Anche a Prato una delle tante proiezioni “dal basso” per il film dedicato agli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, morto a 31 anni mentre si trovava all’ospedale Sandro Pertini in stato di detenzione.
Il film “Sulla mia pelle” sarà proiettato in piazza dell’università giovedì 20 settembre alle ore 21. L’iniziativa è promossa da Left Lab: “vogliamo continuare a denunciare quello che è successo a Stefano e che continua a succedere ai tanti Cucchi d’Italia”, si legge nella nota.
“Sulla mia pelle” è stato presentato al festival di Venezia nelle scorse settimane: si tratta dell’emozionante racconto degli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi e della settimana che ha cambiato per sempre la vita della sua famiglia. Di Alessio Cremonini, con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano.
Il commento del regista
“Quando Stefano Cucchi muore nelle prime ore del 22 ottobre 2009, è il decesso in carcere numero 148 di quell’anno. Al 31 dicembre, la cifra raggiungerà l’incredibile quota di 176: in due mesi, 30 morti in più. Nei sette giorni che vanno dall’arresto alla morte, Stefano Cucchi viene a contatto con 140 persone fra carabinieri, giudici, agenti di polizia penitenziaria, medici, infermieri. E in pochi, pochissimi, intuiscono il dramma che sta vivendo.
È la potenza di queste cifre, il totale dei morti in carcere e quello del personale incontrato da Stefano durante la detenzione, che mi ha spinto a raccontare la sua storia: sono numeri che fanno impressione, perché quei numeri sono persone.
Di tutta la vicenda, le polemiche, i processi, è l’ovvia ma allo stesso tempo penosa impossibilità di difendersi, di spiegarsi, da parte della vittima ad avermi toccato profondamente: tutti possono parlare di lui, tranne lui. Ecco, Sulla mia pelle nasce dal desiderio di strappare Stefano alla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul lettino autoptico, e ridargli vita. Movimento. Parola.
Sulla mia pelle, fra le varie cose, è un modo di battersi, di opporsi alla più grande delle ingiustizie: il silenzio. Di tutte le parole che negli anni sono state spese sul suo caso queste sono, per me, le più illuminanti: “Non è accettabile, da un punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia non per cause naturali mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato” (Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Roma).”