La prima volta a Prato, per me fiorentino doc fu alla soglia dei sedici anni. Intendo per la prima volta autonomamente, in età di ragione. Fu al Cencio’s.
Avevo da poco scoperto che si poteva uscire anche di sera. Non c’entra molto, ma bisogna che io lo dica. Ero stato una sola volta oltre il tramonto in un locale notturno di Firenze. Era la fine degli anni novanta e il pub si chiamava Transilvania (ca va sans dire). Ero andato in questo posto apparentemente pauroso (le finte bare su cui mettere una birra piccola), ma per me che non ero mai uscito, autenticamente pauroso.
La seconda uscita serale fu al Cencio’s, come dicevo. Con alcuni amici più grandi di qualche anno fricchettoni/grunge (confusi?) con le magliette degli Smashing Pumkins, loro, e io? Mi domando: vestito come? Con quale maglietta improponibile?
Partii che era buio con il mio vecchissimo Zip 50 nero a sella lunga (malgrado dessi di continuo passaggi al mio amico Cecco, era vietato andare in due sul cinquantino. Perché allora quelle selle?), partii per Prato come si parte per il mare, come quando si è giovani e tutto è ancor più che possibile: probabile.
Ho dei ricordi vaghissimi di quella sera, non perché avessi bevuto, ma perché fu come quando gli aborigeni ti portano nel bosco per farti diventare uomo. Non successe niente, in verità, ricordo solo un ambiente fumoso e bevute rovesciate per terra, musica alta e strade di campagna tutto intorno, impossibili da decifrare per arrivarci. Ma fu qualcosa di epocale, lasciapassare per l’età adulta, mitologia da rubrica.
Simone Lisi