In via dell’Alberaccio c’è un vecchio orditoio chiuso da anni che sabato 27 febbraio riaprirà i battenti. E come sempre più spesso accade, gli stanzoni a Prato diventano spazi legati all’arte. Stavolta siamo addirittura dalle parti del Dadaismo, avanguardia artistica dei primi del ‘900, e nello specifico di un “DadaHearse”, un carro funebre dada frutto del progetto di Francesca Ihle e alcuni compagni di viaggio che fanno capo all’associazione culturale “Negazione Parodosso Mutamento”.
“Il nostro spazio sarà aperto a progetti culturali qualificati nelle varie arti, dalle arti visive a quelle della parola e del corpo ma soprattutto – spiega Francesca Ihle – sarà una presenza inedita nel panorama culturale, con l’obiettivo di riscoprire i valori del nostro Occidente, nell’ottica di un incontro proficuo con altre culture per una crescita umana ed intellettuale nel rispetto delle reciproche identità. Siamo convinti che la nostra cultura, e quella italiana più di altre, abbia ancora molto da dire e da raccontare”.
“Dadahearse” aprirà al pubblico (sabato 27 Febbraio alle 18, via dell’Alberaccio 98) con ”Naturaleza”, una mostra personale di Stefania Ormas, artista pugliese selezionata dal collettivo artistico Dadahearse. La mostra sara visitabile fino al 12 Marzo previo appuntamento telefonico. “La densità viva dei corpi vivi di Stefania Ormas scaturisce da uno sguardo esaltante sul pulsare della vita, un gesto tracotante e inebriante, che solo all’arte è consentito, ovvero strappare allo scorrere del tempo lo splendore di un sorriso per consegnarlo ad una totalità ineffabile” spiega il collettivo in una nota. La mostra è curata da Tiziano Licata.
“Quando siamo entrati per la prima volta in questo spazio lo abbiamo trovato come fermato nel tempo – racconta Ihle – tra le tante cose c’era anche un coccodrillo imbalsamato, forse frutto di uno dei viaggi in Africa del proprietario del fondo. Ecco – aggiunge – ne abbiamo fatto subito la nostra mascotte”.
“Dichiaro che Tristan Tzara trovò la parola (dada) l’otto febbraio 1916 alle sei di sera. Ero presente con i miei dodici figli quando Tzara pronunciò per la prima volta questa parola, che destò in noi un legittimo entusiasmo. Ciò accadeva al café de la terrasse di Zurigo, mentre portavo una brioche alla narice destra”. (Jean Arp)