Mercoledì 17 Febbraio – La bastarda di Istambul – Teatro di Rifredi
La nostra Broadway, Rifredi. Il nostro spettacolo, “La Bastarda di Istambul”. Ovviamente sold out. Signori e signore, passato Sanremo, passate le solite polemiche sul Festival dei fiori (sempre le stesse a dire la verità), Firenze vi offre una evento da non perdere. Perché? Perché il regista è il grande Angelo Savelli, padre dell’altrettanto grande Andrea Bruno, noto alla Firenze popolare per essere oltre che artista, tifoso viola incallito. Perché c’è Serra Ylmaz, si, esatto. Una sorpresa, direttamente arrivata da Campi Bisenzio dove era in scena con l’altro mitologico spettacolo, “Il Bagno Turco”. Domani al Franchi sarà la vostra serata, cari mariti: stasera concedetela alle mogli, che sicuramente hanno acquistato il biglietto lo scorso settembre. La Ylmaz è talmente difficile che venga a Firenze, che non si può sbagliare. Accontentiamo le consorti, aspettando una vittoria contro il Tottenham.
Giovedì 18 Febbraio – La merda – Teatro Puccini
Adesso basta: dobbiamo smetterla di giudicare le cose o le persone per il nome che hanno. Del resto nessuno ha mai pensato che Scoglio Nando, pur destando le ilarità del caso, sia una persona noiosa. Senza parlare di Foglio Rosa, che non pensiamo abbia mai lavorato in un’autoscuola.
“La merda”. Che vi dobbiamo dire? Che la parolaccia oramai non è più volgare, e reincarnandoci in uno speaker di Radio Alice potremo proferire il mitico teorema per cui “ci sono cose molto più volgari di una singola mala parola”.
Lo spettacolo, comunque sia, pare sia un reale capolavoro di teatro moderno: non lo mettiamo in dubbio, in quanto il canovaccio descritto sembra originale quanto le invettive di Sabina Guzzanti. C’è tutto, dalla parafrasi del “Popolo delle Libertà”, divenuto “Società delle Cosce e delle Libertà”, c’è la citazione alla deriva consumista dell’Italia, ovviamente targata Pasolini.
Non facciamo i benpensanti, che qua si parla di arte. Altro che “Porci con le ali”, su palco si provoca e si tocca con piglio critico l’argomento di conversazione principale dei gastroenterologi. Pochi discorsi, andare per acculturarsi.
Venerdì 19 Febbraio – Subsonica – Viper Theatre
Doppia data, imperdibile, quella di Samuel e compagni al Viper Theatre questa sera. Una serata revival, da vivere con le Adidas, le stesse con cui andavate ai loro concerti nel 2001, quando eravate giovani. Quando erano giovani anche loro, Casacci escluso, che è sempre stato un signore distinto e mai invecchiato.
Questa sera i profeti delle canzone scritte con lo Scarabeo si esibiranno per voi, cari amici. Che anche se non avete mai capito mezza strofa, avete sempre saltellato, magari con in testa un cappellino da baseball, perché quello aveva in testa prima Samuel, mica adesso che indossa un copricapo da inglese del 1978.
Erano altri tempi: c’era Carmen Consoli cantantessa rock con la chitarra, c’erano i Bluvertigo con la voce e con i capelli non bianchi, c’erano i Prozac+, c’era l’MTV Day. Adesso non più, ma rimangono i Subsonica. Tirate fuori le vostre felpe termiche, che vi aspetta anche il fenomeno delle tastiere, il mitico Boosta, adesso forse sofferente di ernia del disco espulsa dopo tutte le moine fatte davanti al sintetizzatore molleggiato.
Lasciamo perdere la polemica con Morricone, per cortesia. Che fra coetanei forse si intendono, e la risolvono veloce.
Sabato 20 Febbraio – GIUNGLA – Glue
Questa settimana non la finiamo se non al Glue, il mitico club vicino allo stadio Franchi. E non la finiamo se non senza un concerto di una cantautrice, che per definizione chiameremo G.I.U.N.G.L.A. Non ci vengano a spiegare che questo sia un nome d’arte, perché non lo è. E’ una sigla di un baracchino, quantomeno. E’ il modello di una nuova autovettura della Dacia. E’ l’insegna di un pub della provincia di Pistoia.
Ok, sveliamo l’arcano, purtroppo: GIUNGLA esiste e si chiama Emanuela Drei. Pare sia molto brava, ma che sia stata colta dalla strana sintomatologia degli artisti ggiovani, quella secondo il quale non ci si cambia il cognome perché è brutto o il nome perché è lungo, ma ci si da un nome a caso. Iosonouncane, Levante, L’Orso, Dente, Moltheni.: follia totale. Perché poi uno ci pensa, e dice: ma se Francesco De Gregori si fosse chiamato “Cacciavite”, o Lucio Battisti avesse scelto come nome d’arte “Iguana”? Sarebbe stato un brutto mondo.
Ci vediamo al Glue.