Eccoci di nuovo all’appuntamento con le Giornate Fai di Primavera, giunta ormai alla sua ventiseiesima edizione. Sabato 19 e domenica 20 marzo, il Fondo Ambiente Italiano di Prato-Pistoia, presieduto da Rosita Galanti Balestri, vi aspetta in due luoghi d’eccezione dell’area pratese: lo storico Cicognini nel centro di Prato e l’antica Pieve di San Giusto abbarbicata sulle pendici del Pinone, nel cuore del Montalbano, territorio di Carmignano. Un’iniziativa patrocinata dai Comuni di Prato e Carmignano, e dalla Provincia. “Queste aperture straordinarie – ha spiegato Galanti Balestri – rispettano l’impegno del Fai di accendere i riflettori sui luoghi dell’istruzione e sui luoghi da salvare”.
Cicognini. La visita alla splendida struttura è prevista in più tranche. Si parte la mattina del sanato, alle 10, con un tour guidato solo per gli iscritti al Fai, quindi apertura al pubblico dalle 14 alle 18, e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. Ad accompagnare i visitatori degli apprendisti ciceroni molto speciali: gli studenti del liceo linguistico che sapranno spiegare nel dettaglio sia in inglese che in tedesco e cinese. Durante l’apertura sarà proiettato in loop l’anteprima del documentario “Gabriele D’Annunzio a Prato. Gli anni della giovinezza al Cicognini”, per la regia di Massimo Luconi.
E finalmente una bella novità: grazie all’impegno del rettore Paolo Calusi, i visitatori potranno conoscere anche i locali del Cicognini finora rimasti privati, oltre naturalmente all’Oratorio del Pellegrino, che custodisce il Cristi crocifisso tra i simboli della Passione di Bonaccorso di Cino.
San Giusto. Le visite alla splendida Abbazia si svolgeranno in continuum dalle 9 alle 17 sia sabato che domenica, mentre domenica alle 16 si svolgerà un concerto di flauto a cura della Scuola di Musica l’Ottava Nota. Ogni tour sarà gestito dagli Aspiranti Ciceroni del Cicognini e dai volontari dell’Associazione Amici di San Giusto. Si tratta di un gioiello architettonico risalente all’anno mille: un’abbazia cistercense situata sulle colline di Leonardo, territorio protetto dall’Ampil per la presenza di un rarissimo bosco di agrifogli secolari e premiato dalla storia oltre che per la presenza della chiesa anche per un sito etrusco dell’VII secolo a. C.
Il problema principale dell’Abbazia è che è stato al centro di un qui pro quo che lo ha relegato a una terra di nessuno. Fino a qualche anno fa era convinzione comune che la chiesa appartenesse a privati da almeno due secoli: prima alla famiglia Cinotti, che l’aveva talmente trascurata da usarla come stalla; poi dal 1925 alla Famiglia Contini Bonacossi che aveva provveduto, invece, insieme al Genio Civile, a restituirle una dignità di luogo di culto per un po’ per poi farla ripiombare in un pericoloso sonno. La verità venne causalmente scoperta 4 anni fa dall’assessore alla Cultura Fabrizio Buricchi: alcuni documenti dell’archivio storico carmignanese gli palesarono una realtà ben diversa da quella che era la tradizione orale. L’Abbazia è, infatti, di proprietà dello Stato dal 1893, da quando cioè Tito Cinotti venne obbligato da un Regio Decreto a cederla in quanto non più utilizzata a fini di culto. E sempre in base ai documenti, è il Comune a doversi occupare della manutenzione. L’ultimo carteggio fra lo Stato e il Comune, però, risale al 1923 e riguarda un appello con il quale il Comune chiedeva allo Stato lavori di manutenzione straordinaria urgenti e inderogabili a causa dello stato di disfacimento in cui versava la chiesa. Poi tutto s’ingarbuglia. Nel 1925 i Contini Bonacossi acquistano una tenuta enorme con un atto di molte e molte pagine di protocollo piene di particelle catastali, ma nessuna riporta la particella 57 foglio 39, particella fatta esattamente come l’abbazia. Di lì a poco, però, i carmignanesi si convincono che San Giusto è dei Contini Bonaccossi e questa diceria si spande proprio quando il Conte diventa il podestà di Carmignano. Al di là di ogni supposizione, comunque, la chiesa è stata mantenuta in uno stato di decenza per qualche decennio per poi essere lasciato nel più totale degrado. Da quando Buricchi ha ricostruito i fatti, le chiavi sono tornate in mano statale, ma la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Firenze Prato e Pistoia ha finora solo aggiunto carenze e noncuranza all’indifferenza. Da qui la nascita dell’associazione che ha in mente di organizzare una serie di iniziative mirate alla raccolta fondi e a far conoscere la chiesa.