Una cosa è sicura: non si è mai visto addio alle scene più spensierato e rock’n’roll di quello di Elio e Le Storie Tese. Negli ultimi tempi si è sentito (ed è successo) di tutto: “si sciolgono perché non hanno più nulla da dire”, “il pezzo di Sanremo era imbarazzante”, “troppo furbi, avevano detto che il concerto di Milano era l’ultimo e poi fanno un altro tour”. Alcune di queste frasi, ammetto, son passate per la testa anche a me, specie l’ultima, quando, a sole 24 ore dall’evento in questione, ho scoperto che avevo speso il proverbiale bricco di quattrini per assistere a un concerto finale che finale non era più (e di una band che avevo già visto live almeno altre venti volte!).
Poi però, quando, il 19 dicembre 2017, il velo che copriva il gigantesco palco a forma di bara (l’allestimento scenico per il “Tour d’Addio” è curato dalla nota ditta di pompe funebri “Taffo”, e sotto i cartelloni pubblicitari si legge “La band anticipatamente ringrazia”) e gli Elii hanno attaccato con la rullata al fulmicotone di “Servi della Gleba”, i dubbi e i malumori si sono vaporizzati.
Il concetto, semplice semplice, è questo: nessuno, NESSUNO in Italia suona dal vivo come Elio e Le Storie Tese. Voi mi direte che si tratta di gusti, vi rispondo che non lo so se è vero, c’è un certo grado di oggettività in questa -pur pesante, mi rendo conto- affermazione.
Peraltro, anche ora che, da mesi, i nostri eroi ci annunciano l’addio (o l’ “Arrivedorci”, per dirla con le loro parole), non si creda che essi stessi non siano consapevoli dell’enorme peso che hanno avuto e hanno nella storia e nella formazione del gusto della musica italiana degli ultimi anni. Lo sanno, gli EELST, chi sono, lo sanno.
Lo sanno bene, e trapela dalle loro parole un certo gusto quasi sadico nel ribadire che sì, comunque si stanno sciogliendo al top della forma. Anche giusto, si potrebbe pensare. Sacrosanto. In effetti. Intanto c’è ancora gente che non ci crede: “Ma VERAMENTE vi sciogliete?” è la prima domanda che arriva in conferenza stampa anche stamattina, 13 marzo 2018, al Mandela Forum Firenze, rivolta alle facce disponibili di Stefano Belisari, Nicola Fasani e Davide Civaschi. Ossia Elio, Faso e Cesareo. Reazione dei tre tra il (fintamente) annoiato e il divertito: “Sì, è vero”. Non stanno scherzando, non stavolta. E, davvero, se ne vanno, per dirla con gli anglofoni “in a blaze of glory”.
Chi era al concerto di Milano lo ha sentito: 3 ore di celebrazione della vita, nonostante l’allestimento funereo. Mai si era visto un palazzetto così sold out da avere occupati anche i posti DIETRO il palco. Chissà cosa vedevano i malcapitati e, ancora peggio, cosa sentivano. Tant’è, alla fine della serata Elio dice (e lo ripete anche alla conferenza stampa fiorentina): “Valeva pena fondare questo gruppo solo per sciogliersi”. Difficile mettere in dubbio la sincerità delle sue parole, quando tutto intorno ci sono diecimila persone che cantano “Forza Panino!” scandito al ritmo della batteria e delle lacrime.
Qualche mese dopo quel momento indimenticabile, Pratosfera decide di inviare me e Luca Taiti (tesserato storico del fan club ufficiale, Fava Onoraria, non per niente al mio fianco anche nella serata milanese), in qualità di esperti in materia, all’ultimo incontro con la stampa toscana dei nostri eroici. Ma siamo fan, prima che reporter, molto prima che reporter, anzi, non siamo quasi per niente reporter, e a quei tre dall’altra parte del tavolo gli vogliamo bene come a degli amici, o a dei parenti affezionati che vedi giusto quelle due volte l’anno.
Tanti di noi tra i 30 e i 50 anni sono letteralmente cresciuti con i dischi di EELST a scandire i passaggi della vita. “Eat The Phikis” ci ricorda una vacanza, “Cicciput” una ragazza, “Studentessi” un lavoro, un figlio, un amor perduto. Forse è per questo che ci viene tanto difficile accettare che se ne vadano così, come hanno sempre fatto, ridendo a crepapelle. E ci viene da richiedergli “Ma VERAMENTE vi sciogliete?”.
Sì, si sciolgono davvero: in primavera partirà il tour, che toccherà Firenze (al Mandela Forum, se non lo si era ancor capito) il 5 maggio prossimo venturo. Dopodiché, il grande vattelappesca.
Neanche loro lo sanno che cosa faranno. Ovviamente ci scherzano sopra: “Faremo gli influencer”, “Lasceremo tutto in mano ai nostri eredi: i The Kolors”, “Mangoni terrà alta la nostra bandiera”… Cesareo lascia anche uno spiraglio di speranza: “Chi vi dice che non ci riformeremo tra due anni?”. In fondo è un “Arrivedorci”, mica un addio, e quanto la facciamo lunga.
Hanno ragione, sembriamo più preoccupati noi di loro. Un po’ è normale, se si prende per buono e si capisce quanto ho scritto finora. Un po’ no, non è normale, ma del resto, cosa c’è stato di normale nella carriera degli EELST? Ben poco, davvero, ben poco. Intanto si continua a parlare. Si parla della musica di questi anni 10, di davvero poco appeal per i nostri gusti (si stava meglio quando si stava peggio? Boh, forse, l’importante è riderci sopra), si parla dell’ultimo disco, si parla dei grandi assenti, per motivi diversi, Feiez e Rocco Tanica (ma se ne parla, in un caso e nell’altro, con grande delicatezza e rispetto). Elio balbetta, non mi ero mai accorto che balbettasse così tanto. O forse, comunque, un po’ emozionato e commosso lo è anche lui.
Alla fine domande, saluti, autografi, foto, amenità varie. Il loro buonumore non appare mai forzato, si divertono ancora tantissimo, si vede bene. Ti verrebbe da dire, si, ok, ho capito, ci credo che vi sciogliete, non state scherzando… ma PERCHE’ lo fate? Anche a questa domanda, ovviamente, hanno già risposto miliardi di volte. Non si vogliono sentire più in gabbia, vogliono cambiare registro, marcia, forse, sacrosantamente, alcuni di loro vogliono cambiare vita. Egoisticamente potremmo insistere “E noi?”. Eh, a noi rimangono i dischi, ce lo hanno anche detto apertamente, un sacco di dischi, una autentica valanga di live (se si considerano i “Cd Brulè” delle turnè passate), inediti, rarità, video. Una produzione artistica sterminata, che neanche i fan più accaniti, quali siamo noi due inviati odierni di Pratosfera, può conoscere per intero.
E’ stato bello, questo lasciatecelo dire, bello per noi, bello per loro, per Feiez, per Tanica, per Mangoni, per la Donna Volante, bello il Vitello, belle le sonorità, bravi, grazie, tenchius, fenchius super much. Il sipario per ora si chiude, chissà che la vita non ci conceda un bis. E anche se no, va bene lo stesso: ci hanno fatto ridere, piangere, ballare, riflettere, emozionare per oltre trent’anni. Cosa devono fare ancora? Gli vogliamo mettere una scopa in culo così ci ramazzano la stanza?