“Quando non piove o non tira vento, a Prato si superano i livelli delle polveri sottili” dice il consigliere di Legambiente Paolo Balestri parafrasando Malaparte per descrivere la situazione con cui Prato si trova sempre più spesso a fare i conti. Perché proprio martedì 22 dicembre (ieri ndr) ha raggiunto il tetto massimo di 35 giorni di sforamenti l’anno del limite di 50 mg imposto dalla Ue per quanto riguarda le emissioni Pm10 (Particolato) di 50 mg al giorno. “Quindi ci possiamo aspettare il superamento del limite nei prossimi giorni se non oggi stesso – aggiunge Balestri – se le condizioni climatiche rimarranno le stesse”. Il 36° superamento è stato poi confermato da Balestri nel tardo pomeriggio.
I 35 sforamenti documentati da Legambiente su dati Arpat si concentrano, come è intuibile, nei mesi invernali, specialmente quest’anno. E dal 29 novembre scorso non c’è stato giorno o quasi che una delle due sole centraline presenti a Prato non registrasse il superamento del limite, in alcuni casi superandolo del doppio (8, 17,18 dicembre). Il problema è generalizzato. Se Milano sembra Pechino dopo 28 giorni filati di sforamenti, Torino sembra addirittura messa peggio, con 78 sforamenti e l’emergenza smog che ha costretto al varo di misure speciali. Sugli effetti dello smog, una illuminante intervista di pochi giorni fa.
“Il problema della mobilità e delle sue ricadute in termini di inquinamento atmosferico è preso in considerazione anche dal Comune con il Pums (piano urbano mobilità sostenibile) e il Paes (piano d’azione energia sostenibile) che sono in cantiere – spiega Maria Rita Cecchini, presidente di Legambiente Prato – ma non si può dire che le azioni che mirano ad una riduzione del traffico siano consistenti, nonostante l’introduzione del car sharing sia una nota molto positiva. Basti pensare che a Milano, per esempio, l’introduzione massiccia di questo servizio ha porta nel giro di poco tempo a circa 40mila immatricolazioni in meno rispetto alla media”.
Legambiente Prato individua poi una serie di interventi, che poi sono quelli del buon senso e dell’attenzione per il problema: incentivare al massimo il trasporto pubblico (anche elettrico), favorire e incentivare l’uso della bicicletta, aumentare le zona pedonali (car free) non solo in centro storico, circondare le grandi arterie di comunicazione con alberi, una naturale funzione anti inquinamento (sull’uso del “verde” questo è interessante).
Infine la questione delle centraline di rilevamento. A Prato sono due, in via Ferrucci e in via Roma, a cui per vicinanza geografica viene affiancata quella di Montale, che in media sembra registrare molti più sforamenti di quelle pratesi. Paolo Balestri, una delle memorie storiche dell’ambientalismo a Prato, dice che se esistesse ancora quella che una volta c’era alle Fontanelle, questa si attesterebbe sui livelli di quella di Montale. Come dire: forse è il caso di rivedere la leggere regionale che anni fa decimò le centraline di rilevamento toscane. Nella provincia di Prato ne sparirono cinque, dice Balestri: due mobili, una a Poggio a Caiano, una a Montemurlo e due a Prato, quella delle Fontanelle e un’altra in via Strozzi. E a ben guardare, rilevare l’inquinamento atmosferico in centro storico e nella zona di viale Galilei non sembra essere una cattiva idea per il futuro.
Foto: Ideegreen