Quattro giorni appena dalla fine delle restrizioni e appare subito chiara una cosa: la voglia di normalità è tale da far dimenticare spesso le precauzioni che ci hanno raccomandato negli ultimi tre mesi.
Da Bergamo a Padova a Palermo, da Bologna a Napoli fino ad arrivare a Firenze e Prato, le scene di giovani e meno giovani riuniti senza mascherina e senza rispettare le distanze di sicurezza fa preoccupare governo e sindaci e infuriare tanti altri cittadini. E da Roma arrivano le indicazioni di una vera e propria stretta antimovida.
“Grazie a voi italiani, ma non è finita, chiariamolo, non è il tempo dei party e della movida, altrimenti la curva risale”, diceva infatti ieri il premier Conte uscendo dal Senato.
“Alla luce del graduale riavvio delle attività economiche e di un progressivo riassetto della vita sociale – scriveva invece il capo della polizia Gabrielli ai prefetti – si richiama l’attenzione sulla necessità di orientare il massimo impegno verso l’attività di controllo del territorio al fine di prevenire e contrastare ogni tentativo di ripresa dell’operatività delle organizzazioni criminali, nonché della criminalità diffusa, assicurando nel contempo il rispetto del divieto di assembramenti e di aggregazioni di persone e l’osservanza delle misure di distanziamento sociale”.
Rabbia e timore invece per i governatori delle Regioni. In Veneto, Zaia parla di “senso civico a zero“: è pronto a richiudere tutto non appena ci saranno le avvisaglie di una ripresa dei contagi ma anche a fornire un vademecum per fare l’happy hour in sicurezza. Molto diretto come sempre invece, il governatore della Campania De Luca, che annuncia la chiusura della movida alle 23. Lo stesso governatore della Toscana Enrico Rossi, in un’intervista rilasciata alla Stampa il 21 maggio, parla della movida in questi termini: “Bisogna mettere delle regole o addirittura vietarla. In Toscana non c’è tutta questa movida, cercheremo di mettere delle regole che evitino questi assembramenti, con una campagna mirata ai giovani”.
Finite le restrizioni, il comportamento di chi frequenta bar e locali è insomma diventato un problema che sembra destinato a scatenare un vero e proprio giro di vite. Chi non rispetta le misure di contenimento dettate dal Governo rischia multe da 400 a 3000 euro e la chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni.
Molto però dipenderà da come i prefetti interpreteranno le circolari, e anche dalle decisioni della Regione. A Prato, le cose diventeranno forse più chiare al termine dell’incontro con il prefetto che si terrà domani, 22 maggio. Un incontro già programmato ma che sarà l’occasione per fare il punto anche sulle nuove circolari.
Con una considerazione aggiuntiva dettata dalla contingenza economica: non sembra praticabile l’intervento punitivo ad oltranza sui commercianti, specie in un momento in cui migliaia di aziende cercano di rimettersi in piedi dopo due mesi di chiusura. Quindi il problema è sempre lo stesso e proprio per questo preoccupante: dipende dalla responsabilità e dal senso civico di ciascuno di noi. Lo ha ripetuto per la millesima volta anche il sindaco Biffoni nella diretta facebook di ieri.
Dal canto suo, il Comune di Prato ha annunciato nei giorni scorsi una vera e propria rivoluzione del centro storico, dove la pedonalizzazione è stata pensata, oltre che per favorire la ripresa del commercio, anche per gestire il fenomeno della movida secondo le regole del distanziamento.
Ma non entrerà in vigore che il prossimo 10 giugno, e adesso c’è il timore fondato che se il comportamento di tante persone non cambierà, per quel giorno il numero dei contagi sarà ormai tornato a salire anche a Prato. Costringendo la Regione a decisioni che nessuno, dopo due mesi di quarantena, vuole prendere nemmeno lontamente in considerazione.