A detta di Giovanni Lindo Ferretti, questo non è uno spettacolo (guarda le belle foto di Tatiana Boretti). Uno spettacolo si studia, si prova, se ne prevedono tutte le possibilità fino alla riuscita ottimale. Questo coi cavalli non è possibile. I cavalli decidono loro, sul momento, quello che è giusto fare o non fare. Per questa ragione questo spettacolo cambia tutte le volte.
Quello a cui abbiamo assistito all’interno del Castello dell’Imperatore, ovvero la versione dello spettacolo (o non spettacolo) di epica cavallereresca intitolato “Oracolo d’Inverno” effettivamente era qualcosa di mai rappresentato prima. Fin dal titolo: “Oracolo d’Inverno”, perché portare cinque cavalli dai monti di Reggio Emilia lungo l’appennino fino dentro al Castello di Federico II alla fine di dicembre non era cosa scontata, era cosa da aruspici: le condizioni climatiche e animali potevano bloccare tutto sull’appennino.
Invece no, una splendida giornata invernale ha permesso questa cosa in una delle sue cornici ideali, perché nella narrazione di questo si parla: di un medioevo in cui il cavallo e l’uomo erano in perfetta simbiosi utilitaristica. E Giovanni Lindo auspica, nel testo, un nuovo evo in cui il cavallo e l’uomo ritrovino questa perfetta simbiosi a livello spirituale. E lo fa recitando, cantando, attingendo al suo repertorio dall’ultimo “Saga” e, col contagocce, dall’imponente suo repertorio storico (Amarti m’affatica, Memorie di una testa tagliata, Palpitazione tenue). Musicalmente, questa versione della Saga equestre ferrettiana, è esclusivamente elettrica. Il solo Luca Rossi alla chitarra amplificata accompagna e contrappunta il racconto Ferrettiano.
Uno spettacolo, o quello che è, assolutamente da vedere, rappresentato da sempre prima delle luci del tramonto (in questo caso nel primissimo pomeriggio, e anche questo è elemento di estremo fascino) per ritrovare tempi e luoghi assolutamente alieni alla modernità.