In occasione del concerto di sabato sera al Capanno, abbiamo raggiunto telefonicamente Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce. Tre dischi all’attivo, di cui l’ultimo (“Infedele”) verrà suonato quasi nella sua interezza nel live che sentiremo: ecco cosa ci racconta il cantante siciliano di questo suo momento di grande ascesa.
Ciao Lorenzo. Come stai?
Bene. Un periodo molto molto intenso di lavoro. Molto faticoso: quando ti trovi a fine marzo a indossare le calze di Natale vuol dire che sei fuori casa da troppo tempo. Il tour è lungo, poi sto continuando a lavorare come autore in Sony, lavoro come produttore, si potrebbe quasi dire che i concerti sono i miei giorni di vacanza.
E come si fa, in un lavoro creativo, quando entra in campo la fatica?
Io alterno periodi di intensa fase di composizione, che poi sono quelli creativi, per niente faticosi, a concerti, interviste, produzioni. Quello è veramente un lavoro, come dicevo prima. E’ una fase che amo comunque, perché fa parte del gioco, però sicuramente è più stressante ecco. Io comunque sono della scuola Nick Cave: se ti svegli la mattina e fai, anche se è una giornata meno intensa dal punto di vista creativo, la costanza porterà sicuramente dei frutti. E’ quello che fa lui, Nick Cave, ancora dopo tanti anni, appena si sveglia va in studio di registrazione e produce. Poi magari in due anni di scrittura ricavi otto canzoni valide, però anche il fallimento fa parte del processo, no?
Ascoltandoti parlare si nota moltissimo la tua provenienza siciliana, com’è che nei dischi questo forte accento sparisce? Lo fai apposta o ti viene naturale?
Il mio accento addirittura peggiora di anno in anno, però quando canto entro completamente in un’altra dimensione, in automatico. Vabbè magari si sente che non sono trentino, però l’accento lo perdo, ma se ci pensi anche Battiato, o la Consoli…
Beh, insomma, nel loro caso si sente abbastanza bene la provenienza.
E’ interessante, perché io non riesco a notarlo, da siciliano. Bene, mi fa piacere se nel mio caso si sente ancora meno. E pensare che vivendo a Milano mi sembra che il mio accento diventi più forte, più sono lontano dalla Sicilia più parlo siciliano.
Visto che hai menzionato Milano, e che nell’ultimo disco c’è una canzone che pare piuttosto polemica nei riguardi della città (“Maometto a Milano”, prossimo singolo con relativo video)… come si vive nella capitale lombarda?
Bene, è una bella città… la canzone in realtà è una roba quasi distopica: un immaginario che pare più critico di quello che in realtà è. La critica è rivolta a un certo atteggiamento diffuso che non si riscontra solo a Milano (“Aperitivo più Negroni sbagliato / il qualunquismo che poi genera soldi / Siete tutti felici, siete tutti risolti / Qui di sbagliato ci sono io”), mentre nelle strofe c’è un racconto quasi “esotico” direi, alla “Onda su onda” di Paolo Conte… ma quanto è bella la versione cantata da Bruno Lauzi?
Da Milano passiamo a Prato… è la prima volta che vieni nella nostra città vero?
Sì, è la prima volta! Ma è strano devo dire… in Toscana in generale si suona poco, sappiatelo, e a questo giro non abbiamo toccato Firenze, che di solito è l’unica tappa che ti propongono, e abbiamo fatto altre 3 date… un record! Abbiamo suonato a Pisa al Cinema Lumiere, bellissimo, e a Siena al Teatro dei Rinnovati… due posti dall’atmosfera magica… e adesso siamo al Capanno 17 che non conosco.
Ecco, sappi che qui ti aspetta un’atmosfera più rock’n’roll…
Ma meglio! Cioè, il concerto si presta a entrambe le facce. E’ un live complesso…multisensoriale! Profumiamo la sala come se fosse una chiesa, poi a un certo punto facciamo la comunione, c’è una parte visiva importante: un’esperienza completa insomma. Infatti ci stiamo rovinando, costa tantissimo questa produzione! Andiamo in giro in dieci!
Una domanda che faccio sempre perché mi pare anche di pubblica utilità: se tu dovessi far sentire due tue canzoni a qualcuno che non ha idea di cosa faccia Colapesce, due pezzi veramente rappresentativi di te e della tua storia, quali sarebbero?
Eh… è difficile. Forse in questo momento direi… è difficile. Allora… “Vasco Da Gama”, dell’ultimo disco… che certo non è un pezzo immediato ma raccoglie tutta una serie di immaginari, sia sonori che testuali (il mare, il viaggio, la carnalità) che racchiudono tutta la mia poetica. Anche dal punto di vista sonoro ora che ci penso, c’è un assolo di chitarra che pare quasi fado portoghese, ma poi c’è tutta la parte elettronica… quindi sì, da’ una buona idea del mio mondo. Tra i pezzi più vecchi, forse direi “Restiamo in casa”, dal primo disco. Ma son tutti figli miei, come faccio a rispondere? Io per comporre una canzone ci metto anche dei mesi, quando è finita non riesco mai a staccarmene del tutto.
E nell’iPod di Colapesce cosa c’è?
L’iPod non lo uso da anni. Vado di Spotify, o di Apple Music… in questo momento vediamo… ho ripreso un disco che non ascoltavo da un po’, che secondo me è bellissimo: “Emoh”, di Lou Barlow (storico bassista dei Dinosaur Jr.). Poi molta musica degli anni 60/70… di più recente… mi è piaciuto molto l’ultimo dei The National.
Compatrioti nessuno?
Sì, ci sono tanti artisti italiani che mi piacciono. Intanto Iosonouncane, che ha collaborato anche al disco mio, è un grande amico e lo stimo moltissimo. Poi c’è Alessandro Fiori che mi piace un sacco, peccato che non ha il successo che merita, perché ha una poetica bellissima e un immaginario molto pittorico e poetico… anche i Verdena mi piacciono, più dal punto di vista musicale che testuale… “Wow” è proprio un bel disco. Cioè diciamo che dove rintraccio una creatività autentica, ci sto. Appena sento “esercizio di stile” o “forzatura alla moda”, mi rompo il cazzo ecco. E mi rendo conto che questa cosa invecchiando peggiora… ma quasi mi fa piacere, ti spinge a cercare sempre nuova musica da ascoltare. Di recente per esempio ho prodotto il disco di Alfio Antico, un percussionista siciliano famoso in tutto il mondo, che ha un sound originalissimo: e pensa che fino a vent’anni faceva il pastore! Ma in generale direi che i talenti in Italia ci sono, ce ne sono tanti. Certo viviamo in un momento difficile: la gente va su internet e ascolta le playlist! Per un musicista è la morte! Cioè, i numeri li fai se hai una fascia di pubblico tra i 10 e i 16 anni: i dischi d’oro, di platino… li decidono gli adolescenti, che secondo me non dovrebbero scegliersi manco le scarpe! E pensare che il pop mi piace, lo ricerco, ma insomma ci sono dei limiti.
Ok, classica domanda di chiusura: progetti futuri?
Sto lavorando già a nuove canzoni… poi a un altro progetto strumentale, ma non a nome Colapesce… sto lavorando a una rivista, sto scrivendo canzoni per altri, come autore… concerti per tutta l’estate… insomma l’avevo detto che era un periodo impegnatissimo no?