il responsabile della comunicazione Ivan Aiazzi: «Non è la prima volta che succede, il museo aveva già ospitato una protesta artistica dei Sì Cobas e così è successo anche questa volta: il pennone del Pecci si trasforma in uno spazio di discussione, in una sorta di “speaker’s corner” artistico. Evidentemente la bandiera e il messaggio di Tiravanija hanno smosso gli animi e questa è sicuramente una cosa positiva. La bandiera verrà comunque rimossa nei prossimi giorni».