Diciamo sempre con Diana, la mia fidanzata pratese, che ci potremmo trasferire a Prato.
Lei mi risponde: potremmo farlo, dal momento che io non sono affatto pratese, ma di Campi Bisenzio, o al limite di Carmignano, e se ci pensi bene gli anni che ho vissuto in quei posti sono ormai gli stessi che sono stata a Firenze. Quindi vedi te se son pratese.
Va bene, le rispondo io, ma dicevamo del trasloco.
Sì, proseguo dopo un po’ che lei è rimasta in silenzio a guardarsi la punta di una scarpa, gli affitti costano meno, abbiamo tanti amici là e come ultima cosa potremmo guadagnare del tempo, dico perdendolo. Mi riferisco e diventare pendolari, mi attira molto. Potremmo leggere, in treno, o sonnecchiare, o ascoltare musica o fare un corso di francese.
Certo, mi dice Diana, tanto per dirmi qualcosa.
Gli affitti, riprendo io, e poi ci sono tante cose da fare, il Pecci riaprirà, ci saranno nuove cose da esplorare, nuove persone da conoscere, Firenze per me, e mi vedo riflesso nei suoi occhi come un vecchio cane.
Cosa pensi? Mi interrompo io.
No, niente, dice Diana, e ripenso a tutti quei discorsi che le faccio sui fantasmi, sui muri tutti ricoperti di scritte JADO.
Esatto, annuisco io anche se lei non ha detto niente, è come uno di quei video game dove tutte le missioni di un livello sono fatte e te ti giri su di un piano senza niente da fare.
Sì, mi fa Diana sorridendo, ho capito a quali videogame ti riferisci.
Ma poi non traslochiamo mai.
Il livello del video game forse non è ancora completato, i fantasmi non sono poi tali e le scritte JADO, enormi sui muri a poco a poco vengono cancellate dai commercianti e a noi quasi verrebbe voglia di uscire la notte per riscriverle, perché non si perda la memoria.
La sua, o la nostra.