La nomina di Pistoia a Capitale italiana della cultura 2017 ha finito per accendere gli animi della politica pratese. C’era da aspettarselo, ma l’ammirazione – se così possiamo definirla – per la nomina dei cugini si è trasformata in attacco a testa bassa dopo aver scoperto che anche Prato stava pensando a questa benedetta candidatura, e che addirittura, come ha spiegato l’assessore alla cultura Simone Mangani nel consiglio comunale di ieri pomeriggio (28 gennaio), la partecipazione al bando cultura era stato messo dalla Giunta negli obiettivi per i prossimi anni senza per questo ravvisare i tempi tecnici per partecipare. Insomma, vuoi vedere che magari poteva essere Prato la Capitale del 2017? Apriti cielo.
“Magari Prato capitale della cultura nel 2019, sotto elezioni…”
Tra Movimento 5 Stelle e l’ex sindaco Roberto Cenni, in una delle sue rare uscite pubbliche su Facebook, la tesi infatti è questa: Prato avrebbe avuto tutto il tempo di candidarsi e invece non ci ha nemmeno provato. Il M5S ha affidato alle pagine della Nazione questa tesi: “Il bando del ministero è del dicembre 2014, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo per presentare un progetto” diceva la consigliera grillina Silvia La Vita stamani. Per poi lanciarsi nell’analisi che va per la maggiore nell’ambiente pentastellato e cioè che quella pistoiese è una vittoria politica in vista delle prossime elezioni comunali che cadranno proprio nel 2017. “L’assessore dice che ci stanno pensando per il futuro: a furia di pensare sono passati due anni di nulla – ha concluso La Vita – Magari Prato diventerà capitale della cultura nel 2019, sotto elezioni, per la gioia dei turisti che arriveranno in un centro storico invaso dalle auto, sporco, con monumenti non illuminati, senza cartellonistica, con spacciatori e tossicodipendenti”.
Il Dubbio di Cenni
E’ nel primo pomeriggio che gli animi però si scaldano davvero. Protagonisti l’ex sindaco Roberto Cenni e l’assessore alla cultura Mangani, che affidano a Facebook il proprio botta e risposta. Roberto Cenni parte criticando la mancata partecipazione al bando cultura, passa attraverso la bocciatura completa della politica culturale della Giunta Biffoni e finisce per celebrare quanto di buono fatto nei suoi cinque anni insinuando addirittura il dubbio di una gigantesca macchinazione dell’attuale amministrazione che, scrive, sembra procedere all'”annullamento di qualsiasi iniziativa messa in campo da chi li aveva preceduti, un tenere la testa bassa e far sì che il tempo passi” e che conduce “la nostra città all’oblio, schiacciata com’è fra la matrigna Firenze e la capitale della cultura Pistoia”.
“[…] Il bando è del dicembre 2014 – comincia l’ex sindaco Cenni – a sei mesi dall’insediamento della giunta Biffoni, ed i lavori della commissione esaminatrice sono iniziati a giugno 2015. Quindi, se tanto mi dà tanto ci sono stati almeno 5 mesi per lavorare ed invece l’assessore ci dice che la macchina organizzativa di una città di oltre 190 mila abitanti (Pistoia ne ha pochi più di 90 mila) non è stata in grado di predisporre gli atti necessari per partecipare?”
Il caso vuole poi che documentandosi un po’ sul bando cultura, l’ex sindaco si imbatta sui dati dei musei italiani nel 2015. ” […]+6% di visitatori e +14% di incassi a livello nazionale, +3% di biglietti staccati (oltre 6 milioni e 700 mila) e +18,5% di introiti (quasi 30 milioni di euro) in Toscana – riporta Cenni – Ed in tutta questa pioggia di persone e soldi la giunta Biffoni cosa fa? Tiene chiuso il Museo Pecci fino a data da destinarsi (vi rammento che ad aprile 2014 la nuova ala era finita e pronta per essere inaugurata), produce due mostre al Pretorio che raggiungono a malapena i 7000 visitatori e, a tal proposito, vorrei sapere dall’assessore quanti di questi sono i paganti effettivi. Non viene attivato il sistema museale con la Diocesi, non fa nulla per rendere vivo il Museo del Tessuto, relegandolo a sala conferenze. Si assiste ad una desolazione assoluta se confrontata con le decine di migliaia di visitatori della mostra al Pretorio su Donatello e Lippi. Per adesso l’assessore si limita a scrivere il personale libro dei sogni sul suo profilo Facebook e ad affermare, per ben due volte, che non c’erano i tempi per una candidatura pratese”.
