Artista fiorentino, coreografo di fama internazionale e direttore della Biennale Danza di Venezia, al Teatro Metastasio da giovedì 1 a domenica 4 dicembre (feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30) Virgilio Sieni dà corpo a Isolotto, un assolo che riporta dopo tanti anni la danza di autore all’interno di una stagione del Met.

Un nuovo assolo a quindici anni dallo storico Solo Goldberg Improvisation, vera e propria mappatura fisica della ricerca di Virgilio Sieni, Isolotto è una performance composta da undici sequenze coreografate, undici brevi danze – Camminare, Voltarsi, Rannicchiarsi, Girare, Cullare, Articolare, Bamboccio, A quattro zampe, Piangere, Embrione e Giù – per ripercorrere le fasi di crescita dell’uomo a partire dalle azioni primarie.

Uno spettacolo denso di movimento, in cui si succedono gesti che rimandano a funzioni quotidiane e gesti che evocano il passato ancestrale di un’umanità non ancora bipede, tracciando un percorso evolutivo insieme comune e singolare, dalla preistoria a oggi ma anche dall’infanzia all’età adulta.

Un percorso di indagine ciclico e ancora in corso immerso nell’esplorazione delle infinite diramazioni del corpo, riproposto sulle evocative strutture musicali eseguite dal vivo da un grande chitarrista dalle collaborazioni eccelse, il norvegese Eivind Aarset con la sua chitarra elettrica.

« Questo spettacolo è frutto di un lavoro continuo – racconta Sieni – frutto di un percorso di iniziazione che si riversa nel mio stare nel quotidiano da tutti i punti di vista, dall’alimentazione, alla luce, agli ambienti che frequento. Non è autobiografico, indaga gesti semplici – come sedersi, inginocchiarsi, voltarsi – ma anche sentimenti – sofferenza, commozione – per costruire con precisione lo spazio dell’incerto, dove si cerca di dare un contorno a ogni cosa sconosciuta e incompiuta, inseguendo l’unità come principio di ogni cosa. Un’antologia del corpo alla riscoperta di segnali archetipici. Il titolo allude sia all’idea di microcosmo sia al quartiere di Firenze in cui sono nato, in cui negli anni ’60 c’era un senso della comunità molto forte. C’è anche una componente emozionale: trovare un modo per riscoprire ogni gesto attraverso la memoria».