L’ultimo dramma di Luigi Pirandello, “I giganti della montagna”, è una riflessione – incompiuta, interrotta dalla morte dell’autore – sul rapporto strettissimo tra vita e arte, tra realtà e teatro, tra persona e personaggio, tra attore e pubblico. L’idea dell’arte come vita ha percorso tutta la poetica di Pirandello, ma nei Giganti si fa più estrema, percorsa e percossa da infinite paure. L’ultima frase del copione incompiuto infatti è “Io ho paura”.
Da qui, dalla paura, inizia la versione del testo pirandelliano realizzata da Roberto Latini (premio Ubu 2014 come “miglior attore”, fondatore e anima di Fortebraccio Teatro) che lo ha adattato, ne ha curato la regia e lo interpreta. Evocativo nella stesura originale, dove attraverso un’intricata costruzione mitica Pirandello mette a confronto un repertorio di immagini arcaiche con un’inquieta interrogazione sulla condizione dell’arte nella società moderna, nella rappresentazione di Latini il dramma assume un carattere onirico, diventa un lavoro potente e visionario sull’immaginazione e sulla capacità di rendere concreto ciò che nella mente è astratto.
Premio della Critica 2015 (ANCT) e Premio Ubu 2015 come “miglior progetto sonoro o musiche originali”: con queste credenziali “I giganti della montagna” nell’interpretazione di Roberto Latini va in scena anche al Teatro Metastasio di Prato, da giovedì 11 a domenica 14 gennaio (feriali ore 20,45, sabato ore 19,30, domenica ore 16,30).
La vicenda di riferimento è quella di una scalcagnata compagnia teatrale che sta girovagando guidata dalla contessa Ilse, decisa a portare in scena “La favola del figlio cambiato” e respinta da tutti i teatri, e che alla fine si rifugia in una villa, chiamata ”Scalogna”, apparentemente abbandonata ma in realtà abitata dal mago Cotrone e dagli Scalognati, creature di natura ibrida, latrici di verità profonde sul senso della vita. Il dramma per il quale non riesce a trovare uno spazio teatrale ha per la contessa un valore speciale, testamentario, essendole stato dedicato da un giovane poeta suicida. In conclusione, Ilse mostrerà l’opera ai pubblico dei “Giganti”, coloro che hanno completamente abdicato alle ragioni dell’interiorità e dello spirito per correlare la loro esistenza ad una dimensione gretta, solo materiale; il dramma si interrompe a questo punto. Con l’ammissione di quel sentimento, la paura, e una bellissima frase di Cotrone che la spiega: perché, Contessa, “siamo qui come sugli orli della vita”.
L’incompiutezza del testo pirandelliano ha dunque catturato l’attenzione di un grande protagonista del teatro contemporaneo e la sua versione del tutto originale e metafisica dei Giganti trasforma quella incompiutezza in un punto di forza. “Il nostro è uno spettacolo che ha la speranza di stare nelle parole di Pirandello prima che nella trama e nei personaggi – spiega Roberto Latini – È un lavoro collettivo, anche se sono da solo in scena.” Infatti, il regista-attore interpreta tutti i personaggi del dramma, maschili e femminili, con il solo supporto della voce (al naturale o assistita dai microfoni, acusticamente alterata) e di posture, movimenti, gestualità, maschere, trampoli: alla parola è attribuita la massima potenza. “Voglio rimanere il più possibile nell’indefinito – dice ancora Latini – accogliere il movimento in-terno al testo e portarlo sul ciglio di un finale sospeso tra il senso e l’impossibilità della sua rappresentazione”.
Ma la versione di Latini è una partitura per voce, suoni e immagini: ci sono anche le suggestive musiche e suoni composti da Gianluca Misiti, inseriti in una scenografia spettrale e magica realizzata da Silvano Santinelli, con elementi scenici fortemente simbolici come il campo di grano dalle spighe dorate, sovrastato da video proiezioni di Barbara Weigel, con immagini di una potenza surreale. Poi, a completare l’atmosfera immaginifica dell’ambientazione, ci sono le bolle di sapone e i giochi di luci diretti da Max Mugnai.