“Il pasticcio della Festa delle Luci” probabilmente avrebbe suscitato meno indignazione, ma non per questo meno proteste, se il Comune avesse spiegato come si conviene la decisione di non riproporla, cosa che invece ha provato a fare davvero solo nell’incontro di ieri sera (19 gennaio) al circolo Curiel, promosso con un appello da tre ricercatori pratesi il mese scorso.
Sta di fatto che una legittima per quanto criticabile decisione della giunta si è trasformata in una questione politica vera e propria, e la responsabilità non pare certo di chi avanza le critiche ma di coloro che sono chiamati a governare e a far comprendere agli altri, e ai propri elettori in primis, cosa intendono fare della città che governano.
Le parole sono importanti (cit.)
Sulla Festa delle Luci c’è stato quindi “Un innegabile errore di comunicazione della giunta ma anche l’incapacità di comprendere le ragioni che ci hanno portato a questa scelta”, ha esordito Faggi, non cogliendo forse che comprensione e comunicazione sono di solito una la conseguenza dell’altra. Un concetto ribadito anche più avanti, quando ha detto che quella di Alessi è stata “Un’uscita infelice, ma se la persona più pacata e più di sinistra della giunta dice questo, allora fatevi dalle domande e datevi delle risposte”.
Finché da più parti non ne è stata fatta notare la sconvenienza, l’atteggiamento del vicesindaco si è tenuto in linea con le interviste rilasciate da lui e dall’assessore Alessi nel dicembre scorso, ovvero tutto teso a sottilineare le differenze tra le proprie logiche e quelle pur simili di una parte del suo elettorato (sociologi/intellighenzia VS gente che vive una vita normale, la novità di ieri sera), e solo in un secondo momento a spiegare davvero da cosa sia dipesa la scelta di non rifare la Festa delle Luci.
Allora il vicesindaco ha cambiato atteggiamento, sono spariti termini e toni che ne avevano caratterizzato gli interventi fino a quel momento e il confronto ha preso una piega da riunione di famiglia, come forse era stata intesa fin dall’inizio.
Una battaglia d’identità
Chi se n’è andato dal Curiel con il dubbio di non aver capito il vero motivo del mancato rinnovo della festa delle luci o perché una manifestazione del genere non possa coesistere con tutte le altre iniziative messe sul piatto della discussione, deve forse mettere in fila alcune dichiarazioni.
La visione della giunta sul quartiere è stata spiegata anche ieri. E’ una visione che rimane sottotraccia ma evidente e sostenuta da tempo da tutta la giunta. C’entra il nome con cui vuoi chiamare un luogo.
“La Festa delle Luci è un evento del tutto decontestualizzato dal quartiere” ha ripetuto per l’ennesima volta Faggi, ma non perché calato dall’alto come detto a più riprese. E’ decontestualizzato, ha precisato questa volta, perché “presenta un quadro distante dalla nostra visione per il quartiere, che non è chinatown ma macrolotto zero”.
Nella migliore delle ipotesi la giunta ha cambiato idea o, meglio, ha avuto campo più libero rispetto all’anno scorso per mettere in pratica uno scoraggiamento degli esotismi etnici nella zona a favore di un percorso capace, prima o poi, di far nascere una nuova forma di coesione nel quartiere a maggioranza cinese. Coesione come quella promossa dall’inaugurazione di “Piazza 5 marzo, una manifestazione adeguata che ha reso uno spazio alla vita del quartiere – ha detto il vicesindaco – anche se l’intervento urbanistico non basta certo a risolvere tutto, a portare fuori dal quartiere le attività produttive come vogliamo fare e a far nascere uno spirito di comunità secondo noi necessario per mettere in piedi grandi manifestazioni come può essere la festa delle luci”.
Quando Faggi dice “Non ci interessa fare una grande iniziativa come quella dell’anno scorso in un quartiere che non esiste”, oppure quando taglia corto dicendo “La festa non regge la rappresentazione della città”, sembra dire che il percorso che la giunta intende fare sia diverso da quello fatto finora e che per compiersi debba essere per forza rivolto e quindi coinvolgere tutti i soggetti presenti nella zona. Dal circolo Curiel al comitato dei residenti passando naturalmente per le associazioni e soprattutto per gli imprenditori cinesi.
“Abbiamo tralasciato il tema del lavoro illegale che la Cgil ha invece ritirato fuori in questi giorni – ha aggiunto il vicesindaco – è questo che intendo quando dico che è ora di considerare gli imprenditori cinesi soggetti attivi sul territorio e quindi portatori di grandi responsabilità. E’ questo il tema cui dobbiamo dare la precedenza adesso – ha concluso – col budget ci saremmo anche arrivati, ma il turismo culturale della festa delle luci non ci è sembrato utile in questo momento”.
Cos’è la politica
“In un momento di fallimento per i partiti e di regressione di luoghi della politica come per esempio i circoli, chi pensa che un Comune possa davvero cambiare le vite delle persone, forse lo sopravvaluta”. E’ la frase forse più delicata pronunciata durante l’incontro dal vicesindaco Faggi. Che subito dopo ha aggiunto: “Avevamo deciso di non fare la festa e avevamo intenzione di presentarci qualche mese dopo con iniziative capaci di coinvolgere le persone del quartiere e ripartire con una formula adeguata. Lontano cioè dal momento di lancio del porta a porta – ha concluso – e invece per un errore di comunicazione, eccoci qui”.
Il resto
Il presidente di Confindustria Toscana Nord Andrea Cavicchi non era presente ma ha fatto leggere un comunicato a Gabriele Zhang. Nel comunicato ribadisce l’importanza di sostenere un’iniziativa capace di raccontare una città proiettata verso il futuro. “Al presidente non si insegna nulla – ha commentato l’assessore Mangani – lo prendiamo come impegno di Confindustria a sostenere qualsiasi iniziativa verrà fatta in questo quartiere”.
E’ arrivato anche l’assessore all’urbanistica Barberis, ma non ha parlato.
Numerosi e quasi tutti interessanti gli interventi del pubblico presente all’incontro moderato da Andrea Valzania, Sara Iacopini e Caterina Guidi. Su tutti quello del presidente del Curiel Moschiti, che ha raccontato le iniziative e i successi di un lavoro lungo un anno in via Filzi con le associazioni della zona, e quello di Cristina Pezzoli di Compost, che ha gettato un po’ di luce sulla natura della festa che non si farà.