bioplastiche

Se anche voi per le vostre case, i vostri locali e i vostri picnic avete deciso di adottare bottiglie, posate e stoviglie in bioplastica (biodegradabile) e dare in questo modo il vostro contributo alla causa contro l’inquinamento, ci sono delle novità. Dalle nostre parti, le bioplastiche vanno gettate nell’indifferenziato e non nell’organico.

Gli impianti industriali di Alia, l’azienda che gestisce i rifiuti anche a Prato, Firenze e Pistoia, non sono infatti ancora in grado di garantirne la completa compostabilità. E quindi per il momento bisogna gettare le bioplastiche non nell’organico – come si legge sull’etichetta – ma nell’indifferenziato. Cioè insieme agli altri rifiuti non riciclabili.

Lo ripete (27 e 28 agosto) la stessa azienda per la gestione dei rifiuti all’edizione fiorentina del quotidiano La Repubblica, che per prima ha sollevato il caso.

Nonostante l’urgenza, l’entusiamo e le norme contro l’inquinamento dovuto alla plastica – l’Unione Europea mette al bando gradualmente la plastica monouso a partire dal 2021 – la situazione è molto più complessa di quello che potrebbe sembrare. E’ un problema tecnologico non solo la sostituzione della plastica monouso ma anche lo smaltimento di quella riciclabile, con impianti industriali che si ritrovano evidentemente in difficoltà di fronte ad un fenomeno cresciuto a dismisura negli ultimi mesi sull’onda dei provvedimenti “plastic free” e delle iniziative di tantissimi privati. Anche a Prato e dintorni.

Spiega (28 agosto) l’amministratrice di Alia Alessia Scappini sulle pagine di Repubblica : “I processi industriali esistenti per il compostaggio non sono in grado di ricevere bioplastiche che non siano gli shopper”.

“Le shopper in bioplastica (mater b, fatto col mais ndr) vanno nell’organico ma le bottiglie, i bicchieri, i piatti e le posate in bioplastica dalle caratteristiche strutturali rigide che si stanno diffondendo ovunque devono essere collocate nell’indifferenziato perché hanno tempi di compostaggio più lunghi – spiega per telefono Alessandro Signorini, resaponsabile del servizio comunicazione e relazioni esterne di Alia – è una situazione temporanea, e abbiamo deciso di raccontare la verità e scuotere “l’albero” per accelerare un tavolo di lavoro che porti alla costituzione di una filiera che ci permetta di smaltire completamente le bioplastiche”. Le shopper biodegradabili, che comunque occupano il 90% del settore, vanno nell’organico, tutto il resto no: sono biodegradibili ma al momento non compostabili negli impianti di Alia.

Alia spiega a Repubblica che ha già cominciato a incontrare produttori e grandi distributori per affrontare una situazione che sta acquistando velocemente i connotati di un’emergenza. Nei prossimi mesi dovrebbe arrivare anche una campagna di informazione proprio sul giusto conferimento delle bioplastiche nei territori serviti da Alia.

Giovedì 29 agosto la dura replica di Assobioplastiche, associazione dei produttori del settore bioplastiche, che precisa che “tutti i manufatti in bioplastica – purché certificati UNI EN 13 432 – compostano nei tempi richiesti dai processi di compostaggio industriale e che quindi vanno smaltiti con il rifiuto umido e non già nell’indifferenziato”. Sulle pagine di Repubblica, lo stesso giorno, il presidente di Assobioplastiche Marco Versari smentisce l’amministratrice di Alia dicendo che non è vero che non esistono impianti in grado di smaltire le bioplastiche – ci sono in Lombardia – e che quello sollevato da Alia è un “problema di evoluzione e di adattamento dei sistemi di smaltimento”. Assobioplastiche annuncia un incontro con Alia per valutare le loro problematiche.