Se lo chiami Chinatown, come a Prato ormai lo pensano in molti, non va bene. Qualcuno storce la bocca, qualcun altro protesterà apertamente. Se lo chiami Macrolotto Zero invece, con quell’accezione identitaria che ormai si riscontra solo nell’urbanistica impazzita, l’idea che ti ritorna indietro è appunto quella di un crogiolo di scale di grigio e insegne colorate e caos. In qualsiasi modo lo si voglia chiamare, il quartiere che si dipana lungo via Pistoiese e via Filzi è comunque un buco nero nel quale ogni forza sta lottando per trovare il proprio posto, e a volte non sembra riuscirci.
Come il braccio penzoloni che dalla finestra di una soffitta accoglie il mio ingresso in via Pistoiese, la sera della finale degli Europei 2016. E’ afflosciato nel vuoto sopra il marciapiede, dall’altra parte della strada. Sembra un’installazione d’arte contemporanea un po’ macabra che mi parla di disagio e di un letto troppo vicino al soffitto per essere considerato tale.
Primo Tempo
Sta facendo notte e in piazza dell’Immaginario la voce di Caressa sta già raccontando Francia e Portogallo ad una platea variegata ma prevalentemente cinese. Hanno tirato su questo telo bianco, piazzato il proiettore su un tavolino basso e disposto le sedie tutto intorno di fronte all’agenzia delle scommesse. Una cinquantina gli spettatori attenti e concentrati. L’infortunio a Ronaldo e subito dopo il quasi gol di Griezmann saranno le prime fiammate di una serata lunghissima, piena di urla di stupore e di spavento. Perché in questa caldissima serata di luglio, via Pistoiese tifa compatta il Portogallo e il suo famoso capitano impomatato.
Li lasciamo alla partita e seguiamo i suoni che arrivano dall’altra piazza dell’Immaginario, che si chiamerà piazza 5 marzo. Scendendo in strada, ci fermiamo però a guardare in uno di quei budelli di cemento che in questa zona collegano case e fabbriche con la strada principale. Laggiù in fondo al tunnel di pietra, una donna ci dà le spalle sedendo su una seggiola di plastica bianca. Immobile, sembra fissare il muro.
Sono scene comuni per chiunque passi in via Pistoiese verso sera. Un po’ meno lo sono quelle che ci accolgono nella futura piazza 5 marzo, dove i ritmi arabi della danza del ventre tengono impegnate due ballerine e la platea di cinesi muniti di smartphone. Ci fermiamo un attimo. Sullo sfondo la grande scritta Pam illumina la scena e fa da contraltare alle poche luci colorate della coreografia. Una ragazza vestita da sera sta volteggiando sul palco, poi la musica si ferma e capiamo che non stiamo assistendo allo spettacolo ma alle prove dello spettacolo.
Fa un certo effetto sentir risuonare questa musica nel bel mezzo del quartiere cinese, soprattutto dopo tutto quello che la cronaca ha offerto negli ultimi tempi in fatto di rapporti tra magrebini e cinesi e raccontato di scippi, aggressioni, ronde e tensioni varie tra le due comunità.
Intervallo
In piazza dell’Immaginario Caressa ha mandato tutti a prendere un tè caldo ma la platea di spettatori non gli dà retta e se qualcuno si alza per sgranchire le gambe e qualcun altro si accende l’ennesima sigaretta, non sono pochi quelli che infilano la porta dell’agenzia di scommesse lì accanto. C’è venuta sete ma il bar Lo Scalino è chiuso e allora decidiamo di passare sotto la galleria che collega via Pistoiese e via Filzi e provare con il circolo Curiel. La galleria, disegno d’un architetto che non aveva calcolato il passare del tempo, è punteggiata di tavoli e sedie a servizio dei locali che vi si affacciano. E sì, ci dev’essere un po’ di movida anche in questa zona della città, durante il fine settimana.
Dentro al Curiel c’è un caldo soffocante. Prendiamo una coca cola e ritorniamo indietro, superiamo il maxischermo e corriamo dalla danza del ventre. Che però ha lasciato il posto a esibizioni canore in cinese che strappano applausi a scena aperta. Mentre Patrizio Pierattini e Mark Lee, alternandosi sul palco, esaltano una platea che finalmente sembra riconoscere parole e talento, accanto al palco un paio di ragazzi dispensano vino a chi ne fa richiesta.
Secondo tempo
Il secondo tempo della finale tra Francia e Portogallo ha un sussulto quando i lusitani sfiorano il gol. Non è ancora l’80’ e in piazza dell’immaginario s’alza un grido collettivo per la marcatura sfiorata. L’atmosfera è piacevole, ce ne accorgiamo solo alla distanza. L’assenza di rivalità calcistiche incancrenite che spingono a prendere questa o quella parte, la mancanza di una cultura del pallone che affonda nei secoli lascia intravedere come potrebbe essere vissuto il calcio davvero. E’ una novità per un italiano. Qui, a due passi dal campanile del Duomo, il calcio sembra diventare un altro sport: un po’ più gioioso e guardare per bene anche un poco più divertente. Poi il pensiero scivola nel futuro e si fissa sull’ipotesi di una fortissima nazionale cinese di calcio e sull’effetto che questo potrebbe avere su serate come questa. E l’italiano del calcio riprende il sopravvento.
La danza del ventre è intanto entrata nel vivo. Due ragazze si alternano nel ballo, poi arriva l’esibizione solista.
Al termine, è la volta del karaoke. Ma dopo quella che dovrebbe lanciare la serata di esibizioni, seguono alcuni minuti di silenzio. Non si fa avanti nessuno. Guardando l’orologio, ci accorgiamo che si è fatto tardi. Sul palco non sale più nessuno.
Tempi supplementari
Il replay della spinta di Pepe sull’angolo al 102′ scatena l’ilarità generale. La successiva occasione su angolo, esclamazioni di stupore. La tensione è massima.
In attesa del secondo tempo supplementare ci ritroviamo in piedi a guardarci, saltellanti, cellulare di fronte alla bocca pronto per essere usato, e il caldo, per un attimo, mi porterebbe pure a ripiegare l’orlo della maglietta sopra l’ombelico come il mio vicino. Ma poi mi accorgo che i giovani non lo fanno e lascio perdere.
E’ l’ultimo momento di calma, perché gli ultimi quindici minuti sono al cardiopalma. La traversa del Portogallo genera urla isteriche, proprio come se giocasse un lontano parente. Il gol di Eder fa esplodere piazza dell’Immaginario in un boato e alzare una selva di pugni verso il cielo.
“Che finale amici”, urla Caressa! Ormai il silenzio è rotto. Arrivano di corsa due ragazzi con un kebab in mano. Uno fa segno all’altro di proseguire ma questo alza il biglietto che ha in mano, si allunga per guardare il maxischermo, esulta. Deve aver preso il risultato.
Negli ultimi concitati minuti, grida stridule di scongiuro accompagnano ogni azione della Francia verso la porta lusitana.
Poi l’arbitro fischia la fine, il Portogallo ha vinto, Caressa è sfinito e il Macrolotto Zero si scioglie in un applauso liberatorio. Molti rimangono a guardare le lacrime di Cristiano Ronaldo, alcuni le fotografano addirittura. Tutti sorridono e chissà se pure loro, come chi sta scrivendo, stanno pensando che il severo dio del calcio sa ancora impartire lezioni bellissime.
Foto di Agnese Morganti/Cantuccina