Unfinished Nietzsche, un progetto di Underwear Theatre & Mjasma Project ispirato al testo L’Anticristo del grande filosofo Friederich Nietszche. Intorno alle tele di Alessandro Azzario, Filippo Frittelli ha sviluppato una performance teatrale alla quale partecipa Benedetta Bicceri con la supervisione tecnica di Mauro Forte. Si tratta di un inedito, che andrà in scena mercoledì alle 21,30 a Officina Giovani.
“Un buco nero, una stella che muore, un addensamento dal quale nulla può sottrarsi, dove lo spazio ritira, collassa e precipita in un ignoto – spiega il regista Frittelli -. Un titolo, dal valore fortemente simbolico, utilizzato dal grande pensatore tedesco a fine Ottocento per armare un arguto saggio di contestazione, resta oggi intonso nel suo potere evocativo. Indubbiamente F.Nietzsche è mezzo e risultato dell’evoluzione del pensiero moderno e L’Anticristo è uno dei suoi meccanismi più efficaci”.
Secondo Frittelli, la questione che il filosofo monta senza risparmi, pagina dopo pagina, scavando e vorticando sopra dogmi e concetti di chiesa e di clero, non lascia indifferenti. “Fissando nella distruzione di un Moloch religioso che altro non ha fatto nei secoli che indebolire lo spirito dell’uomo – precisa – lo scrittore demolisce e trita, liberando la vicenda umana da ogni speculazione metafisica. Un vero e proprio vortice d’aria che spinge lontano dal giudizio di Dio e da ogni altro buco nero creato dalla fantasia. Facendo appello con una rinnovata spinta alla materia organica che soggiace alla vita, cortocircuitando, ristabilisce i presupposti per un ri-eccitamento dell’anima defunta in un cimitero di parole”.
Scene coinvolgenti, che saranno armonia con la pittura di Alessandro Azzario, elemento scenico primordiale, “un big-bang contro cui la parola si rifrange, s’aggrappa, si perde, una sterminata nebulosa colma di infiniti conflitti tempo-luce che paiono voler bucare la tela di significati che ineluttabilmente si salda negli occhi dello spettatore, ma dove il precipitare del suoni, l’a-spazialità del gesto, la parcellizzazione della luce, rigetta l’esseità verso una doppia o multi-dimensionalità del corpo-messaggio in cui le percezioni rimangono imprigionate e ogni tentativo di mettere a frutto l’esperienza muore. Come uomini isolati nei millenni, incontaminati dall’egemonia della forma, la pittura d’Alessandro Azzario diviene un big-bang contro cui la parola si rifrange”.