Tre libri in due anni e un cerchio che si chiude per Fausto Bagattini. Dopo “Portieri. Eroi di sventura” e “Portieri. Figli di puttana” ecco infatti arrivare “Ciclisti nella bufera“ (Ultra), dove l’autore pratese, pur rimanendo nel campo delle agiografie inverse, se così possiamo chiamarle, svela alcuni dettagli autobiografici che rimescolano tutto il suo lavoro di ricerca e di narrazione sportiva. Dove la bufera in questo caso, metaforica o letterale che sia, non è solo quella sportiva ma anche quella che lega indissolubilmente un padre e un figlio.
Dopo i portieri, i ciclisti. Cos’è successo?
“Portieri e ciclisti sono entrambi uomini soli, ma il ciclista è lo sportivo più solo di tutti. Non solo per la fatica e per i sacrifici che è costretto a fare. Statisticamente, il ciclismo ha infatti percentuali di vittoria vicine allo zero, cioè è lo sport in cui chi lo pratica è a più stretto contatto con la sconfitta. Prendiamo Eddy Merckx per esempio, uno dei più grandi ciclisti di sempre: ecco, nella sua carriera il numero di sconfitte ha superato ampiamente quello delle vittorie. Poi c’è anche altro, non è solo la fascinazione per le sconfitte e gli straordinari sconfitti nello sport che mi ha portato a “Ciclisti nella bufera”. Il ciclismo è dentro la mia vita da sempre e anche se non direttamente credo mi abbia influenzato molto. Da qui anche l’urgenza di scriverlo, di raccontare queste storie che sono bellissime e commoventi”.
Ecco, stavo appunto pensando a dove è stato trovato il tempo per scriverlo, visto l’impegno come ristoratore
“Ho saltato il pranzo per diversi mesi, scrivendo quando potevo, anche la notte, dopo il lavoro. Volevo scriverlo a tutti i costi. Io mi chiamo Fausto a causa di Fausto Coppi e perché mio padre è sempre stato un fanatico di ciclismo, tanto che credo abbia registrato tutte le corse ciclistiche comparse sulla tv pubblica dagli anni ’70 a questa parte. Questo libro è dedicato a lui in un momento particolare della sua vita e volevo che fosse una sorpresa. Quindi questo è un libro sul ciclismo e sui suoi personaggi straordinari ma è anche un libro sul mio rapporto col ciclismo, che in casa mia è da sempre vissuto come una religione. Per scriverlo, per documentarmi intendo, ho trafugato intere annate di “Bicisport” dall’archivio di casa” e pescato a piene mani nella mia infanzia. Sono orgoglioso del risultato”.
Non sveliamo di più. Parliamo invece dei ciclisti nella bufera.
“Ci sono ciclisti che hanno fatto la storia di questo sport e anche nomi meno noti. Si va da Girardengo a De Filippis, cui spostarono il traguardo, passando per Indurain, il gatto di Pantani e Cadel Evans. C’è Moser e la beffa del Nurburgring. Ci sono sconfitte clamorose, altre assurde e incredibili, ci sono Bormio e il Pordoi, i luoghi mitici del ciclismo e delle bufere, e poi le storie. Storie di uomini e delle loro debolezze, tutti alle prese alle prese con quei rovesci della sorte con cui non sai mai quando la vita ti colpirà”.
Cosa c’è in ponte dopo i portieri e i ciclisti?
“Niente sport. Adesso mi riposo, soprattutto mentalmente, e poi vorrei mettere in cantiere un romanzo. Ci sto pensando e magari proverò a scrivere un thriller”.
“Ciclisti nella bufera” si trova già in libreria, edito da Ultra.