Segue il Dubbio di Cenni: “Mi viene il dubbio che tutto sottenda ad un indirizzo superiore ben preciso, ovvero tenere un profilo basso nell’ultima parte del 2014 e per tutto il 2015 per far sì che i pratesi credano alla fandonia dell’inesistente buco di bilancio lasciato da Cenni”. E l’elenco del “patrimonio enorme” lasciato da Cenni a Biffoni: dalla rinascita della Settembre Pratese e della Palla Grossa alla festa del pane, da Picnit a Contemporanea fino ad arrivare alla riapertura del Pretorio e al Metastasio, “pronto per affrontare e vincere la sfida per il titolo di “Nazionale”” ribadisce Cenni, per il quale però si è finito per “abdicare in ossequio alla sudditanza con Firenze, Renzi e Rossi e far premiare la Pergola ed un teatro, l’Era di Pontedera, di cui nessuno aveva sentito parlare fino allo scorso anno. Disperdendo un patrimonio di 50 anni di investimenti e le fatiche di geni del teatro italiano, da Ronconi a Castri per finire a Magelli”.
“Cenni, un riassunto fuorviante. E cambi ghost-writer”
Mangani, assessore parco di dichiarazioni, questa volta risponde e per le rime all’ex sindaco. Invitandolo a cambiare ghost-writer, prima di tutto, e poi affidandosi ad un elenco puntato su Facebook che verrà integrato con un comunicato ufficiale nel tardo pomeriggio.
“Ho detto che l’amministrazione – comincia Mangani – nel mese di novembre 2015 ha messo per la prima volta tra i suoi obiettivi del bilancio pluriennale la predisposizione della candidatura a capitale italiana della cultura. “Per la prima volta” significa “per la prima volta”, quindi fare polemica, da parte di chi c’era mentre scadeva il bando precedente (2013 ndr), mi pare decisamente curioso”. Dalla spiegazione ufficiale sulla “mancata” candidatura di Prato si passa velocemente ai punti toccati da Cenni. Il Pretorio, per la cui riapertura non ha lavorato solo Cenni ma “quattro amministrazioni comunali” e “serietà vorrebbe – ha aggiunto l’assessore – che si affermasse senza timore che 1,4 milioni di euro (quanto è costata “Officina Pratese” ndr) non è un budget che possa essere stanziato per ogni evento espositivo del nostro Museo”. E poi il Pecci, di cui Mangani non solo ricorda che “ad aprile 2014 era concluso, ma non collaudato, solo ed esclusivamente il guscio della (per me, strepitosa) struttura disegnata da Maurice Nio” ma rivendica il ruolo centrale dell’attuale amministrazione nell’apertura programmata per il prossimo 26 ottobre “grazie all’esito delle gare bandite da questa amministrazione, grazie allo sforzo ulteriore messo in campo da Regione Toscana e Comune di Prato. Inoltre – aggiunge – mentre i cinque anni dell’amministrazione precedente sono passati invano, questa amministrazione ha risolto in un anno e mezzo la questione della proprietà della collezione del Museo, questione aperta nel febbraio 2006 (una “sciocchezza” da 1,3 milioni di euro, risolta senza versare un euro in più). Oggi, la collezione è del Comune”.
E il Metastasio. Un luogo che “Il Ministero, nel 2015, ha finanziato come mai in passato – ricorda Mangani – che prosegue l’attività, che il Comune ha aderito a Fondazione Toscana Spettacolo (rete di 70 teatri in Toscana) e che la triangolazione Comune-Metastasio-Fondazione Toscana spettacolo chiude il cerchio produzione-circuito (non è un’idea geniale, è stato sufficiente riflettere, decidere e poi aderire)”.
L’ultima annotazione è per la visione e il messaggio più politico di Cenni, che Mangani rimanda al mittente. “Noto con dispiacere che l’ex sindaco è ancora affezionato alla rappresentazione di Prato nel fortino, da una parte Pistoia, dall’altra la matrigna Firenze, noi dentro le mura e “tutto il mondo fuori”- conclude l’assessore alla cultura Mangani – E’ un’impostazione che ha mostrato limiti pesantissimi per cinque anni, è stata bocciata senza appello alle ultime elezioni e – quel che più conta – è bocciata ogni mattina dalle decine di migliaia di persone, imprese, lavoratori e – visto il tema, lo aggiungo – spettatori che si spostano nell’area metropolitana e che nell’area metropolitana vivono. Difendere gli interessi della città è sacrosanto ma fingere di essere una città-stato è autolesionista perché frutto di un abbaglio”.