La domenica sera, sul treno regionale delle 18.10 in partenza da Santa Maria Novella destinazione Viareggio, sul treno ci sono le persone che vivono nella Piana. Con le facce liete come ustionate dal sole tornano a casa dopo il pomeriggio a fare shopping a Firenze.
Faccio il gioco di riconoscere le sottilissime differenze di accenti: le due signore con le figlie che parlano di cosa hanno pubblicato su Facebook, loro sono di Calenzano, anzi no, irrimediabilmente di Sesto Fiorentino. Mentre i 3 adolescenti che mi siedono accanto sono di… Vaiano? No, aspetta un attimo, ascoltiamo meglio. Mi siedono attorno e parlano di musica (citano, ma dimmi cosa hanno riesumato, i Sum 41 mentre uno parteggia per Jim Morrison). Ecco, uno si direbbe provenire da Iolo, la sua compagna da Prato centrale, ed è là che scendono, mentre la moretta si direbbe de Il Rosi.
Come sono belli questi treni affollati di domenica sera. Hanno un che di noto, qualcosa che mi ricorda l’argomento preferito da tutta la letteratura del Novecento.
Le speranze, la disillusione della domenica sera e il chiarore degli schermi dei telefoni che si riflette sui loro volti. Poi il treno lentamente comincia a muoversi e io mi metto a fissare l’oscurità fuori dal finestrino, per sentirmi parte di quel momento.