Cosa resterà della visita papale in città? L’hype vaticanista di martedì scorso sta velocemente trasformandosi in chiacchiera da bar, in small talk al pari del meteo e del campionato com’è naturale che sia, perché per quanto papa Francesco abbia il vestito del giusto e coraggioso condottiero, come tutti i capi di stato recita discorsi ampiamente prevedibili, quasi banali, dallo scarso appeal per l’uomo della strada.
Ciò che coinvolge fortemente la massa è il clamore, la presenza, il personaggio in carne ed ossa, che una volta volato via perde d’importanza, perché è l’attesa che conquista, non la riflessione successiva alla scontatezza dell’evento in sé. “Allora, hai visto il papa?” risuona in ogni circolo, sintomo di curiosità e partecipazione passiva ad un evento storico e mediatico, suggestivo, ma più fisico che spirituale, della durata, guarda caso, di una partita di calcio.
In questi mesi abbiamo assistito, di fatto, al culto della personalità di Jorge Bergoglio, papà invece che capo, un leader al quale abbandonarsi ciecamente in quanto espressione di bontà totale (per chi naturalmente rientra nella cerchia esclusiva dei simpatici alla chiesa cattolica). Lavoretti in classe dedicati al santo padre, biscotti in edizione speciale (che forse potrebbero rientrare nella categoria merchandising), per non parlare della torta a forma di papa mobile a grandezza naturale esposta in Piazza Duomo. Tutto per Bergoglio, per la persona che è il papa, non per la filosofia cristiana, che al posto del cake design prevederebbe opere di carità.
Tale atmosfera feticista mi ha ricordato di aver già visto Piazza Duomo presa d’assalto, nemmeno troppo tempo fa, a settembre, in occasione del concerto dei The Kolors, quando migliaia di preadolescenti accorsero fin dall’alba per vedere, toccare, dimostrare affetto, consegnare qualcosa di proprio a un tipo famoso. In mezzo a tutto questo, però, c’è qualcosa che rimarrà davvero, perché non basato su pastafrolla o discorsi, ma impresso su supporto digitale e incamerato per sempre nell’eterno aldilà che è l’internet, cioè il videoclip realizzato dalla parrocchia di San Giusto in onore dell’uomo del giorno.
Il producer è un don che spiazza col suo nome, Helmut, ma soprattutto con la posa da b-boy e l’attitudine gangsta. Vista la recente release discografica del papa, la comunità cattolica di San Giusto ha deciso di farsi sentire a colpi di rap, e lo ha fatto così bene, ma così bene, che il clip in questione è stato riportato pure da un articolo di Noisey, l’importante canale di Vice dedicato alla musica.
Una poesia fanciullesca rappata e coreografata in un video girato di fronte ad un altare, che mostra l’ennesimo tentativo di appropriazione culturale e di espressione giovanilistica da parte della chiesa, ma soprattutto quel culto della personalità tramandato ai più piccoli. I complimenti vanno ai bambini, che con questo ritornello sono entrati in loop nella mia testa e diventati virali su internet, con buona pace di chi si sforza in ogni modo per riuscirci. Blebla può iniziare a tremare, questo disco finirà dritto nella mia collezione fra quelli di Slayer e Burzum. Ecco quindi, in sostanza, cosa certamente rimarrà di questa visita pontificale: un nonno supereroe. Yo, Bergoglio!
rap canzone Papa Francesco from tvprato on Vimeo.
[hr style=”striped”]
Vuoi replicare, aggiungere qualcosa, raccontare una storia, dire la tua? Invia una mail a info [at] pratosfera.com inserendo nell’oggetto “Opinioni”.