Il Cesvot ha commissionato all’Università di Pisa uno studio sulle associazioni di volontariato toscano chiamato “Oltre la crisi. Identità e bisogni del volontariato in Toscana” e ieri mattina, in un incontro organizzato nella sede dell’associazione, è stato illustrato il dettaglio pratese.
La ricerca a livello regionale è svolta da settembre 2014 a febbraio 2015, ha acquisito informazioni strutturate e dettagliate su ben 1.712 organizzazioni di volontariato presenti in tutto il territorio regionale, cioè il 52% del totale delle organizzazioni volontariato aderenti al Cesvot. E’ la ricerca più ampia mai condotta sul volontariato in Toscana.
“Il volontariato pratese – ha detto Cristina Tacconi, presidente della Delegazione Cesvot di Prato – continua a garantire servizi nonostante le difficoltà perché questo è nelle stessa natura del volontariato che non guarda alla mancanza di fondi. Purtroppo queste difficoltà sono oggettive e su Prato il rischio che si vada a compromettere l’esistenza delle piccole associazioni è più che evidente. Queste realtà garantiscono la presenza di una rete capillare di servizi rivolti al cittadino e sempre più punto di riferimento per l’intera comunità – ha continuato – In questo scenario il Cesvot si inserisce giocando un ruolo di aiuto e di sostegno. Nel 2016 partiremo con un bando ad hoc dedicato alla formazione, fondamentale per i volontari e neo volontari che rappresenta uno strumento imprescindibile per opporsi a questa carenza di fondi”.
Il volontariato a Prato
Secondo lo studio, le associazioni di volontariato pratesi sono 191 e nonostante la crisi un quarto di queste, cioè il 25%, sono nate dopo il 2005. Un dato ancora più evidente se si considera che, spiega la nota inviata ai giornali, è “più o meno la stessa percentuale di quelle nate prima del 1994”.
- Quasi tutte le associazioni di volontariato pratesi svolgono attività rivolte alla popolazione (tutte le grandi).
- C’è una prevalenza di associazioni di piccole dimensioni (costituiscono il 65% delle nate negli ultimi cinque anni).
- Il settore prevalente è il sociale, soprattutto tra le associazioni più giovani (di esse, il 40%).
- C’è una certa uniformità tra le modalità di finanziamento, con una tendenza all’autofinanziamento (soprattutto nelle piccole e medie associazioni). Delle associazioni più anziane, il 44,1% riceve finanziamenti pubblici.
- Il 65,9% delle associazioni è privo di convenzioni con enti (delle più giovani, l’85% non ne ha attive) e questo è uno dei segni più evidenti della crisi economica e delle sue inevitabili ricadute anche sul volontariato.
- A mantenere in vita molte associazioni, c’è il fatto che il 74,2% di esse usufruisce di una sede in comodato d’uso.
“La crisi socio-economica – si legge nella nota – genera una diffusa preoccupazione rispetto alla diminuzione di fondi (44,8%; delle medie associazioni il 58,1%): minori donazioni da parte dei privati, meno finanziamenti e convenzioni più sporadiche da parte del settore pubblico, e impossibilità di aumentare le quote associative per i soci. Il calo delle adesioni ha riguardato quasi esclusivamente le piccole associazioni”.
Bisogni dell’associazionismo pratese
“Per migliorare la vita associativa – spiega la nota – si chiede di favorire l’accoglienza e il tutoraggio verso i nuovi volontari (32,5%, soprattutto nelle piccole e grandi associazioni), dando ai volontari più riconoscimenti concreti (19%; esigenza percepita in maniera più marcata nelle più giovani). Successivamente, è necessario migliorare le forme di comunicazione interna alle associazioni. Le emergenze si legano alla necessità di risorse: economiche, per migliorare l’offerta di servizi (72,4%), ed umane, per incrementare l’incidenza sul territorio (30,3%). A tal fine, le associazioni riconoscono trasversalmente l’importanza di ottenere una maggior visibilità comunicativa. È interessante notare nella ricerca come il 16,7% delle associazioni chieda di acquisire skills nell’uso dei social media e dei mezzi di informazione (volontariato 2.0)”.
Il futuro
“Se le associazioni pratesi hanno compreso come sia necessario mettere al centro i servizi, e quindi acquisire le competenze e le modalità per garantirli, rispetto al futuro percepiscono ampiamente il declino dei requisiti di gratuità e spontaneità (32,5%), ipotizzando sia una maggiore dipendenza dalle istituzioni pubbliche (18,3%), sia un passaggio a forme organizzative tipiche dell’economica sociale (19%), che si accompagna ad una crescente aziendalizzazione/managerialità del settore (12,7%). Tuttavia, il 16,7% delle associazioni afferma che un modo per affrontare il futuro in maniera proficua è proprio recuperando della tradizionale tendenza etica e politica del volontariato”.
La situazione del volontariato in Toscana
Ecco l’infografica sul volontariato toscano realizzata sulla base dello studio condotto dall’università di Pisa per conto del Cesvot.