Difficile dire quanto ci manca Carlo Monni. Però ci manca. E tanto. Ci mancano le sue passeggiate alle Cascine pressoché giornaliere e il suo incontrarlo ovunque nelle notti fiorentine e di paesi limitrofi. Ci mancano le sue partecipazioni a tutti i film indipendenti che gli proponevano (e i suoi rifiuti ad un cinema ufficiale che lo corteggiava non poco ma che mai l’ebbe avuto tutto per sé – perché Carlo sapeva dire di no, quando un regista, un progetto “non era dei nostri”).
Soprattutto, ci manca la sua presenza su di un palco, il suo essere Carlo Monni in qualunque situazione gli venisse richiesto, si trattasse di una pièce teatrale su testi di Dino Campana o di battere forte con il piede quelle assi improvvisando rap improbabili mescolando cultura alta e cultura bassa, si trattasse d’esser poeta o allevatore di maiali, di declamare quel desiderio sessuale sempre presente nelle sue liriche o l’elegia di T.S. Eliot che lo seguiva. Per questo salutiamo con amore infinito questo disco intitolato “Compilation 1 2 e 3 – Letteratura comparata” e ringraziamo Marco Fagioli, che ha voluto pubblicare questo piccolo capolavoro. Perché è una testimonianza, senza filtri, senza orpelli, senza rinfiocchettamento alcuno, di quello che Carlo Monni sapeva fare su di un palco.
Il disco è frutto alcune registrazioni effettuate dal 2005 al 2010 delle serate con la Banda alle Ciance, quegli spettacoli dove Carlo recitava se stesso e cantava come solo lui sapeva fare, con quella grazia solo apparentemente sgraziata ma che riusciva a muoverti risate e commozione. “Compilescio”, le chiamava. Un insieme di canzoni, tra quelle accennate, quelle recitate, quelle davvero cantate, momenti di repertorio (nel disco c’è un intero pezzo tratto dal suo “Maiali Bradi” in cui Carlo racconta alcuni momenti della propria giovinezza e i suoi rapporti con la poesia. Il pezzo è qui intitolato “Prima di passare al lato B”). Poi mutò in corsa il titolo, da “Compilescio” quello spettacolo diventò “Letteratura comparata”. E di letteratura, anche nel disco, ce n’è eccome. Dai sonetti shakesperiani all’elegia di Eliot nel bel mezzo di un rap che narra di un imbrocco, da Garcia Lorca a Esenin (il poeta russo delle Confessioni di un Malandrino). Carlo amava la poesia, probabilmente quanto le donne, quindi più di ogni altra cosa.
E poi, ovviamente, ci sono le canzoni. Le canzoni in cui la Banda alle Ciance (ensemble di fiati e percussioni) faceva da contrappunto alla voce di Carlo, assoluta protagonista. Il rap “A troalla”, già rammentato, autentico classico della performance del Monni (tumpu-tumpu-tumpu…). La buscaglioniana “Guarda che luna”, che nessuno mai avrebbe mai cantato così e nessuno mai canterà così di nuovo. La “Canzone dell’amore perduto” di De André, la popolare “Borgo Antico” e poi, alla fine del disco, quella “Storia di Carlo”, pezzo di Benigni del 1972 dedicata proprio all’amico innamorato dell’amore e dei bovini. Uno dei due pezzi di repertorio di Benigni che Monni ha continuato a far vivere mentre l’amico percorreva altre strade, più grandi e popolari: l’altro era la poesia “Noi siam di quella razza”, che Bozzone recitava all’amico Cioni Mario sulla canna della bicicletta e che non poteva mancare in ogni spettacolo di piazza del vate di Champs Sur Le Bisance. In questo disco, putrtoppo, manca. Come mancano tante canzoni, e tanti altri pezzi recitati. A questo punto speriamo nel rinvenimento di altre registrazioni.
Insomma, “Compilation 1 2 e 3 – Letteratura comparata” non è solo un (bel) disco dal vivo. E’ il primo vero disco di Carlo Monni, fuori dai progetti a tema, nel suo autentico splendore. Il suo primo greatest hits. E soprattutto, la fotografia di qualcosa che purtroppo non ci sarà più.