L’antica Abbazia di San Giusto al Pinone, Carmignano, è in un pietoso stato di degrado, frutto di un’Italia bloccata da meccanismi deleteri. Per questo, un gruppo di carmignanesi – cogliendo l’occasione del 720esimo anno dalla nascita di Dante – ha messo in piedi un viaggio fra le terzine della Divina Commedia coinvolgendo personalità e giornalisti, in modo che i riflettori tornino a illuminare il monumento spegnendo l’indifferenza e la non curanza. San Giusto è un monumento bellissimo che risale all’XI secolo: un’abbazia cistercense situata alle pendici del Montalbano, sulle colline di Leonardo, territorio protetto dall’Ampil per la presenza di un rarissimo bosco di agrifogli secolari e premiato dalla storia oltre che per la presenza della chiesa anche per un sito etrusco del VII secolo a. C.
Il problema principale dell’Abbazia è che è stato al centro di un qui pro quo che lo ha relegato a una terra di nessuno. Fino a qualche anno fa era convinzione comune che la chiesa appartenesse a privati da almeno due secoli: prima alla famiglia Cinotti, che l’aveva talmente trascurata da usarla come stalla; poi dal 1925 alla Famiglia Contini Bonacossi che aveva provveduto, invece, insieme al Genio Civile, a restituirle una dignità di luogo di culto per un po’ per poi farla ripiombare in un pericoloso sonno.
La verità venne causalmente scoperta 4 anni fa dall’assessore alla Cultura Fabrizio Buricchi: alcuni documenti dell’archivio storico carmignanese gli palesarono una realtà ben diversa da quella che era la tradizione orale. L’Abbazia è, infatti, di proprietà dello Stato dal 1893, da quando cioè Tito Cinotti venne obbligato da un Regio Decreto a cederla in quanto non più utilizzata a fini di culto. E sempre in base ai documenti, è il Comune a doversi occupare della manutenzione. L’ultimo carteggio fra lo Stato e il Comune, però, risale al 1923 e riguarda un appello con il quale il Comune chiedeva allo Stato lavori di manutenzione straordinaria urgenti e inderogabili a causa dello stato di disfacimento in cui versava la chiesa. Poi tutto s’ingarbuglia. Nel 1925 i Contini Bonacossi acquistano una tenuta enorme con un atto di molte e molte pagine di protocollo piene di particelle catastali, ma nessuna riporta la particella 57 foglio 39, particella fatta esattamente come l’abbazia. Di lì a poco, però, i carmignanesi si convincono che San Giusto è dei Contini Bonaccossi e questa diceria si spande proprio quando il Conte diventa il podestà di Carmignano. Al di là di ogni supposizione, comunque, la chiesa è stata mantenuta in uno stato di decenza per qualche decennio per poi essere lasciato nel più totale degrado. Da quando Buricchi ha ricostruito i fatti, le chiavi sono tornate in mano statale, ma la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Firenze Prato e Pistoia ha finora solo aggiunto carenze e noncuranza all’indifferenza. I documenti che il nostro Comune ha rimesso più e più volte a tutte le cariche della Soprintendenza fiorentina per dimostrare la proprietà pubblica sembrano non bastare. Gli inghippi burocratici stanno avendo la meglio e l’Abbazia sta morendo. Le vele del XIV secolo del transetto stanno crollando; le bellissime absidi si stanno sgretolando; manca il tetto del campanile risalente all’anno 1000; e piove dalle mura del transetto costruito con le pietre del vicino sito etrusco di Pietramarina.
“Serve urgentemente che i riflettori siano di nuovo puntati sull’abbazia – spiega Buricchi, a capo di questo gruppo di Amici di San Giusto – Per questo vi diamo appuntamento domenica 27 dicembre dalle 14:30 alle 19 per una maratona dantesca che salvi l’Abbazia di San Giusto dal degrado. Unitevi alla causa e aiutateci, leggendo con noi una terzina. Per informazioni [email protected] o 3460407172″.